Google Immagini: cos’è e come usare il motore di ricerca visivo

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La sua nascita si deve al clamore suscitato dall’iconico vestito verde di Versace indossato da Jennifer Lopez, che portò milioni di persone a cercare informazioni su Google e spinse i responsabili del motore di ricerca ad ampliare le funzionalità fin lì offerte, andando oltre i soli link blu. Era il 2001 e, da allora, Google Immagini si è evoluto in un motore di ricerca parallelo e completamente visivo, utilizzato quotidianamente da milioni di utenti al mondo, che ha le sue specifiche regole di posizionamento ed è quindi utilissimo da sfruttare per la SEO, perché può dare una spinta positiva al traffico organico del sito. In questo approfondimento scopriremo le origini di questo servizio gratuito sviluppato da Mountain View, il suo funzionamento e i principali consigli per cercare di migliorare il ranking delle immagini pubblicate sulle nostre pagine.

Che cos’è Google Immagini o Google Image Search

Lanciato ufficialmente il 12 luglio 2001 (e quindi circa tre anni dopo Google Search basic), Google Immagini è il motore di ricerca di immagini sul Web, che funziona in modo parallelo alla classica Ricerca Google.

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Si tratta di un servizio di ricerca specializzato offerto da Google, che consente agli utenti di cercare contenuti visivi su internet. Detta ancora in altri termini, è un motore di ricerca che si concentra esclusivamente sull’individuazione e la presentazione di immagini correlate a termini di ricerca specifici inseriti dagli utenti.

Quando un utente effettua una ricerca su Google Immagini, il servizio utilizza algoritmi avanzati per cercare attraverso miliardi di immagini indicizzate e restituire quelle che ritiene più pertinenti alla query di ricerca. Gli utenti possono visualizzare i risultati sotto forma di miniature e possono cliccare su di esse per accedere a informazioni più dettagliate, come la pagina web di origine dell’immagine e le sue dimensioni complete.

Il servizio è diventato uno strumento essenziale per individui e professionisti che cercano immagini per scopi diversi, come ispirazione, ricerca, lavoro creativo o semplicemente per soddisfare la curiosità personale, perché fornisce un modo semplice e intuitivo per trovare immagini per ogni tipo di argomento, da oggetti a persone, da luoghi a opere d’arte, e molto altro ancora.

Nel tempo Google Immagini ha subito numerosi aggiornamenti per migliorare l’esperienza utente e la precisione dei risultati. Dall’introduzione di filtri di ricerca avanzati alla capacità di riconoscere elementi nelle immagini tramite l’intelligenza artificiale, Google ha continuato a perfezionare questo strumento per renderlo sempre più efficace. Oggi, ad esempio, le persone possono utilizzare filtri per affinare i risultati in base a parametri come dimensione, colore, tipo e altro ancora, o usare funzionalità avanzate come la ricerca inversa di immagini, che permette di caricare una foto o inserire un URL per trovare immagini simili o informazioni correlate, fino alla recente introduzione della ricerca diretta attraverso la camera dello smartphone, utilizzando l’integrazione con l’app Google Lens.

La nascita di Google Images (e cosa c’entra JLo)

Google Immagini è nato dalla necessità di rispondere a una esigenza specifica degli utenti: la ricerca di contenuti visivi su Internet. Sembra impossibile oggi, in piena era di attention economy e di multimedialità, ma ancora nel 2001 non c’era effettivamente possibilità di ricercare contenuti come immagini o video online (e non c’erano i social network attuali), e tutto ciò che si poteva fare su Google e sugli altri motori di ricerca dell’epoca era cliccare sui link testuali forniti in risposta alla query digitata.

Secondo la “leggenda”, confermata comunque anche dall’ex CEO di Google Eric Schmidt, la scintilla della genesi di Google Immagini può essere fatta risalire a un evento particolare: la 42esima edizione dei Grammy Awards a Los Angeles del 23 febbraio del 2000, quando Jennifer Lopez indossò un vestito verde di Versace, ribattezzato “jungle dress”, che attirò gli sguardi di tutti in tutto il mondo diventando “virale”.

L’interesse superò i confini dei media tradizionali e spinse milioni di persone a fare ricerche online su Google, tanto che la query di ricerca “Jennifer Lopez in her exotic green Versace dress” divenne rapidamente la chiave più popolare vista in quei quattro anni di attività di Google Search. 

