Google Discover: guida completa alla funzione e ai vantaggi SEO

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È una delle feature più innovative degli ultimi anni, capace di presentare agli utenti contenuti queryless basati sulle loro preferenze e abitudini di lettura: Google Discover è un feed personalizzato in base a interessi, cronologia delle ricerche, posizione e attività in altre app, che porta le notizie direttamente sui dispositivi mobile senza che il lettore debba eseguire alcuna ricerca. Soprattutto, in ottica SEO è diventato per molte tipologie di siti un canale davvero interessante, perché fornisce sempre più clic e invia grandi volumi di traffico organico, anche se piuttosto volatile. Ecco allora una guida completa a Google Discover, per spiegare le caratteristiche di questo strumento e fornire indicazioni e best practices per ottimizzare le pagine al fine di entrare nel flusso e provare a intercettare le ormai famose ricerche senza query e comparire nell’elenco di contenuti mostrato agli utenti.

Che cos’è Google Discover

Google Discover è “un sistema popolare per consentire agli utenti di restare aggiornati su tutti i loro argomenti preferiti, anche quando non effettuano una ricerca “, come riassume il Search Central Blog di Google. È praticamente un hub dove ogni persona può trovare una serie di contenuti potenzialmente interessanti, una sorta di feed curato da Google che fornisce articoli e video su dispositivi mobile, consegnando automaticamente agli utenti contenuti in sintonia con le proprie abitudini di lettura, analizzate sulla base delle valutazioni di cronologia delle ricerche e storie correlate – in particolare, attraverso le impostazioni Attività web e app che vengono salvate negli Account Google. Ad esempio, potrebbe mostrare i topic e le notizie sulla squadra del cuore, su una serie tv seguita o su temi di attualità e cronaca, senza necessità per l’utente di utilizzare ogni volta la ricerca di Google e lanciare query mirate.

Come funziona Google Discover da mobile - https://webmasters.googleblog.com/

In concreto, Discover propone elenco di argomenti suddivisi in schede singole, che gli utenti possono consultare dai loro dispositivi mobili; ogni scheda include un titolo, alcune righe di testo e un’immagine derivante dalla pagina di origine e, toccando la scheda, gli utenti vengono reindirizzati alla relativa pagina di origine. Discover può anche includere nella scheda un carosello che è possibile scorrere in orizzontale, che contiene una serie di pagine correlate a un dato argomento.

Gli utenti hanno la possibilità di personalizzare ulteriormente ciò che vedono sul loro feed, selezionando gli argomenti che reputano interessanti da seguire e tipologie di contenuto o siti da escludere invece dai risultati. L’elenco dei contenuti, delle pagine e delle fonti cambiano regolarmente in base ai nuovi contenuti pubblicati e agli interessi degli utenti, e accresce nel tempo le tipologie di contenuto mostrate, come nel caso dell’aggiunta a Discover delle Web Stories o delle fonti presenti in Google News Showcase.

Discover è quindi uno strumento intelligente che impara il modo in cui l’utente fa ricerche e quali sono i topic di maggior interesse per creare questo flusso di contenuti migliori o più tempestivi per le sue esigenze. Il tutto, come detto, senza che la persona debba neppure cercare tali contenuti.

Per molti osservatori ed esperti, Discover segna l’inizio di “una nuova era nella SEO, quella della ricerca senza ricerca”, come ha scritto ad esempio Dan Taylor su SearchEngineJournal, perché presenta agli utenti dei contenuti selezionati in base alle loro abitudini di ricerca, sui cui quindi saranno più facilmente portati a fare clic.

A rendere probabile il clic è anche l’estrema accessibilità allo strumento, che è disponibile all’interno dell’app ufficiale Google, ma anche nella versione mobile per Android del browser Google Chrome e di Google.com (dove ha una sezione specifica in posizione di spicco) e, su alcuni dispositivi, a destra della schermata Home del dispositivo.

Guida alla funzionalità Discover e ai vantaggi per i brand

Dal punto di vista dei brand, dunque, la funzionalità Google Discover rivoluziona il modo in cui è possibile interagire con il pubblico, perché offre alle nostre pagine una strada diversa per raggiungere i lettori, che ci possono trovare senza neppure fare una ricerca specifica.

Come detto, per le sue caratteristiche Discover diventa una sorta di giornale personalizzato che si aggiorna costantemente con nuovi contenuti che potrebbero interessare l’utente, portati direttamente sullo smartphone sotto varie forme, da articoli di notizie a video, da blog a recensioni di prodotti.

La parola chiave per capire il valore SEO di Google Discover è visibilità: ci offre l’opportunità di raggiungere il nostro pubblico in un modo completamente nuovo, perché può presentare i nostri contenuti direttamente sullo smartphone del lettore, se si rivelano pertinenti e interessanti per le sue abitudini.

Questo ci offre un’opportunità unica di coinvolgere le persone, aumentando così la probabilità che interagiscano con il nostro brand, e allo stesso tempo di raggiungere un pubblico più ampio di quello che potremmo raggiungere attraverso i canali di marketing tradizionali.

Le caratteristiche di Discover

Pensata espressamente per gli utenti mobile, la Discover experience è stata lanciata nel 2017 e il servizio ha avuto una rapida e significativa crescita: già nel 2019, secondo Google, “aiutava oltre 800 milioni di utenti attivi al mese a trovare ispirazioni ed esplorare nuove informazioni mostrando loro articoli, video e altri contenuti sugli argomenti che più rispondono ai loro interessi”.

Al suo interno compaiono contenuti informativi sotto forma di notizie, articoli, video, annunci pubblicitari e rich results particolari di Google come risultati sportivi in ​​diretta.

È simile ai feed dei social media e, come detto, è fortemente personalizzato in base alle cose che i singoli utenti cercano (attraverso la Ricerca tradizionale) e ai video di YouTube che guardano; più precisamente, i sistemi IA di Google esaminano le ricerche web, l’attività delle applicazioni, la cronologia delle posizioni e le impostazioni sulla posizione del dispositivo e mescolano insieme tutti questi dati per far emergere contenuti nuovi e specifici per l’utente, ritenuti pertinenti e interessanti. Inoltre, come avviene anche per Facebook, il meccanismo fa affiorare i contenuti in un flusso non cronologico, e l’utente può costruire il proprio profilo seguendo argomenti o entità specifici e impostando limiti sui topic che Discover deve mostrare.

Le origini di Google Discover risalgono al 2012, quando partì il progetto “Google Now”, un software di assistenza personale intelligente per le piattaforme Android e iOS che aveva il compito di rispondere alla domande, dare consigli ed eseguire azioni su delega dell’utente, portandogli informazioni utili senza il suo contributo diretto: in pratica, l’utente poteva chiedere a Google di fare le ricerche su Google al proprio posto (grazie all’archiviazione delle ricerche abituali fatte attraverso quel dispositivo).

Google Now poteva mostrare le carte d’imbarco, i successivi eventi sportivi, gli eventi del calendario, i numeri di tracciamento e molto altro. Dal 2015, Google ha iniziato gradualmente a eliminare i riferimenti al termine “Google Now” nell’app Google, riducendo le sue funzionalità alla sola ricerca di articoli da tutto il Web e sostituendo il nome semplicemente con “feed”, poi divenuto “Google Feed” e, infine, l’attuale Google Discover.

Come funziona lo strumento

Man mano che gli utenti effettuano ricerche su Google e interagiscono con Discover, il meccanismo apprende molto sulla persona e sui suoi interessi e cerca di mostrare contenuti pertinenti con cui l’utente non ha direttamente interagito in precedenza.