Questo picco senza precedenti nelle ricerche di immagini su Google, ma all’epoca il motore di ricerca era principalmente testuale e non era attrezzato per gestire efficacemente le ricerche di immagini. Ma c’era un problema: le persone non erano interessate a leggere articoli e a perder tempo cliccando su link che reindirizzavano a pagine web dove (forse) avrebbero finalmente visto la foto. Volevano esattamente l’immagine e volevano visualizzarla subito.

Cera quindi un bisogno insoddisfatto e Google comprese che doveva lavorare per fornire agli utenti ciò che desideravano, ovvero poter trovare facilmente immagini specifiche, fare ricerche basate su immagini e concetti visivi per vedere quindi le immagini direttamente nei risultati di ricerca.

Un anno e mezzo dopo, nel luglio del 2001, Google lancia ufficialmente il suo strumento di ricerca di immagini, chiamato semplicemente Google Immagini, capace inizialmente di fornire l’accesso a circa 250 milioni di immagini. Il nuovo servizio permetteva agli utenti di cercare e visualizzare immagini direttamente dai risultati di ricerca, rendendo molto più semplice e veloce trovare contenuti visivi su internet.

Da allora, Google Immagini è diventato uno dei principali motori di ricerca di immagini al mondo, integrato alla Ricerca di base; come detto, nel tempo Google ha aggiunto nuove funzionalità e affinato gli algoritmi per fornire risultati più accurati e pertinenti, riconoscendo che le immagini sono un mezzo di comunicazione fondamentale e che la ricerca visiva è un aspetto cruciale dell’esperienza online degli utenti, perché in un mondo sempre più dominato da contenuti multimediali, la semplice ricerca testuale non era più sufficiente.

Oggi, Google Immagini è uno dei siti web più visitati al mondo, con miliardi di ricerche effettuate ogni giorno. La sua popolarità dimostra il successo della mission del colosso statunitense: organizzare le informazioni del mondo e renderle universalmente accessibili e utili, anche attraverso le immagini. In pratica, possiamo dire che è il secondo motore di ricerca online più usato, dietro solo al “gemello” testuale Google Search.

Come funziona Google Immagini

Dal punto di vista tecnico, Google Immagini funziona attraverso un processo complesso che coinvolge diverse fasi, dalla scoperta delle immagini sul web fino alla loro presentazione nei risultati di ricerca. Il motore di ricerca utilizza tecnologie avanzate per riconoscere e comprendere le immagini, e questo processo inizia con il crawling e l’indicizzazione, esattamente come avviene per le pagine web tradizionali.

Quando i Googlebot esplorano il web, non solo analizzano il testo delle pagine web ma anche le immagini che contengono. Durante questa fase, raccolgono informazioni come l’URL dell’immagine, il testo che la circonda, i tag alt forniti e altri metadati. Questi dati aiutano Google a capire di cosa tratta l’immagine e come dovrebbe essere classificata.

Una volta che un’immagine è stata indicizzata, Google utilizza algoritmi di riconoscimento delle immagini per analizzare ulteriormente il suo contenuto. Questi algoritmi sono basati su tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning, in particolare sulle reti neurali convoluzionali, che sono particolarmente adatte per l’elaborazione visiva. Queste reti sono addestrate su vasti set di dati di immagini etichettate per riconoscere schemi, forme, colori e altri elementi visivi che definiscono oggetti e scene.

Senza scendere in dettagli specifici, Google riconosce le immagini attraverso sistemi tecnologici quali:

  • Vision API. Google ha sviluppato API di visione computerizzata che possono riconoscere migliaia di categorie diverse, come oggetti, luoghi, animali e persone. Queste API utilizzano modelli di apprendimento profondo per analizzare le immagini e identificare i vari elementi in esse contenuti.
  • Riconoscimento di pattern e oggetti.Google addestra i suoi algoritmi con enormi set di dati di immagini etichettate per riconoscere schemi e oggetti comuni. Gli algoritmi apprendono a identificare caratteristiche come forme, colori e texture che sono indicative di specifici oggetti o scene.
  • Apprendimento profondo (Deep Learning):Google utilizza reti neurali convoluzionali (CNN), un tipo di rete neurale artificiale, per elaborare le immagini. Le CNN sono particolarmente efficaci nell’analisi visiva e possono riconoscere sottili differenze tra immagini che potrebbero sfuggire all’occhio umano.