Questo processo di apprendimento può richiedere del tempo: ad esempio, se cerchiamo articoli relativi a squadre di calcio per leggere risultati o altre notizie, Google interpreta questo interesse e individua una squadra “preferita”, di cui ci fornirà nelle settimane successive contenuti ritenuti utili attraverso Discover, come punteggi in tempo reale o ultime notizie, senza che noi dobbiamo eseguire ricerche mirate.

Il feed utilizza l’intelligenza artificiale per adattare il contenuto mostrato al singolo utente ad articoli e informazioni che l’algoritmo ritiene interessanti per lui, in base alla cronologia delle ricerche passate, alla cronologia del browser e ad altre informazioni come attività dell’app e posizione, organizzando le notizie in un’interfaccia basata su schede molto evidenti, di dimensioni abbastanza grandi e piuttosto allettanti.

In particolare, usa due meccanismi principali per determinare quali contenuti mostrare:

  • Google News AI / MLper portare una varietà di prospettive sulle ultime notizie.
  • Topic Layernel Knowledge Graph per comprendere gli interessi degli utenti e come progrediscono nel tempo.

Le persone possono inoltre interagire con il sistema per segnalare a Google se vogliono più o meno contenuti su quell’argomento o se vogliono evitare la comparsa di siti specifici, con possibilità inoltre di segnalare articoli ritenuti inappropriati per cause come “informazioni ingannevoli o sensazionali, violente o ripugnanti, incitanti all’odio, offensive e altro”.

Per i siti fortunati che entrano nel flusso il risultato è fatto di improvvisi picchi di impressioni e clic, che però durano solo pochi giorni (al massimo tre) e sono molto irregolari, una curva di crescita incostante e diversa da quella del traffico organico tradizionale, a pagamento o persino dai social media.

L’approccio queryless, una nuova sfida per la SEO

Con la Ricerca, gli utenti classicamente inseriscono un termine di ricerca per trovare informazioni utili correlate alla loro query e al loro intento, ma Discover adotta un approccio diverso: invece di mostrare risultati in risposta a una query, questo strumento fa infatti comparire i contenuti principalmente in base a ciò che i sistemi automatici di Google ritengono essere in linea con gli interessi degli utenti.

L'importanza delle immagini in Discover - da Google.com
In quanto feed altamente personalizzato, Discover si sintonizza direttamente sugli interessi delle singole persone, a cui mostra contenuti ritenuti maggiormente pertinenti. Come detto, gli articoli proposti sono molto volatili, cambiano rapidamente e vengono aggiornati automaticamente quando sopraggiungono nuove pubblicazioni, ma il feed è progettato per mostrare tutti i tipi di contenuti utili disponibili sul Web, non solo quelli appena pubblicati; anzi, propone anche articoli pubblicati in passato che il sistema ritiene possano essere ancora utili per il lettore. Inoltre, da qualche tempo il sistema è aperto anche alle inserzioni adv, che appaiono con riquadri più grandi ed etichetta “sponsorizzato” per distinguerli dai contenuti organici.

Come chiarisce Google, Discover cerca comunque di presentare contenuti adatti a feed basati sugli interessi, come articoli e video, oltre a filtrare i contenuti non desiderati o che potrebbero confondere i lettori; per questo, il feed potrebbe non consigliare domande di lavoro, petizioni, moduli, repository di codici o contenuti satirici senza alcun contesto.

In pratica, questa esperienza mobile ci consente di scoprire contenuti di cui non sapevamo nemmeno di aver bisogno: è diversa dal tradizionale uso dei motori di ricerca, perché la ricerca attiva è per lo più sparita e, se consentiamo al sistema di ottenere dati sulle nostre preferenze, possiamo continuare a scorrere per mantenere il flusso di nuovi contenuti.

Come scriveva in occasione del lancio Karen Corby, group product manager per Google Search, Discover è  “un’esperienza innovativa per aiutarti a scoprire contenuti freschi e interessanti sui topic che davvero ti interessano”, e che permette al sistema di Ricerca di compiere tre grandi passi in avanti: l’evoluzione da “semplici risposte a journey complete”, “dalla necessità di eseguire query a un modo queryless di ottenere informazioni” e infine “da informazioni testuali a modalità più visual”.

Questo scenario rappresenta una nuova sfida anche per i SEO: se in genere il processo di creazione di contenuti parte dall’individuazione del search intent e da una keyword research efficace per personalizzare l’esperienza e soddisfare l’intento, con Discover è difficile (se non impossibile) individuare l’origine e ci sono ancora tante incognite.

L’impatto di Discover per i siti e per la SEO

Proprio la SEO, o per meglio dire la visibilità organica, è l’aspetto maggiormente rivoluzionato dal nuovo prodotto; in effetti, nella sua presentazione Google ha usato il titolo “Discover new information and inspiration with Search, no query required“, evidenziando appunto che non sono più richieste query perché le informazioni sono fornite ancor prima della (e senza necessità di fare) ricerca. Per essere aggiornato e leggere notizie di suo interesse, l’utente deve semplicemente accedere a Google, superando le classiche ricerche e, di conseguenza, le SERP su cui si battono siti e specialisti SEO.

La diffusione del sistema potrebbe, in uno scenario futuro, portare alla creazione di ricerche su misura della singola persona, realizzata attraverso l’analisi predittiva sulle sue abitudini di navigazione e geolocalizzata in base alle sue posizioni.

I vantaggi di Discover per i siti

Come si può facilmente riscontrare attraverso i dati in Google Search Console, gli articoli che compaiono nel feed di Discovery hanno un CTR molto alto, proprio perché accattivanti e serviti comodamente al lettore. In molti casi, il rapporto del volume di traffico tra Discover e la classica Ricerca Web è sorprendente: a seconda del settore, il feed può rappresentare anche l’80 per cento delle visite giornaliere di un sito, mentre la Ricerca Web porta solo il restante 20 per cento di utenti.

Se l’incremento di affluenza di traffico organico verso il sito è il primo beneficio diretto del feed, che genera degli importanti (e a volte imprevisti) picchi di visite, offrire contenuti di qualità anche su Discover consente di ottenere altri vantaggi in termini di engagement e non solo. Possiamo cioè rafforzare la brand awareness e la brand reputation (più utenti conoscono e apprezzano le pagine che forniamo), aumentare globalmente le visite sul sito e il tempo di permanenza sulle pagine (le persone possono intrattenersi di più e leggere altri articoli), far crescere potenzialmente le condivisioni e i link in entrata verso le pagine del sito.

Quali contenuti e siti compaiono in Discover

Prima di continuare parlare di SEO per Discover e di consigli per l’ottimizzazione, comunque, è bene soffermarci ancora sugli aspetti distintivi di questo strumento, e in particolare sui contenuti che appaiono nel feed, per capire quali sono i fattori che Google ritiene prioritari nella valutazione per la classificazione.

Innanzitutto, la guida ufficiale allo strumento specifica che “i contenuti sono automaticamente idonei a comparire in Discover se sono indicizzati da Google” e soddisfano una serie di norme di base: non sono richiesti tag speciali o dati strutturati, ma l’idoneità a comparire in Discover non è comunque una garanzia di apparizione.

Dal punto di vista tematico, i contenuti in Discover non sono limitati alle news o agli argomenti di strettissima attualità, perché il servizio naviga il “meglio” del Web a prescindere dalla data di pubblicazione, fornendo agli utenti segnalazioni su ricette, storie di “human interest“, video di moda e così via. In particolare, l’utente può ritrovarvi video, risultati sportivi, aggiornamenti sul mondo dell’intrattenimento (ad esempio annunci sull’uscita di un nuovo film e articoli relativi), valori azionari o news finanziarie, informazioni su eventi e molto altro. Oltre a fornire ultime notizie di attualità, infatti, Google Discover ha gli obiettivi più ampi di rendere “l’esplorazione dei tuoi interessi più semplice che mai” e, come detto, di spostare il focus della ricerca, portando informazioni istantanee e migliorando la comprensione di user journey più complesse.

Ne consegue che l’inserimento nel feed non è appannaggio solo dei siti di notizie (come invece accadeva con Google Feed), ma potenzialmente di ogni pagina informativa (la tipologia di intento nettamente più rappresentata): una buone notizia (si scusi il gioco di parole), dunque, per gli articoli evergreen che riescono a offrire all’utente un valore aggiunto in termini di informazioni e utilità, che possono essere riproposti da Discover anche a distanza di tempo dalla prima pubblicazione se forniscono ancora un valore aggiunto sul tema specifico e indicazioni valide, tipo tutorial.

Tecnicamente, quindi, non serve usare tag o specifici dati strutturati sulle nostre pagine, perché il sistema si basa semplicemente sugli algoritmi di Google: in pratica, le pagine sono idonee se Google le indicizza e se rispondono alle norme relative ai contenuti, simili a quelle valide per Google News. Il ranking dei contenuti di Discover deriva dalla valutazione della qualità dei contenuti e della corrispondenza tra i contenuti della pagina e gli interessi dell’utente, che hanno la possibilità di seguire direttamente gli argomenti suggeriti e di interagire con Google per segnalare se desiderano vedere più o meno notizie correlate a un argomento specifico.

Come apparire in Google Discover, l’aggiornamento delle linee guida ufficiali

Alla fine di febbraio 2023 Google ha aggiornato la sua documentazione ufficiale di supporto a Discover, introducendo alcuni approfondimenti che ci possono aiutare ad aumentare le chance che le nostre pagine appaiano nel feed.

Il primo aspetto da considerare è che Discover utilizza molti degli stessi indicatori e sistemi utilizzati dalla Ricerca per determinare quali sono i contenuti utili e incentrati sulle persone – e quindi, ad esempio, l’Helpful Content system si applica anche a questa feature. Inoltre, sempre in via preventiva, se il sito viola una o più norme sui contenuti di Discover potrebbe incappare nelle specifiche azioni manuali di Discover (visualizzate nella sezione Sicurezza e Azioni manuali di GSC).

Seguono (finalmente!) i consigli ufficiali per apparire in Google Discover, che possono servire agli editori a scoprire quali aspetti migliorare per aumentare le probabilità di comparire nel feed e ricevere i clic degli utenti.

Come sappiamo, il feed è estremamente personalizzato in base alla cronologia delle ricerche degli utenti, agli interessi, nonché agli argomenti e ai luoghi che seguono, quindi i suggerimenti di ottimizzazione per Discover sono inevitabilmente generici, ma c’è un aspetto specifico che appare nella nuova versione del documento di Google.

Le best pratictes principali (e l’EEAT vale anche per Discover, ma non è più esplicitata)

Vecchia guida Google discover in Italiano

In precedenza, infatti, la guida menzionava espressamente i principi EEAT: come si legge nell’immagine (tratta dalla pagina in italiano, non ancora modificata), i sistemi automatici di Google “mostrano contenuti su Discover da siti che hanno molte pagine singole che seguono i principi EAT” (a competenza, autorevolezza e affidabilità manca ancora la seconda E di esperienza, aggiunta come sappiamo con l’aggiornamento delle linee guida dei quality raters di dicembre 2022) e “sebbene la Ricerca e Discover siano due prodotti diversi, i principi generali EAT che si applicano ai contenuti al loro interno sono simili”.

Nuovo passaggio guida in inglese

Nella nuova formulazione, questo passaggio è completamente assente (l’immagine qui sopra è tratta invece dalla pagina aggiornata in inglese), sostituito dal riferimento al criterio dell’utilità. Ciò comunque non dovrebbe significare che EEAT non valgono per Discover, anche perché sappiamo che questi elementi sono sempre più centrali nella SEO moderna, e quindi è importante provare a rafforzare la percezione di Google su autorevolezza, esperienza, competenza e soprattutto fiducia trasmessa dagli autori dei contenuti e dal sito stesso.

Altri suggerimenti per ottimizzare le pagine per Discover

Ci sono poi indicazioni un po’ più pratiche sulle caratteristiche da curare nella creazione e gestione dei contenuti; per avere migliori chance di entrare nel feed e intercettare nuovi lettori, dice Google, gli editori e i proprietari di siti devono prestare attenzione ad alcuni elementi in particolare, come:

  • Avere titoli di pagina che catturano l’essenza del contenuto, ma che non siano semplici clickbait.
  • Evitare tattiche per aumentare artificialmente il coinvolgimento utilizzando dettagli fuorvianti o esasperati nei contenuti di anteprima (titolo, snippet, immagini) per aumentare l’attrattiva o non rivelando le informazioni fondamentali necessarie per comprendere l’argomento.
  • Evitare tattiche che manipolano l’interesse cercando di provocare curiosità morbosa, eccitazione o scandalo.
  • Scrivere contenuti tempestivi sugli interessi correnti, che raccontino una storia in modo approfondito e forniscano informazioni uniche.
  • Scegliere contenuti allineati agli interessi del momento, che siano validi dal punto di vista dello storytelling o che forniscano una prospettiva unica sull’argomento.
  • Includere immagini accattivanti e di alta qualità nei contenuti, e in particolare di grandi dimensioni (perché hanno maggiori probabilità di generare visite da Discover). Le immagini di grandi dimensioni devono essere larghe almeno 1200 px, implementate con impostazione meta tag max-image-preview:large o servite tramite pagine AMP. Non è consigliato usare il logo di un sito come immagine.

A proposito di questo ultimo punto, a riprova della progressiva perdita di centralità di AMP già nel 2020 Matt Southern su Search Engine Journal segnalava che Google aveva esteso la funzionalità delle anteprime in miniatura di immagini di grandi dimensioni in Discover per le normali pagine web, che in precedenza non sempre funzionava per gli URL non AMP.

Questa notizia era stata positivamente accolta perché consente a tutti i siti, anche non AMP, di risultare idonei a comparire in Google Discover e avere maggiore visibilità nei feed delle persone: l’immagine di anteprima a grande dimensione, infatti, ha un impatto visivo notevolmente superiore rispetto alla classica thumbnail e può spingere più facilmente al clic sulla notizia.

In estrema sintesi, quindi, il consiglio che possiamo dare è di lavorare sempre per migliorare i contenuti in ottica SEO copywriting, curare anche foto e contenuti multimediali per agevolare l’attrattività dell’articolo e cercare di seguire sempre le notizie di tendenza per conquistare uno spazio sul feed e intercettare l’interesse delle persone.

Gli interessi più frequenti in Google Discover

Grazie al suo “accesso infinito alle informazioni, Google sta cercando di filtrare ed evidenziare i contenuti per l’utente che vaga in Internet”, sostiene Abby Hamilton su SearchEngineJournal presentando la sua guida definitiva alla scoperta dello strumento e alle ottimizzazioni per intercettare questa importante fonte di traffico organico.
In questo sistema, che come detto rappresenta per Google l’ultima innovazione nella “ricerca senza query“, la comprensione del singolo utente sostituisce la comprensione di una singola query classica. Pertanto, al centro di Discover c’è l’utente, il fulcro centrale di questa esperienza, e tutte le informazioni sono usate per identificare e visualizzare gli argomenti – o interessi – che Google ritiene siano pertinenti per lui.

Per comprendere meglio gli interessi che appaiono in Google Discover, l’autrice ha esaminato oltre 700 tipologie fornite dai membri della SEO Community, anticipando che si tratta di una “dimensione del campione straordinariamente piccola rispetto a tutti i potenziali interessi” che permette comunque “alcune osservazioni degne di nota”.
In generale, sembra che le notizie che compaiono più frequentemente sono quelli relativi alle categorie sport e intrattenimento e alle attività da fare nel tempo libero, come hobby o passioni particolari. Inoltre, si evidenzia anche una forte presenza dei brand, perché quasi ogni presentazione includeva marchi specifici o aziende locali, proponendo agli utenti i contenuti di negozi e ristoranti preferiti.