Il riconoscimento delle immagini da parte di Google non si basa solo sulle caratteristiche visive, ma anche sul contesto in cui l’immagine appare. Il testo che circonda l’immagine, come i titoli, le didascalie e il contenuto della pagina, fornisce indizi preziosi su ciò che l’immagine rappresenta. Google combina queste informazioni con ciò che ha imparato dalle caratteristiche visive per determinare il soggetto e il significato dell’immagine.

Una volta che Google ha una comprensione dell’immagine, la classifica in base a vari fattori per determinare la sua rilevanza rispetto alle query di ricerca. Questi fattori includono la pertinenza del testo circostante, la qualità dell’immagine, l’autorità della pagina web e il comportamento degli utenti nei confronti di immagini simili. Il risultato è una lista di immagini che Google ritiene più pertinenti per la ricerca dell’utente, che vengono poi mostrate nei risultati di ricerca.

Come lanciare una ricerca su Google Immagini

Quando un utente avvia una ricerca su Google Immagini inizia quindi il processo di analisi, che coinvolge diversi passaggi per fornire i risultati più rilevanti e utili.

Il viaggio dalla query iniziale al clic sul risultato desiderato è grosso modo il seguente:

  1. Inserimento della query. L’utente accede a Google Immagini e digita una parola chiave o una frase nella barra di ricerca. Questa parola chiave può essere qualsiasi cosa, da un oggetto a un concetto, da un nome a un luogo.
  2. Invio della query. Dopo aver inserito la query, l’utente preme ‘Invio’ o clicca sull’icona della lente di ingrandimento. A questo punto, la richiesta viene inviata ai server di Google.
  3. Elaborazione della query. Google elabora la query utilizzando algoritmi che analizzano il testo inserito. Questi algoritmi cercano corrispondenze nell’indice di Google, che è una vasta raccolta di immagini che il motore di ricerca ha precedentemente trovato e analizzato.
  4. Recupero dei risultati. Gli algoritmi di Google selezionano le immagini che ritengono più pertinenti alla query dell’utente. Questa selezione si basa su diversi fattori, tra cui la pertinenza del testo circostante l’immagine, i tag alt, la qualità dell’immagine e la sua popolarità.
  5. Visualizzazione dei risultati. Le immagini selezionate vengono poi mostrate all’utente sotto forma di miniature nella pagina dei risultati di Google Immagini. Queste miniature sono organizzate in una griglia o in un layout simile che consente all’utente di scorrere e visualizzare una varietà di opzioni.
  6. Utilizzo dei filtri. Se l’utente desidera restringere o modificare la ricerca, può utilizzare i filtri forniti da Google. Questi filtri permettono di ordinare le immagini per dimensione, colore, tipo (ad esempio, foto, clip art, GIF), data di pubblicazione o diritti di utilizzo. L’utente può selezionare questi filtri per affinare i risultati e trovare immagini che corrispondano a criteri più specifici.
  7. Selezione dell’immagine. Una volta che l’utente ha trovato un’immagine che sembra corrispondere a ciò che sta cercando, può cliccare sulla miniatura per visualizzare un’anteprima più grande dell’immagine insieme a informazioni aggiuntive, come il sito web da cui proviene l’immagine e la dimensione completa dell’immagine.
  8. Visita al sito web. Se l’utente desidera vedere l’immagine nel suo contesto originale o ottenere ulteriori informazioni, può cliccare sull’anteprima dell’immagine o sul link fornito per essere reindirizzato al sito web di origine. Qui, l’utente può visualizzare l’immagine all’interno della pagina in cui è stata pubblicata, leggere il contenuto correlato o prendere altre azioni, come salvare l’immagine o contattare il proprietario del sito per i diritti di utilizzo.

Le modalità di ricerca su Google Immagini

Anche qui, quindi, ogni ricerca inizia con una semplice domanda, che sia una frase descrittiva come “tramonti sul mare” o una parola chiave generica come “animali”. Google Immagini non si limita a prendere alla lettera le parole, ma le analizza attentamente per comprenderne il significato più profondo, per identificare il search intent applicato alla visualità, in modo da estendere la sua analisi a eventuali parole chiave correlate, sinonimi e concetti associati, come se stesse cercando di entrare nella mente dell’utente e capire esattamente cosa sta cercando.

Inoltre, Google Immagini non è un motore di ricerca statico: apprende dalle ricerche passate, dalle interazioni con le immagini e dai feedback degli utenti per offrire un’esperienza sempre più personalizzata e affinata.

Per descrivere sinteticamente il funzionamento di questo motore di ricerca parallelo e visuale possiamo far riferimento alle parole di John Mueller, che ha dedicato uno dei suoi video tutorial su YouTube proprio a questo tema.