Prevedere e intercettare gli interessi degli utenti: non solo news di attualità

Come dicevamo, uno degli obiettivi di Google Discover è quello di offrire nuovi contenuti e, scorrendo il feed, si incappa principalmente in notizie. Tuttavia, anche siti di altri settori hanno iniziato a vedere traffico in arrivo da Discover attraverso i report della Google Search Console, e questo ha portato Hamilton ad approfondire questo aspetto (tutte le immagini successive sono dall’articolo linkato di SearchEngineJournal).

La media del CTR per settore di sito in Discover

Così, ha analizzato 12 mesi di traffico di Google Discover verso oltre 11mila URL da 62 domini, scoprendo che:

  • Il 46% proveniva da siti di notizie.
  • Il 44% proveniva da siti di e-commerce.
  • Il 7% proveniva da siti di intrattenimento.
  • Il 2% proveniva da siti di viaggio.
  • Il restante 1% proveniva da altri settori tra cui B2B, automotive, formazione scolastica, finanza e salute.

Molto interessanti anche i successivi focus di questo studio. Innanzitutto, emerge che i siti di notizie hanno ricevuto il 99% dei clic (pur essendo meno della metà delle schede mostrate) e hanno ottenuto molti più clic per pagina.

Distribuzione delle tipologie di siti in Discover

Discover come fonte di traffico per raggiungere un pubblico più vasto

Un dominio di notizie oggetto dell’analisi ha visto oltre il 30% del suo traffico web totale proveniente da Discover, mentre altri editori hanno riferito che in alcuni mesi Google Discover ha portato più traffico rispetto alla ricerca organica tradizionale.

Ci potrebbe essere una spiegazione per questi dati: “i contenuti delle notizie potrebbero essere mostrati a un vasto pubblico, mentre i contenuti di altri settori sono rivolti a un pubblico più piccolo in base a interessi specifici”, ipotizza Hamilton.
Per i siti non di notizie, il restante 1% dei clic (che comunque sono più di 1 milione in un anno) sono stati dispersi tra diversi tipi di contenuti. Tra tutti i settori, il più diffuso sono i post sui blog, in particolare quelli estremamente rilevanti per interessi / hobby specifici, come l’escursionismo, il trucco e l’alimentazione.

Inoltre:

  • Il 49% dei clic sui siti di e-commerce va sulle pagine dei prodotti, che includono sia le categorie che le pagine con dettagli.
  • L’intrattenimento vede la maggiore percentuale di clic (16%) sulle pagine con un video come contenuto principale (ad esempio interviste al cast o trailer di film).
  • Le offerte speciali, principalmente offerte di viaggio o hotel con prezzi a tempo/disponibilità limitati, hanno rappresentato la percentuale maggiore di clic sui siti di viaggio (53%).

Per i siti non news, quindi, emerge che i contenuti vincenti sono quelli fortemente focalizzati sugli interessi, che vengono probabilmente mostrati a un pubblico più piccolo ma più mirato.

Il traffico in Discover ha in genere breve durata

In linea con l’attenzione di Discover sulla proposta di contenuti freschi, la maggior parte degli URL dello studio ha ricevuto traffico solo per 3-4 giorni, con un picco che si è verificato 1-2 giorni dopo la pubblicazione.

Tuttavia, alcuni contenuti più vecchi e di tipo evergreen sono stati in grado di ottenere un traffico a più lungo termine (fino a 183 giorni), incontrando gli interessi di utenti nuovi o in evoluzione. L’autrice sottolinea che, nella sua esperienza personale, quando ha visto schede con contenuto evergreen nel suo feed Discover personale aveva “cercato su Google topic simili due o tre giorni prima”.

Il traffico di un evergreen in Discover

Gli utenti cliccano sui contenuti Discover

Una delle prime cose che emergono dai dati su Google Discover è l’alta percentuale di clic (CTR) per tutte le pagine analizzate, che arriva all’11%; escludendo i siti di notizie, il CTR medio scende al 6%, un valore comunque molto interessante.

La media del CTR in Google Discover

Guardando infatti le performance degli stessi 62 domini nel sistema di Ricerca tradizionale, il CTR scende al 4%, ma ci sono alcuni aspetti da considerare: “i numeri non possono essere confrontati direttamente poiché il CTR viene calcolato come clic diviso impressioni uguale CTR, mentre le impressioni in Discover vengono misurate in modo diverso rispetto alla ricerca tradizionale”.

Nello specifico, come ricorda la Guida di Google:

  • L’URL di un link registra un’impressione quando appare in un risultato di ricerca di un utente, che apre la pagina contenente questo risultato (anche se il risultato non è reso visibile nella pagina tramite scorrimento).
  • In Discover, un’impressione è conteggiata solo quando l’utente scorre una scheda per consultarla, e viene assegnata all’URL della pagina di origine.

Quindi, in definitiva, sappiamo che le pagine di Google Discover registrano percentuali di clic più elevate rispetto alla ricerca tradizionale, ma anche che questo può essere il risultato della differenza nel modo in cui vengono misurate le impressioni, piuttosto che una differenza nel comportamento dell’utente.

Come ottimizzare il sito per apparire in Google Discover

Come dicevamo, Google ha spesso specificato che non ci sono metodi che consentono di migliorare il ranking delle tue pagine su Discover, se non quello di pubblicare contenuti che ritieniamo possano interessare agli utenti.

Al netto di questa premessa, è però possibile fare SEO per Google Discover e lavorare alla ottimizzazione di alcune aree che possono dare risultati importanti e aumentare le chance di comparire nel flusso, perché i casi studio dimostrano che sono correlate a prestazioni migliori.

Sul fronte della SEO tecnica, ad esempio, ottimizzare il sito per avere un buon rendimento in Google Discover non dovrebbe in realtà concretizzarsi in interventi particolarmente “rivoluzionari”, perché valgono le best practices utili per il classico posizionamento. Tuttavia, ci sono alcune aree – talvolta date per scontate o trascurate –cui bisogna prestare un’attenzione più alta.

Avere un sito mobile friendly con contenuti accessibili da dispositivi mobile è un prerequisito di base, perché Google Discover è disponibile solo su smartphone e tablet; per quanto possa apparire scontato, però, ci sono ancora molti siti che funzionano senza un design mobile responsive o che usano ancora la struttura di URL mobile distinti m-dot.

Per offrire una buona esperienza mobile si devono rispettare alcuni principi di base, come ad esempio non presentare pubblicità o pop-up invadenti e avere visual nell’articolo immagini o elementi accessibili e “leggibili” (e vedremo quanto valgano le immagini per Discover).

L’altra area chiave è la velocità del sito, perché sembra esserci una correlazione tra contenuto che si carica rapidamente e presenza all’interno del feed di Google Discover, nonché un nesso con i siti Web di notizie e riviste che utilizzano AMP. A tal proposito, va ricordato che tutti i contenuti mostrati nel feed sottostanno alle classiche valutazioni qualitative di Google, e in questo senso devono assicurare buone prestazioni riguardo alla soddisfazione dei Core Web Vitals.

La content strategy per Google Discover

Sul versante content strategy, per aumentare le possibilità di entrare in Discover dobbiamo valutare vari aspetti e provare a unire mezzi e approcci differenti, perché ad esempio nel flusso compaiono non solo articoli e altre funzionalità di contenuti di proprietà di Google, ma anche video di YouTube.