Per il Search Advocate del colosso statunitense, Google Images aiuta gli utenti a trovare visivamente pagine web “per una vasta gamma di compiti, che si tratti di dare il via a un progetto fai-da-te, cucinare un pasto, trovare un outfit o, come abbiamo visto di recente, imparare a tagliare i propri capelli a casa durante la quarantena”. In risposta, Google Immagini mostra agli utenti le immagini rilevanti e le pagine da tutto il web, “in modo che sia il più facile possibile trovare ciò che si sta cercando”.

Dal punto di vista pratico, l’utente può lanciare una query anche usando la ricerca inversa: anche in questo caso i risultati mostrano un’immagine in anteprima, l’attribuzione e un titolo della pagina, e gli utenti possono espandere l’anteprima per scoprire di più sull’immagine e sul contenuto della pagina.

Se Google ritiene che “un risultato sia un prodotto, una ricetta o un video – che il sito può specificare con appositi dati strutturati – mostra questa informazione all’utente” con un’icona in basso; quando appropriato, compare anche un’informazione sulla licenza dell’immagine. Infine, “naturalmente, c’è un grande pulsante per visitare direttamente la pagina”.

Google Immagini: le icone con informazioni sulle immagini

Specificando quanto accennato, da alcuni anni le immagini che compaiono nella SERP di Google imamgini mostrano alcune curiose icone nell’angolo sinistro, dove c’era classicamente l’indicazione delle dimensioni: si tratta, tra l’altro, di due posate, la freccia del play, un’etichetta e altro ancora. Questa è la modalità scelta dal motore di ricerca per informare in maniera immediata della tipologia della pagina che ha pubblicato la risorsa, e che fanno comprendere rapidamente se l’immagine conduce a una pagina con prodotti in vendita, ricette o contenuti video..

Lo spiegava anche il profilo twitter Google Search Liaison, con una serie di post (e screeshot, riportati qui in pagina) in cui sintetizzava l’intervento varato dai tecnici di Big G.

Esempi delle nuove icone di Google Immagini

Passando col mouse sopra l’icona, il box si espande e mostra altri dettagli, ovvero un testo descrittivo (Ricetta o Prodotto, in particolare) e la durata del video.

Come parte del cambiamento – ci informano ancora i tweet – il box che riporta le dimensioni dell’immagine è stato rimosso. Per avere l’informazione sulle misure dovremo passare col mouse sull’anteprima dell’immagine selezionata (dopo aver quindi scelto e cliccato una delle miniature proposte).

Le nuove icone consentono di fornire informazioni immediate agli utenti che usano Google Immagini, che possono sapere subito se la risorsa che ha colpito la loro attenzione sia inserita in un contesto transazionale, rimandi a una ricetta o se invece è un frammento di un video. In questo modo si semplifica la ricerca e si velocizza l’user journey: basta leggere l’etichetta per scoprire se quel prodotto è in vendita (ed essere subito collegati all’eCommerce dove eventualmente acquistarlo) o se quel piatto è replicabile a casa seguendo le istruzioni.

Esempio dei metadata per la licenza delle immagini

Com’è l’interfaccia di Google Immagini

L’interfaccia attuale di Google Immagini – che comunque resta in continua evoluzione, sia da desktop che da mobile – è stata implementata a partire dal 2020, quando è cambiato radicalmente il design per il box di preview della risorsa selezionata.
Cliccando su una delle miniature proposte dal motore di ricerca, infatti, ora si apre un riquadro sulla destra con un’anteprima della foto in dimensioni più grandi e le informazioni principali sul sito ospitante, con doppio link alla pagina e didascalie aggiunte alle immagini correlate mostrate sotto l’immagine selezionata, per consentire di conoscere la destinazione prima di fare clic.

La caratteristica importante, evidenziata anche da un post sul blog ufficiale di Google, è che il pannello laterale si affianca alla pagina dei risultati e non la sostituisce, lasciando dunque visibili le altre immagini posizionate su Google Immagini per permettere ulteriori confronti all’utente.
Nuova interfaccia Google Immagini
Inoltre, a seconda della query il motore di ricerca può fornire anche dettagli informativi ulteriori: in particolare, le ricerche transazionali possono riportare “dettagli come il marchio, il prezzo, la disponibilità e le recensioni” per facilitare le decisioni di acquisto. Una scelta che potrebbe favorire anche chi sfrutta questo canale per ottenere traffico organico e conversioni, perché grazie alla nuova “interfaccia aggiornata le persone hanno maggiori probabilità di visitare una pagina Web per ottenere informazioni utili per un’attività o per acquistare un prodotto sul tuo sito”, scrivono da Google.

Google Immagini: ricerca inversa e integrazione con Lens

A proposito della ricerca inversa su Google Immagini, questa funzionalità è particolarmente utile in vari scenari, come il verificare l’origine di un’immagine, trovare contenuti visivi correlati senza conoscere le parole chiave esatte, per scoprire dove quella stessa immagine è stata utilizzata su internet o identificare prodotti, luoghi e persone nelle foto.

Permette infatti di trovare risorse visive simili o correlate a un’immagine già in nostro possesso, caricandola direttamente sul motore di ricerca: invece di digitare parole chiave, mostriamo all’algoritmo un’immagine e gli chiediamo aiuto nel trovare altre immagini simili.

Quando un utente vuole eseguire una ricerca inversa, inizia accedendo a Google Immagini e cliccando sull’icona della fotocamera situata nella barra di ricerca. A questo punto, ha la possibilità di caricare un’immagine direttamente dal proprio dispositivo o di inserire l’URL di un’immagine che si trova online. Google prende quindi questa immagine e la analizza per identificarne le caratteristiche distintive, come la composizione, i colori e i pattern.

Utilizzando algoritmi di visione artificiale e machine learning, Google esamina l’immagine e cerca di capire cosa rappresenta. Più precisamente, il sistema estrae le caratteristiche visive della risorsa, come colori, forme, texture e oggetti, creando un’impronta digitale unica, che poi viene confrontata con l’enorme database di Google Immagini, composto da miliardi di foto indicizzate. Questo processo è simile al modo in cui gli esseri umani riconoscono oggetti e forme: analizzando le caratteristiche visive e confrontandole con quelle già note.

Dopo aver analizzato l’immagine, Google cerca all’interno del suo vasto indice per trovare immagini che abbiano caratteristiche simili o che siano identiche. Questo può includere la ricerca di immagini che corrispondano in termini di aspetto visivo o che siano state pubblicate in contesti simili.

Il risultato di questa ricerca inversa è una serie di immagini che Google presenta all’utente. Queste possono includere immagini che sono visivamente simili, pagine web che contengono l’immagine o varianti dell’immagine stessa. In questo modo, gli utenti possono scoprire dove un’immagine è stata utilizzata online o trovare immagini simili per scopi di confronto o ricerca.

Negli ultimi tempi questa funzionalità si è ulteriormente arricchita grazie all’integrazione con Google Lens, un’applicazione di intelligenza artificiale per dispositivi mobile attraverso cui è possibile esplorare il mondo visivo direttamente dal proprio smartphone. Inquadrando un oggetto con la fotocamera del telefono, è infatti possibile fare una ricerca su Google Immagini e ottenere informazioni e immagini correlate in tempo reale. Lens utilizza la tecnologia del riconoscimento delle immagini per identificare l’oggetto inquadrato e mostrarti risultati pertinenti come descrizioni, recensioni, link a siti web e, naturalmente, immagini simili. Questa funzionalità si applica a foto di oggetti, opere d’arte, prodotti o testi e consente di ottenere informazioni correlate direttamente dal web.

A cosa servono Google Immagini e le ricerche per immagini

Questi sviluppi tecnologici e l’applicazione praticamente quotidiana di Lens vanno nella direzione già indicata nel corso della Google’s Webmaster Conference di novembre 2019 da François Spies, Product Manager per Google Images.

Nel ripercorrere l’evoluzione di Google Immagini, il dirigente sottolineava l’utilità di queste risorse multimediali per la ricerca.

Nello specifico, secondo Google la ricerca per immagini non serve solo a trovare una foto, ma le persone utilizzano il sistema “per fare le cose nel mondo reale”, perché in molti casi sfruttano questo motore per fare shopping, trovare idee di interior design, ispirazioni varie, imparare visualmente come fare determinate operazioni e così via.

E quindi, la ricerca di immagini è “uno strumento che aiuta i cervelli delle persone a elaborare le informazioni più velocemente rispetto alla lettura di una pagina web”, e Google ha cambiato il suo motore di ricerca per riflettere i diversi casi d’uso e supportare le persone in maniera più appropriata.