In particolare, Hamilton invita a non trascurare l’impatto dei video, che hanno un’enorme presenza in Discover in linea con l’obiettivo di Google di fornire modi più visual di trovare informazioni: nella sua ricerca, i video rappresentavano solo il 17% dei contenuti, ma nell’analisi non sono inclusi i dati per YouTube, che ospita la maggior parte dei video che appaiono in Google Discover. Questo fattore potrebbe essere difficile da misurare, ma la creazione di video accattivanti e l’ottimizzazione del canale YouTube potrebbero aiutare ad aumentare la presenza del nostro brand in Discover e anche nella ricerca tradizionale, poiché il 19% dei risultati di ricerca desktop include caroselli video e il 92% di questi video proviene da Youtube.

Più in generale, per avere successo i contenuti dovrebbero essere un mix di articoli evergreen (aggiornati per fornire sempre informazioni accurate), articoli che seguono le ultime tendenze di un settore, notizie su argomenti rilevanti che possano contribuire a creare opinioni informative. È rilevante notare che nel feed Discover compaiono anche i contenuti con paywall.

Svincolati dal “volume di ricerca” e dalle tattiche SEO più classiche, possiamo scrivere contenuti un po’ più liberi, approfondendo i punti di connessione identificati e creando testi che possano davvero incuriosire gli utenti e invogliarli a leggere, identificando le intersezioni e le relazioni tra i topic  e cercando di associare il contenuto agli eventi attuali.

Il fattore tempo per gli articoli

Una cosa importante da evidenziare è che Discover dà precedenza agli eventi in tempo reale e alle notizie di stretta attualità, con una sensibilità al fattore tempo (anche se non è esclusa la comparsa di articoli più datati).

Molto dipende dagli interessi degli utenti, che solo in parte potrebbero intercettare i contenuti proposti da un sito: ancor più che nel lavoro generale e tradizionale, capire il proprio target, le sue esigenze e i suoi interessi più ampi è un fattore determinante per il successo.

Come connettersi agli utenti tramite Discover

Continuando con le considerazioni di Hamilton, la differenza concettuale di Discover impone a chi gestisce un sito e intende intercettare questo traffico di fare un passo in avanti per comprendere cosa vogliono gli utenti. Nella ricerca tradizionale, le query fungono da punto di connessione tra il search intent – l’esigenza concreta e immediata di una persona – e il contenuto pertinente (ad esempio, l’utente ha fame, cerca [cibo vicino a me] e Google mostra i ristoranti nelle vicinanze).

Google Discover mostra i contenuti prima che si verifichi l’esigenza di un utente, “alimentati dalla forza della corrispondenza tra il contenuto di un articolo e gli interessi”. Senza la keyword research e i rapporti sulle query, il tradizionale processo di creazione dei contenuti è limitato, ma ci sono ancora modi per aumentare le possibilità di apparire in Discover.

Oltre a quelli già analizzati, dobbiamo anche provare a incentrare i contenuti su entità: gli interessi sono infatti entità, oggetti o concetti che possono essere identificati in modo univoco e che coprono qualsiasi aspetto, come hobby, attività di nicchia, brand, persone o aziende. Serve quindi uno sforzo per scoprire quali sono le entità riconosciute da Google e le relazioni tra loro, così da comprendere anche quali entity sono associate al nostro brand, settore, prodotti e trovare così potenziali punti di connessione con i nostri utenti.

Google Discover, quando le immagini valgono più delle parole

Secondo alcune statistiche comunicate da Google, quando le schede di Discover includono immagini di grandi dimensioni anziché miniature “i publisher registrano un aumento del 5% nella percentuale di clic, del 3% per il tempo trascorso sulle loro pagine e un aumento del 3% della soddisfazione degli utenti”.

Un’immagine vale più di mille parole può sembrare solo una frase fatta, ma in realtà è esattamente ciò che succede con il feed di notizie selezionate da Google, e un caso studio testimonia appunto il valore che immagini di alta qualità possono avere per apparire in questo flusso e conquistare i clic dei lettori.

Per riferirsi al sistema, il consulente SEO Brodie Clark usa l’espressione “bizzarro mondo” e in un articolo su searchenginejournal racconta la sua esperienza e i suoi tentativi di ottimizzare i contenuti e fare SEO per Google Discover.

Un esempio di questa bizzarria sta nell’analisi del traffico del sito di un suo cliente: un articolo è apparso in Discover e in soli 3 giorni ha ricevuto oltre 21 mila clic e 130 mila impressioni, con un CTR medio del 16,7%, ma poi è bruscamente calato fino ad arrivare quasi a zero clic. Più in dettaglio, è nel primo giorno nel feed che si raggiunge il picco (oltre la metà di clic e impression) e poi il trend scende. Secondo Clark, è raro vedere un articolo durare più di 3 giorni in Discover, a riprova di quanto questo traffico sia significativo, ma temporaneo, diminuendo rapidamente nei giorni seguenti.

Guardando le performance dello stesso articolo nella Ricerca Web tradizionale si scopre una situazione altrettanto bizzarra: in tutta la sua vita, quella pagina ha ottenuto 353 clic organici, ovvero 61 volte in meno il traffico generato in soli tre giorni da Discover.
Tale situazione è comprensibile, dice l’autore, se consideriamo la popolarità di Google Discover (e dell’app di Google che mostra continuamente notizie), ma pone di fronte a questioni sul come usare al meglio e quale controllo abbiamo su questo canale SEO come fonte di traffico.

La risposta più scontata è “abbiamo pochissimo controllo”, ma Clark non ne è del tutto certo ed è anzi convinto che ci siano alcune strategie di ottimizzazione che si possono mettere in pratica, e con il caso studio relativo al suo sito ce ne offre una dimostrazione.

Il caso studio: quali contenuti appaiono nel feed di Google?

Per “qualsiasi sito che sta cercando di ricevere traffico Discover su cui ho lavorato”, dice l’autore, “trovo che ci sia sempre quell’articolo di svolta che li rende più propensi a essere presi in considerazione per futuri contenuti”. Questa situazione si è ripetuta anche per il blog personale di Brodie Clark, che ripercorre quindi la strada che ha portato a questo momento di breakthrough.

Il suo blog è un semplice spazio su cui pubblicare contenuti più approfonditi e ragionati che possano rappresentare l’attività di consulenza; solo di recente ha iniziato a pubblicare in maniera più regolare, con frequenza di circa un articolo ogni due settimane, e l’ultimo articolo è valido per il caso studio perché ha ottenuto il numero più alto di visite di tutti gli altri.

Nello specifico, il monitoraggio in Search Console segnala circa 1500 sessioni sulla pagina, incentrata sull’argomento FAQ Schema markup; la gran parte proviene dai social (circa il 40 per cento), ma il resto è arrivato attraverso dai canali “diretto” e “referral”. Più in dettaglio, l’articolo ha ottenuto da Discover 482 clic e 4,9K impressioni in 3 giorni, stesso periodo temporale individuato in precedenza.

L’importanza delle immagini su Discover

Il segreto per ottenere risultati positivi su Discover sembra essere il lavoro di ottimizzazione delle immagini.
In breve, i consigli sono:

  • Usare immagini di alta qualità.
  • Usare immagini di dimensioni grandi e non miniature.
  • La larghezza deve essere almeno di 1.200 pixel
  • Assicurati che Google abbia i diritti per visualizzare le tue immagini, usando AMP o compilando un modulo specifico.

Clark racconta di aver pubblicato l’articolo curandone tutti i dettagli, inserendo alcune immagini (anche comiche) e screenshot da Google, ma a catturare l’attenzione è probabilmente l’immagine di una persona che “buca” la pagina con un logo di Google al posto del volto.

L'immagine dell'articolo di Clark

Proprio l’immagine, allora, potrebbe essere il mezzo per dare una spinta alla pagina (anche) su Discover: se in media il CTR di questo strumento è vicino all’8 per cento, per questo articolo è salito al 16,7 per cento, portando quindi migliaia di clic in più al sito.