Come è cambiata la Ricerca Immagini di Google negli anni

Inizialmente – e fino a pochi anni fa – Google forniva semplicemente immagini senza contesto, rendendo più difficile per gli utenti capire da dove provenisse l’immagine e navigare per completare l’azione che avevano in mente.

Per questo sono state apportate molte modifiche, servite innanzitutto a fornire più contesto alle immagini grazie alla comparsa di snippet testuali e dell’indicazione del dominio in cui è stata caricata la risorsa. Un intervento apparentemente semplice e minore, ma che consente agli utenti di determinare quale risultato è più rilevante per loro in base al loro caso d’uso.

Molto importante in questo senso è stata la diffusione degli smartphone e della navigazione mobile: proprio sui dispositivi mobili ha debuttato la nuova versione di Google Immagini – poi implementata anche per i desktop – con un ammodernamento del visualizzatore dell’anteprima, modifiche estetiche e un pulsante “visita pagina” che collega direttamente all’URL del sito classificato.

Modificato l’approccio al ranking delle immagini: Google valuta la pertinenza e la rilevanza

Allo stesso tempo è cambiato anche l’approccio al ranking dei risultati multimediali: nel backend Google è passato dal considerare semplicemente le immagini a valutare per il posizionamento le “immagini pubblicate sulle landing page migliori in base a ciò che l’utente vuole realizzare”, per aiutare in maniera più precisa le persone a trovare il contenuto dietro l’immagine.

È ancora John Mueller a scendere maggiormente nei dettagli sul discorso posizionamento, spiegando come e quando Google sceglie di mostrare immagini nelle search results pages.

In pratica, gli algoritmi cercano di determinare se le persone mostrano una preferenza per risultati tipo immagini rispetto a quelli testuali, per fornire loro ciò che è davvero pertinente e rilevante in quel momento.

Si ribadisce quindi il valore della relevance, espressa non in relazione alle keyword ma al contesto della ricerca degli utenti, come “atto di mostrare agli utenti ciò che vogliono davvero vedere”. Quindi, le immagini possono essere rilevanti per dare una risposta precisa alle effettive intenzioni delle persone, per dar loro davvero ciò a cui sono interessati, mentre in altri contesti Google riterrà più opportuno servire un video oppure una risposta testuale.

Per raggiungere questo risultato finale ci sono diversi algoritmi automatizzati che lavorano in modo indipendente nel rispondere alla query, etichettandole con una sorta di punteggio di relevance che serve a determinare come e dove mostrare i diversi tipi di risultati in SERP.
In pratica, prosegue Mueller, se il sistema ricerca delle immagini ritiene che i risultati di immagini sono importanti per una query, sono estremamente pertinenti, la SERP fornirà dei box “da qualche parte” nella pagina: in posizione di evidenza in alto se le immagini sono super utili e rilevanti per la query, oppure al centro della pagina o altrove ancora.

Al contrario, se il sistema determina che i risultati web siano più pertinenti, allora mostrerà risultati testuali o di altro tipo, nascondendo le immagini o mettendole in secondo piano.

Il processo è comunque in evoluzione e le valutazioni di Google possono cambiare nel tempo: se i sistemi riconoscono che tanti utenti stanno cercando immagini per una query che in quel momento non fornisce immagini in SERP, infatti, è probabile che ci siano modifiche e in poco tempo compaiano box di immagini per andare incontro alle esigenze delle persone.

L’utilizzo dei dati strutturati in Google Immagini

Sempre nell’ottica di aiutare al massimo gli utenti, Google ha spinto molto sull’utilizzo di dati strutturati per la ricerca di immagini di prodotti, ricette e video con gli appositi markup e oggi le informazioni incluse nei dati strutturati vengono visualizzate dagli utenti quando fanno clic su un’immagine per allargare l’anteprima.

Esempi concreti ne abbiamo a partire sempre dal 2020, quando Google ha rilasciato il markup licensable, che attiva lo speciale badge Su licenza in Google Immagini. Grazie a questa novità, i siti possono mostrare le informazioni sulla licenza delle risorse multimediali pubblicate sul sito web, mentre per gli utenti è più semplice capire come utilizzare le immagini in modo responsabile.

Un markup per mostrare le informazioni sulla licenza delle immagini su Google Immagini

A dare notizia di licensable è un articolo pubblicato sul Webmaster Central Blog di Google a firma dello stesso François Spies, che ripercorre anche i vari step che hanno portato alla decisione di prestare più attenzione alle licenze delle risorse multimediali e aiutare i proprietari di immagini a vendere e ottenere credito per le loro foto.