Come avere un’immagine perfetta per Google Discover

In base alla sua esperienza, l’autore sostiene che il punto di partenza sia assicurarsi che le immagini siano di dimensione corretta: per quella in evidenza e per l’immagine Open Graph da veicolare sui social dobbiamo utilizzare risorse di almeno 1600 x 840 pixel, usando poi i sistemi di validazione dei vari social per controllare che non ci siano problemi.

Inoltre, la risorsa multimediale deve essere unica, progettata in modo professionale, mettere al centro elementi importanti e con le corrette specifiche di dimensionamento.

I dettagli dell’immagine da curare

L’alta qualità è importante anche per un altro fattore: ogni volta che Google utilizza un’immagine come miniatura nella Ricerca su dispositivo mobile o tablet, ne distrugge la qualità, quindi è importante partire da una base di “alta definizione” per evitare che nel processo la qualità si abbassi troppo e diventi davvero scarsa.

La tesi è quindi che senza un’immagine forte a supporto dell’articolo “in molti casi potresti perdere centinaia o migliaia di clic”, ma ovviamente anche tutto il resto è importante, ovvero titolo utilizzato, contenuto dell’articolo, sito di pubblicazione e altri vari segnali sul Web che dimostrano che si tratta di un post degno.

Google Discover, le caratteristiche dei contenuti più performanti

Ancora più approfondito è stata lo studio condotto da Lily Ray, che ha pubblicato su Search Engine Journal i risultati del suo lavoro di analisi di oltre 7.200 URL per individuare cosa tende a funzionare meglio su Google Discover e fornire suggerimenti per migliorare la nostra strategia di ottimizzazione.

Al momento, dice in apertura, la SEO per Google Discover è una delle sfide più impegnative per i professionisti SEO, sia per la natura stessa del feed (con contenuti altamente personalizzati), sia perché mancano (ancora) gli strumenti specifici per analizzare il traffico e ottenere dati sulle prestazioni.
Per quanto riguarda i tool di analytics, Google Search Console ha un rapporto sul rendimento dedicato per Discover, che viene però attivato solo se la proprietà riceve traffico da questo canale, ricorda.

Ma anche così, dice l’autrice, “i criteri per il posizionamento e l’indirizzamento del traffico possono sembrare elusivi”, perché il traffico si presenta come proveniente da una varietà di fonti organiche, dirette e referral, e anche “i SEO tool provider stanno ancora cercando di capire come riuscire a raccogliere dati e condividere insights significativi da Discover a causa dei limiti della raccolta dei dati”.

L’utilità di Discover per i siti (e perché i SEO devono considerarlo nella strategia)

Anche a causa di queste difficoltà, molti professionisti SEO sottovalutano Google Discover per i propri siti e per quelli su cui lavorano, pensando che non siano idonei in quanto non qualificati come siti web di “editori”.

Si tratta di un malinteso che forse può derivare dalle storiche difficoltà dei siti nell’ottenere l’idoneità in Google News (un prodotto separato da Discover), soprattutto prima del 2019, quando questo processo richiedeva l’approvazione manuale da parte di Google.

In realtà, rivela Ray, il suo team “lavora su dozzine di clienti ed è sempre sorprendente vedere quali tipi di siti e contenuti hanno successo in Discover”, e soprattutto è davvero un crimine rinunciare a questa opportunità, che in molti casi invia più traffico organico rispetto ai normali risultati organici” e quindi, anche solo per questo motivo, non dovrebbe essere ignorato nella strategia di visibilità.

La strategia SEO per Google Discover

E quindi, Google Discover offre un’altra opportunità per guadagnare traffico organico, “ma è un animale diverso rispetto alla normale SEO e dovrebbe essere trattato di conseguenza”, premette Lily Ray: la nostra strategia SEO per Discover dovrebbe essere unica rispetto alla normale strategia SEO, e gli approfondimenti di seguito ne spiegano il motivo.

Nel suo studio, l’esperta ha individuato 10 aspetti chiave in comune tra i siti che ricevono traffico in Discover, emersi dall’analisi di 7.274 URL da 23 diversi domini in 6 categorie verticali (come da classificazione di Similarweb):

  1. Arte e spettacolo
  2. Casa e giardino
  3. Notizie e media
  4. Animali domestici e animali
  5. Sport
  6. Veicoli

Analisi dei click su Discover per categoria di siti

Come metodologia, l’autrice ha poi analizzato i social media tramite Buzzsumo e collegato le metriche per fare un riferimento incrociato con le prestazioni degli articoli, per verificare la presenza di correlazioni tra le prestazioni sui social media e Discover.

I dati contraddicono le linee guida di Google per Discover?

Lily Ray ammette di essere rimasta sorpresa da un elemento, tanto da segnalarlo con un disclaimer: i risultati del suo studio sui dati concreti “spesso contraddicevano direttamente i consigli offerti nelle citate linee guida Discover di Google”.

In particolare, le linee guida ufficiali invitano a evitare tattiche come l’uso di clickbait nei titoli o altre “tattiche che manipolano l’interesse cercando di sollecitare curiosità morbosa, eccitazione o indignazione”, ma alla prova dei fatti “queste sono alcune delle tattiche che sembrano funzionare meglio per i nostri clienti”, ammette l’esperta, che ad ogni modo sottolinea come “questa analisi è stata eseguita utilizzando un sottoinsieme relativamente piccolo di URL e che la violazione delle linee guida di Google in qualsiasi forma comporta sempre un rischio sostanziale”.

I 10 attributi per posizionarsi bene in Discover

Dopo queste premesse, e alla luce dell’importante disclaimer, Lily Ray arriva a svelare quali sono le 10 tecniche che funzionano per posizionarsi bene in Google Discover secondo quanto emerso dal suo report.

  1. Titoli enfatici sulle emozioni

Nonostante le minacce di Google, sembra proprio che i titoli clickbait e carichi di emozioni portino il maggior numero di clic e i CTR più alti tra il set di URL analizzato.

Tra gli esempi “di frasi utilizzate nei titoli dei nostri clienti su articoli che hanno ricevuto più di 500.000 clic da Discover negli ultimi 16 mesi” ci sono esagerazioni come “questo momento straziante”, “sbalordisce il mondo”, “violato 1 delle più grandi regole non scritte”, “seguendo questo semplice consiglio sulla salute”, “conferma l’indiscrezione”, “succederà ed ecco perché” (ovviamente in inglese, da noi tradotti in italiano).

Mentre il contenuto di questi articoli di alto rendimento deve offrire ciò che l’utente sperava di ottenere dal titolo (un problema comune con i titoli clickbait), è quindi “lecito chiedersi se l’utilizzo di titoli esagerati sia davvero una pessima strategia per migliorare le prestazioni di Discover, dopo tutto”.

  1. Titoli con domanda (e risposta nei contenuti)

Un’altra tattica che potrebbe apparire discutibile per la SEO, ma che sembra guidare una forte percentuale di clic in Google Discover, è porre i titoli sotto forma di domanda, chiedendo quindi agli utenti di cliccare sull’articolo per ottenere la risposta.

Sebbene questi tipi di titoli potrebbero non essere accettati dagli algoritmi SEO di Google, la loro natura allettante sembra essere in sintonia con molti utenti in Google Discover, portando a CTR elevati.

  1. Ranking per contenuti COVID in Discover, ma non in Search

Un’altra osservazione che emerge da questa analisi (eseguita nelle fasi finali della pandemia) è che alcuni siti sono stati in grado di ricevere traffico da Google Discover da articoli e argomenti in cui non hanno mai visto traffico significativo dalla normale Ricerca.

Ciò è stato particolarmente evidente sul tema del COVID-19, dove l’autorevolezza è sembrata essere uno dei fattori più importanti nella SEO per il posizionamento dall’inizio della pandemia. Tuttavia, questa analisi rivela che molti articoli che trattano di COVID-19 hanno ricevuto traffico da Discover, anche se lo stesso articolo non ha ricevuto praticamente alcun clic dalla ricerca organica di Google.

Differenza tra click Discover vs Search

Il grafico sopra (proveniente dall’articolo come tutte le altre immagini in questi paragrafi) mostra la discrepanza nei clic tra Discover e Ricerca in 188 URL contenenti le parole [covid] o [coronavirus] nell’URL (nascosto per motivi di riservatezza del cliente): è chiaro che quasi tutti questi URL hanno visto più traffico da Discover che dalla normale SEO.

  1. La freschezza conta, ma alcuni topic evergreen sostengono la performance di Discover

Uno degli aspetti più interessanti di Google Discover – che lo distingue dalle piattaforme di notizie più sensibili al fattore tempo come Notizie Principali, Google News e Web Stories – è che a volte nel feed possono emergere contenuti di diversi anni fa, anche se non sono stati aggiornati o modificati.

Ciò offre un’enorme opportunità per i siti che non sono in grado di pubblicare costantemente nuovi contenuti, perché dei vecchi articoli possono ancora apparire in Discover se soddisfano tutti gli altri criteri di qualità.

Tabella con date pubblicazione contenuti e click

Per dimostrare questa situazione, l’autrice ha creato questa tabella che riporta alcuni dei vecchi articoli più performanti, che hanno ricevuto oltre 100.000 clic da Discover nel periodo da marzo 2020 a luglio 2021, anche se scritti da più di 15 mesi; in molti casi, questi articoli continuano a ricevere traffico da Google Discover ogni giorno.

  1. I contenuti che funzionano bene in Discover potrebbero non funzionare bene in Search ricerca (e viceversa)

Come già anticipato, Google Discover e Ricerca Google utilizzano criteri di classificazione completamente diversi e ciò significa che bisogna studiare due diverse strategie per rankare bene in entrambe le feature.

Negli ultimi anni, “è diventato più importante che mai garantire che i contenuti dimostrino i massimi livelli di qualità possibili”, cercando di soddisfare i criteri stabiliti dal motore di ricerca come EEAT (tema sul quale Lily Ray è una delle massime esperte a livello internazionale) e riassunti ad esempio nelle domande per costruire siti di qualità.

Tuttavia, queste linee guida sembrano essere misurate in modo leggermente diverso per i contenuti che funzionano bene in Google Discover: ciò può dipendere dai comportamenti unici degli utenti di Discover, che desiderano leggere contenuti divertenti o spensierati nei loro feed, e che quindi non sono così focalizzati su EEAT. Per molti versi, quindi, “Discover si comporta più come una piattaforma di social media che come un motore di ricerca”.

  1. Coerenza con le convinzioni o le opinioni politiche degli utenti

Un’altra “ovvia osservazione” di questa analisi è che alcuni dei contenuti più performanti in Google Discover tendono ad alimentare le credenze politiche o sociali esistenti dei suoi lettori.

Ne sono un esempio “articoli che possono promuovere l’indignazione o l’adorazione nei confronti dei comportamenti di personaggi politici, celebrità o della famiglia reale”.

  1. Contenuti che interessano gli utenti che non li stavano cercando

Discover è un unicum rispetto alla SEO: se “la SEO funziona solo se e quando l’utente sta cercando quell’argomento”, al contrario i contenuti su Google Discover “hanno spesso successo anche quando l’utente non si è reso conto che lo stava cercando”, proprio come avviene su piattaforme di social media come Facebook, Twitter e Instagram.

Per questo motivo, dice Ray, i metodi tradizionali di keyword research che funzionano per la SEO potrebbero non funzionare per Google Discover, e sarebbe più utile per migliore il rendimento di Discover “concentrarsi su argomenti che risuonano effettivamente con il pubblico di destinazione del sito e che fanno appello alle loro emozioni”.

Ad esempio, i contenuti sugli animali domestici “che raccontano storie vere di animali guariti da malattie sconosciute potrebbero non presentare molto volume di ricerca o potenziale in Ricerca Google, ma abbiamo notato che quel tipo di contenuto ha le migliori prestazioni in Discover per alcuni dei nostri clienti con siti su animali domestici”.

  1. Topic coinvolgenti: morte, matrimonio, divorzio

Gli argomenti che tendono a generare emozioni, controversie e/o empatia funzionano molto bene in Google Discover: morti, matrimoni, divorzi, drammi interpersonali e pettegolezzi sono solo alcuni esempi di topic che coinvolgono e interessano il pubblico.

Nell’analisi dei dati, i contenuti carichi di emozioni superano significativamente tutti gli altri.

  1. Gossip sulle celebrità

Il gossip sulle celebrità come categoria “riceve la parte del leone nel traffico di Discover nella nostra analisi”.

Questa è una tendenza interessante da considerare, soprattutto alla luce del traffico organico e del calo di visibilità che molti di questi tipi di siti hanno visto negli ultimi anni in Ricerca Google, Notizie e Top Stories, sottolinea l’autrice.

  1. Liste (con numeri nel titolo)

L’utilità delle liste come strategia SEO tende a essere un argomento controverso nella comunità internazionale: questo tipo di contenuti è spesso strutturato in un modo che può portare a UX scadente o annunci eccessivi (come presentare ogni elemento della serie dell’elenco su un URL univoco, in cui gli annunci si ricaricano su ogni pagina).

Eppure, anche così il contenuto con liste “si comporta bene nella nostra ricerca su Discover”: alcuni degli articoli che hanno visto un traffico continuo di Discover negli ultimi 16 mesi seguono proprio questo format, con titoli che riportano un numero nella frase (ad esempio, “15 motivi per cui…”, “10 cose che dovresti comprare…” eccetera).

Inserire Google Discover nella strategia SEO

Il punto cruciale di questa analisi è convincerci che Google Discover dovrebbe far parte della nostra strategia SEO generale.

Le tattiche necessarie per ottenere buoni risultati in Google Discover potrebbero essere completamente diverse da quelle della nostra normale strategia di contenuti SEO, e le buone prestazioni in questo feed deriveranno probabilmente da una content strategy che imita quella utilizzata su altre piattaforme social, piuttosto che da una strategia SEO incentrata sulla ricerca di parole chiave e sui criteri EAT.

In conclusione, sottolinea Lily Ray, emerge anche un altro aspetto curioso: le tattiche che una volta funzionavano bene su Google ma ora non sono più così efficaci – clickbaiting, coinvolgimento emotivo eccetera – “possono ancora funzionare bene su Google Discover, nonostante i suggerimenti contenuti nella documentazione ufficiale di Google”.

La SEO per Google Discover

In ottica SEO, ci sono quindi varie questioni di fondo che bisogna valutare: non essendoci ricerche dirette, non si possono classicamente analizzare i dati su keyword e contenuti che portano a traffico e alti posizionamenti, ma bisogna concentrarsi in maniera più accorta sulle ottimizzazioni on page e sulla pertinenza del contenuto rispetto alle intenzioni di ricerca dell’utente.

Google Discover non significa la fine della SEO, insomma, ma rappresenta una nuova sfida per tutti quelli che lavorano online: bisogna curare i contenuti, puntare all’engagement degli utenti, creare contenuti misti tra attualità ed evergreen, garantire l’affidabilità delle informazioni e ottimizzare le risorse come video e immagini. Punti che sono (o dovrebbero essere) già presenti nella checklist di base delle attività di ogni professionista SEO.