Screen di Google Immagini: come funziona il markup licensable

Negli anni infatti Google ha “collaborato con il settore delle licenze di immagini per aumentare la consapevolezza dei requisiti di licenza per i contenuti trovati tramite Google Immagini”: in particolare, ricorda Spies, nel 2018” abbiamo iniziato a supportare i metadati dei diritti di immagine IPTC”, e a febbraio scorso è partita la sperimentazione del nuovo framework di metadati tramite Schema.org e IPTC per immagini con licenza.

Nei mesi successivi il nuovo standard è stato adottato in maniera “diffusa da parte di siti Web, piattaforme di immagini e agenzie di tutte le dimensioni”, e quindi Google ha migliorato ulteriormente le funzionalità della Ricerca per Immagini che metteranno in evidenza le informazioni sulla licenza per le immagini e renderanno più semplice per gli utenti capire come utilizzare le immagini in modo responsabile.

Che cos’è il markup licensable

Il badge Su Licenza nella pagina dei risultati indica agli utenti che per l’immagine selezionata sono disponibili informazioni sulla licenza e fornisce un link a quest’ultima nel visualizzatore di immagini (ovvero, la finestra che appare quando si seleziona un’immagine), che offre maggiori dettagli sul modo in cui gli utenti possono riutilizzare la risorsa in base ai termini forniti dal proprietario del contenuto o dal licenziante. Quando disponibile, Google offre anche un link aggiuntivo che indirizza gli utenti a una pagina del proprietario del contenuto o del concessore di licenza dove l’utente può acquisire l’immagine – o, in alternativa, utilizzare uno dei siti di foto gratis che permettono di scaricare o utilizzare le immagini in maniera lecita.

Allo stesso tempo, Google ha anche semplificato la ricerca di immagini con i metadati delle licenze, intervenendo sul menu dei diritti di utilizzo in Google Immagini per supportare il filtro per le licenze Creative Commons, nonché per quelle con licenze commerciali o di altro tipo (come si vede in questo screen).
Nuovo filtro licenze in Google Immagini

Come aggiungere dati strutturati o metadati delle foto IPTC

La pagina di guida dedicata a questo tema offre anche le indicazioni corrette per segnalare a Google quali immagini possono essere concesse in licenza, aggiungendo dati strutturati o metadati di foto IPTC a ogni immagine su licenza nel tuo sito. Se utilizziamo la stessa immagine su più pagine, dobbiamo inserire i dati a ogni immagine su tutte le pagine visualizzate.

Attualmente, sono due i modi alternativi per aggiungere informazioni sulla licenza all’immagine, entrambi validi per assicurare l’idoneità al badge Su licenza. È bene sottolineare che utilizzare tali metadati è una scelta opzionale e che utilizzarli o meno non ha alcun impatto sui ranking di ricerca.

Se scegliamo i dati strutturati – definiti nella guida “un’associazione tra l’immagine e la pagina in cui viene visualizzata con il markup” – bisognerà aggiungere dati strutturati per ogni istanza in cui viene utilizzata un’immagine, anche se questa non cambia.
In alternativa possiamo usare i metadati foto IPTC, incorporati nell’immagine stessa e in grado di restare inalterati anche quando sono trasferiti da una pagina all’altra; in questo caso, quindi, i metadati foto IPTC devono essere indicati una sola volta per ogni immagine.

I vantaggi per i licenzianti di immagini

Il post di Spies analizza anche quali sono i principali vantaggi che il markup licensable può offrire ai concessori di licenza, in quello che per Google è “un passo per aiutare le persone a comprendere meglio la natura dei contenuti che stanno guardando su Google Immagini e per capire come possono utilizzarli in modo responsabile”.

Innanzitutto, è più semplice reperire le informazioni sulla licenza e, soprattutto, acquistarla o ottenere la possibilità di riutilizzare la risorsa: come abbiamo spiegato, quando il licenziante fornisce i metadati sull’immagine (attivando il badge Su Licenza), è possibile trovare nel visualizzatore di immagini la pagina dei dettagli e quella per l’acquisizione.

Nel caso in cui la pagina che ospita l’immagine non sia configurata per consentire di acquisirla (ad esempio si tratta di un portfolio, un articolo o una pagina della galleria), gli utenti possono collegarsi a un nuovo URL da Google Immagini che li indirizza direttamente alla pagina dove possono acquistare o ottenere la licenza per l’immagine.