La diffusione del sistema potrebbe, in uno scenario futuro, portare alla creazione di ricerche su misura della singola persona, realizzata attraverso l’analisi predittiva sulle sue abitudini di navigazione e geolocalizzata in base alle sue posizioni.

Come monitorare il traffico da Google Discover

Google Discover può essere un vero e proprio amico del cuore per i siti che riescono a entrare nel flusso, perché è un canale importante per portare traffico e lettori sulle proprie pagine: eppure, anche per la sua relativa giovinezza e per le caratteristiche del sistema di funzionamento – è potenzialmente soggetto agli effetti di ogni intervento di aggiornamento Google sugli algoritmi, i contenuti mostrati cambiano costantemente  e ora gli utenti hanno ancora più possibilità di personalizzare il flusso di notizie, deselezionando determinati siti che non vogliono seguire – non è sempre possibile affidarsi completamente Discover come fonte di traffico (a maggior ragione come unica fonte), e Google stesso ci invita a non farlo per evitare “brutte sorprese” improvvise, anche perché le fluttuazioni di visite sono molto intense e varie.

Esempio di picchi di traffico Discover

Dal punto di vista degli editori, infatti, ci sono alcuni problemi di approccio allo strumento, anche in termini di monitoraggio: il feed è completamente personalizzato a misura di utente e ciò rende difficile il monitoraggio del ranking medio di un determinato articolo; inoltre, per ora non esiste una fonte di referral dedicata in Google Analytics per vedere il traffico che arriva da questo canale.

Il riferimento ufficiale e più efficace per monitorare il rendimento dei contenuti su Discover è il Rapporto sul rendimento in Google Search Console, che mostra “impressioni, clic e CTR per tutti i contenuti che sono apparsi su Discover negli ultimi 16 mesi, a condizione che i dati raggiungano una soglia minima di impressioni”. Questo strumento include il traffico proveniente da Chrome e monitora completamente il traffico di Discover di un sito su tutte le piattaforme in cui gli utenti interagiscono con Discover, compresi impressioni e clic dal tab Following (attualmente disponibile per un numero ristretto di località, Italia non compresa).

Cos’è il Google Discover Report in Search Console

Il rapporto specifico per Discover è stato introdotto a partire dal 2019 ed è a disposizione dei siti che hanno accumulato una significativa visibilità nel feed (e, ovviamente, che abbiano eseguito l’accesso a GSC). Secondo i Googlers Michael Huzman e Ariel Kroszynski, il report può essere utile per capire come ottimizzare la strategia dei contenuti offerti sui siti e aiutare gli utenti a scoprire informazioni coinvolgenti, sia nuove e di attualità che evergreen.

Lo strumento offre informazioni che riguardano la frequenza con la quale un sito viene visualizzato dagli utenti e quale traffico generano queste visite, quali contenuti hanno il miglior rendimento, quali sono le differenze tra le performance su Discover e i tradizionali risultati di ricerca. Si tratta di importanti metriche riguardanti le prestazioni del sito e il traffico su Discover – come detto, però, è visibile solo se la proprietà ha raggiunto una soglia minima di impressioni sul servizio di Google nei precedenti 16 mesi.

Come funziona il report su Discover e come interpretare le metriche

Il report in Google Search Console serve a condividere statistiche pertinenti sul traffico di Discover: la visualizzazione predefinita mostra clic, impressioni e CTR (percentuale di clic) media per la proprietà, ma con molte possibilità di personalizzazione, di filtro dei dati e di confronto tra gruppi di dimensione. Google segnala che “tutte le metriche della pagina sono assegnate all’URL canonico e non alla pagina in cui l’utente viene indirizzato quando fa clic su un risultato di Discover” e, quindi, nel caso di siti con pagine AMP e desktop ci sono valori relativi solo alla proprietà desktop, che in genere è quella canonica.

Sono due le tipologie di metriche presenti, che Google definisce in questi termini.

  • L’URL di un link registra un’impressione quando appare in un risultato di ricerca di un utente e l’utente apre la pagina contenente questo risultato, quindi se l’utente scorre una scheda di Discover per consultarla, nell’elenco standard o incorporata in un carosello contenuto nell’elenco. Viene conteggiata una sola impressione per risultato per singola sessione, e se un utente scorre tutta la scheda e poi la scorre di nuovo, viene registrata una sola impressione.
  • L’altro dato segnalato è quello dei clic, che sono i tocchi e le interazioni dell’utente sulla pagina: per Google, l’URL del risultato viene conteggiato soltanto quando l’utente fa clic sulla scheda, non quando condivide il risultato o esegue un’altra azione in relazione al risultato.

Al contrario di quanto avviene per la Ricerca classica, quindi, nel report per Discover non viene registrato il valore della posizione, che riguarda il modo e il luogo in cui un elemento che riceve un’impressione viene mostrato nella pagina dei risultati di ricerca di Google.

Le fluttuazioni di traffico e i suggerimenti di Google

Qualche tempo fa, Gary Illyes del Google Search team aveva invitato a non fare completo affidamento sul traffico di Discover, perché soggetto a forti fluttuazioni e instabilità. Rispondendo a un tweet di commento relativo alle performance di un sito grazie al feed, l’Analyst di Google diceva dice più o meno: “Spero che le persone capiscano che il traffico da Discover potrebbe scomparire da un momento all’altro e non vi costruiscano intorno l’intero modello di business”.

Gary Illyes su Discover

E questa considerazione può essere sottoscritta da chiunque abbia provato l’ebbrezza di comparire nel feed di Google da mobile, notando un picco di traffico e lettori, che poi però è calato quando la notizia è “scomparsa” da Discover.

Google Discover, una nuova fonte di traffico per i siti di news

Un altro esempio pratico arrivava più o meno contemporaneamente dagli Stati Uniti e da un gruppo editoriale internazionale come Condé Nast: come hanno raccontato a Digiday due autorevoli fonti aziendali, nel mese di ottobre 2019 Google Discover aveva portato più traffico verso le edizioni internazionali di Vogue rispetto a Google Search! Il trend è stato più pronunciato in India e in Messico, dove Discover ha rappresentato più dei tre quarti del traffico complessivo che quei siti hanno ottenuto dalle proprietà di Google, ma anche Vogue Paris in Francia ha beneficiato di questo nuovo canale, mentre i siti statunitensi del gruppo hanno visto un incremento del 20 per cento di traffico proveniente proprio da Discover.
La percezione però cambia da editore a editore; nell’articolo si riportano anche altre dichiarazioni, come ad esempio quella di un portavoce di Vice che definisce Discover una “fonte di referral preziosa e costante, un luogo dove trovare più pubblico”. Al contrario, un publisher statunitense con un sito “search-focused” dice che “Google Discover è intrigante, ma il traffico indirizzato dal canale arriva in modo irregolare“, motivo per il quale “nessuno ci conta ancora davvero”.

Un esempio di fluttuazione del traffico

Difficile studiare il comportamento degli utenti

Una quarta voce riportata da Digiday spiega meglio questa percezione: se i guadagni ottenuti da Google Discover sono promettenti, risultano però difficili da prevedere, anche perché non erano stati in grado “di rilevare comportamenti diversi tra i visitatori che stavano ottenendo attraverso Google Discover”. Ad ogni modo, il feed sembra comunque offrire prospettive interessanti perché porta ai siti “un pubblico relativamente leale e possibilità di monetizzazione“.

Il traffico da Discover è interessante e genera profitti

Di sicuro, Discover è un simbolo del modo in cui Google agisce sempre più come un aggregatore di notizie o un vero e proprio portale editoriale, che però offre comunque profitti interessanti per i siti: secondo un’analisi condotta da Parse.ly e citata sempre nello stesso articolo, il 27 per cento dei visitatori di un sito che arriva attraverso questo canale tende a ritornare, percentuale più alta rispetto a qualsiasi canale social.

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