Non ultimo, i metadati possono essere applicati anche dagli editori che hanno acquistato le immagini, e ciò significa che i dettagli di licenza sono visibili anche quando le risorse multimediali vengono riutilizzate dai clienti (che, ovviamente, non devono rimuovere o alterare i metadati IPTC forniti).

Google Immagini, le valutazioni e l’impatto sulla SEO

Nei suoi venti anni di vita, quindi, sono stati vari i cambiamenti implementati in Google Images, che ha funzioni e filtri autonomi e specifici rispetto alla Ricerca classica, ma che forse non ha mai goduto della giusta considerazione da parte di webmaster e SEO. Le cose stanno cambiando negli ultimi tempi e con il crescente interesse degli utenti verso nuove forme di contenuto, che vanno oltre il classico articolo testuale e spingono maggiormente sulla multimedialità.

Il primo punto da considerare è che Google Immagini può portare molto traffico organico a un sito ben posizionato, per cui è dunque importante curare l’ottimizzazione SEO per le immagini.

Il primo consiglio è di verificare che l’immagine sia effettivamente indicizzata in Google Immagini, testando gli URL del sito attraverso gli strumenti di test di Google e controllando che siano esatti i valori relativi all’attributo “src” dei tag dell’immagine (oltre all’uso corretto del tag  <img> nel codice HTML). Sempre lato SEO tecnica, è bene aggiungere una image sitemap per velocizzare il modo in cui GoogleBot trova le immagini del sito.

Consigli per migliorare il rendimento delle immagini su Google

Passando alle ottimizzazioni più pratiche, bisogna scrivere sempre degli alt text, che servono a Google per comprendere il contesto in cui si inserisce la foto, passando poi per l’uso di dati strutturati e altri meta data per consentire una migliore interpretazione e indicizzazione della risorsa, che può essere poi mostrata nelle SERP.

Come si può migliorare il ranking di un sito su Google Immagini è stata anche la domanda al centro di un episodio di #AskGoogleWebmaster, lo spazio su YouTube in cui John Mueller si dedica appunto a rispondere a dubbi e difficoltà che le persone incontrano nell’ecosistema Google..

Come migliorare il ranking delle immagini

Il Search Advocate ci dà quindi alcune rapide indicazioni utili per migliorare il posizionamento sul motore di ricerca per immagini, che sappiamo essere un importante fonte di traffico organico, spesso sottovalutato.

Le immagini sono fantastiche, esordisce il Googler, che mostra alcune foto davvero simpatiche prima di “fare sul serio”: quando si parla di immagini, “i primi aspetti da considerare sono come vuoi esser trovato nella ricerca di Google Immagini, cosa ti aspetti che gli utenti possano cercare e come può essere utile il tuo sito quanto le persone ti trovano”.

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Il primo consiglio di John Mueller è quindi “non ottimizzare le immagini solo perché esiste il motore di ricerca, ma lavora con un obiettivo chiaro, per fornire una risorsa utile”. Quando abbiamo trovato questo purpose, possiamo considerare gli aspetti tecnici per migliorare le performance di questi file, rispettando alcuni criteri di base.

Sei interventi rapidi di ottimizzazione

Mueller elenca alcuni consigli di ottimizzazione SEO delle immagini che possono essere applicati a ogni tipologia di sito:

  1. Uso di immagini di alta qualità.
  2. Inserimento delle immagini in posizioni pertinenti e visibili.
  3. Uso di page title descrittivi e di un alt text utile per le immagini.
  4. Eventualmente, aggiungere una didascalia.
  5. Uso di nomi file
  6. Caricamento del file immagine in modo che possa essere servito velocemente agli utenti.

Consigli di Google per ottimizzare le immagini
Ci sono tante altre cose che si possono fare per “ottimizzare le immagini per la ricerca”, aggiunge il Googler, ma questi sono i passaggi fondamentali, che devono essere alla base di ogni strategia. Si va da consigli di scrittura (interventi su titoli, didascalie, filename e alt text) a quelli più legati al “buon senso” e alla user experience, come la scelta del posto giusto in cui inserire le immagini o la velocità del caricamento della risorsa.

Nulla di particolarmente nuovo e originale, se non una conferma indiretta della utilità di Google Immagini e dell’importanza di considerare anche questo motore di ricerca all’interno di una strategia SEO, perché è evidente che oggi le immagini stanno riguadagnano importanza a livello generale nel Web e bisogna sempre tener presente che queste risorse possono essere, e sono sempre più frequentemente, un canale con cui gli utenti scoprono e navigano un sito.

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