Guida ai dati strutturati: cosa sono, come usarli e perché servono

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È un argomento che sta diventando sempre più centrale e importante, e che entra in gioco quando si parla di SEO semantica e, nel dettaglio, di funzionalità quali featured snippet, knowledge graph e risultati multimediali che appaiono nelle SERP di Google. È dunque il momento di affrontare il tema in maniera approfondita e di comprendere cosa sono i dati strutturati, come inserirli nelle pagine del nostro sito e perché queste informazioni sono importanti per l’ottimizzazione SEO e per comunicare in modo più preciso con Google.

Che cosa sono i dati strutturati

I dati strutturati, in inglese structured data, sono meta-informazioni inserite manualmente nel codice HTML di una pagina per fornire dati aggiuntivi sui siti e sulle pagine e per consentire ai motori di ricerca semantici di classificare meglio il loro contenuto.

Nel senso più ampio, sono informazioni (dati) che sono organizzate (strutturati) e che diventano comprensibili per i motori di ricerca: in termini più tecnici, è un formato standard che consente a Google e agli altri search engine di navigare meglio un sito, di capire le relazioni delle pagine e di ottenere informazioni per comprenderlo e valutarlo meglio, abilitando la visualizzazione come risultato multimediale nei risultati di ricerca.

Per usare le parole della guida di Google su questo topic, aggiornata nel febbraio 2023, “i dati strutturati sono un formato standardizzato per fornire informazioni su una pagina e classificarne il contenuto”, di modo che gli algoritmi del motore di ricerca possano analizzare la pagina stessa partendo da quelli che interpretano come indizi espliciti sul suo significato.

Queste piccole porzioni di codice si chiamano dati strutturati perché le informazioni sono organizzate secondo uno schema definito, ovvero il famoso vocabolario schema.org, che dal 2011 fornisce le regole per organizzare le informazioni che si trovano sui siti web degli editori, i markup (il linguaggio informatico) che servono a definire le entità di ogni tipo e le relazioni tra loro, trasformando i contenuti in dati e, più precisamente, metadati.

Vale a dire, informazioni che non vengono visualizzate direttamente dai visitatori del sito, ma che sono destinate ai motori di ricerca che, grazie a questo linguaggio, possono comprendere più facilmente e senza necessità di interpretazione algoritmica di cosa trattano le immagini e i contenuti della pagina marcata e di mostrare con precisione tali contenuti nei risultati di ricerca.

In pratica, inserendo correttamente questi meta-dati, rispettando le regole sintattiche e la struttura comune di riferimento, Google può capire il significato delle informazioni e, dopo averlo analizzato, restituire i risultati migliori e più pertinenti per le query degli utenti.
Una situazione win-win per il motore di ricerca e per i siti, insomma.

L’importanza dei dati strutturati per i motori di ricerca

E quindi, i dati strutturati sono un sistema comune di fornire informazioni su una pagina e sul suo contenuto, che utilizza il vocabolario schema.org e generano differenti feature di ricerca in Google.

I markup sono utili perché, come accennato, aiutano i sistemi di Google a comprendere i contenuti presenti su un sito e su una pagina in modo più accurato: così, gli utenti ottengono risultati più pertinenti per le loro query e capiscono meglio come tali pagine siano rilevanti per le loro ricerche. Allo stesso tempo, se un sito implementa i dati strutturati potrebbe essere scelto da Google per una visualizzazione migliore e arricchita nei risultati della Ricerca (ma ovviamente non c’è garanzia di legame diretto tra l’uso dei dati strutturati e l’effettiva presenza nei risultati di ricerca, dichiarano da Google).

Più in generale, servono dati che siano strutturati per fare in modo che le macchine possano facilmente leggere, comprendere e classificare tali informazioni, soprattutto alla luce delle crescenti evoluzioni della tecnologia e dell’espansione delle dimensioni e complessità di Internet. Anche se Google e altri motori di ricerca continuano a diventare più intelligenti e più avanzati, le loro risorse sono ancora limitate in termini di tempo, potenza di elaborazione ed energia da distribuire in tutte le attività necessarie alla loro “ruotine”, e quindi fornire loro informazioni più dirette è sicuramente un modo per agevolare i loro compiti.

In sintesi, dunque, i motori di ricerca utilizzano i dati strutturati per tre scopi principali: riconoscere le entità presenti nella pagina, comprendere le relazioni tra queste entità e, in definitiva, restituire all’utente la risposta giusta alla query desiderata.

Molti siti (ancora oggi) non usano questi strumenti e offrono ai crawler dati reperiti solo da archivi database, formattati in codice HTML che può essere di difficile interpretazione; al contrario, i dati strutturati semplificano la vita ai crawler, che utilizzano le informazioni per comprendere meglio il core business o il topic principale di un sito e così migliorare i risultati di ricerca di quella attività.

Quali sono i dati strutturati: alcuni esempi

Esempi di dati strutturati sono il nome di un prodotto, il contenuto di una recensione, le valutazioni e le immagini: i markup consentono a un editore di etichettare il nome di un prodotto, rivedere i contenuti, le valutazioni e le immagini per i motori di ricerca.

I dati strutturati proseguono l’evoluzione del Web semantico e consentono ai crawler dei motori di ricerca di interpretare senza fraintendimento anche la tipologia di un documento e di una pagina Web: vale a dire che con i dati strutturati possiamo comunicare a Google se il nostro sito ospita news o articoli di approfondimento, ricette o prodotti, se la data inserita è quella della creazione o di una modifica, quali sono gli argomenti trattati eccetera.

Inoltre, queste informazioni consentono di determinare in modo immediato i parametri di base di un’azienda (i cosiddetti NAP), nome – indirizzo – luogo dell’attività.

Dati strutturati e non strutturati

Restando ancora nel campo della “teoria”, è bene soffermarsi ancora sulle definizioni, perché non tutti i dati informatici disponibili sul web sono uguali: accanto ai dati strutturati ci sono infatti altre tipologie chiamate “dati non strutturati“, e le differenze riguardano i modo in cui le informazioni che comunicano sono reperite, raccolte e ridimensionate, oltre che il tipo di database in cui risiedono.

Pertanto, dati strutturati si riferisce a dati organizzati, mentre dati non strutturati identifica dati non organizzati – non dal punto di vista della comprensione umana, ma di quella delle macchine. Se scriviamo ad esempio “Gennaro è l’autore di questo articolo e lavora presso SEOZoom”, non stiamo fornendo ai motori di ricerca dati organizzati: se per i lettori è facile comprendere la frase e le informazioni che contiene (Gennaro è un essere umano, un copy, lavora in SEOZoom e SEOZoom è un brand), per i motori di ricerca queste informazioni non sono parimenti immediate. Possono comprenderle e organizzarle, ma con uno “sforzo” in più perché i dati forniti sono “ambigui” – Gennaro potrebbe essere il nome del brand e SEOZoom un nome di persona, per estremizzare: grazie ai dati strutturati, possiamo invece definire meglio le informazioni e chiarire i “concetti” e le entità per i motori di ricerca.

Ultima digressione. Secondo una pagina di IBM, i veri dati strutturati, classificati anche come dati quantitativi, sono quelli che seguono il linguaggio di query strutturato (SQL) sviluppato dalla stessa azienda nel 1974, e sono altamente organizzati e facilmente decifrabili dagli algoritmi di machine learning. Utilizzando un database relazionale (SQL), gli utenti aziendali possono inserire, cercare e manipolare rapidamente tali dati strutturati.

I dati non strutturati, invece, sono tipicamente classificati come dati qualitativi: non possono essere elaborati e analizzati tramite strumenti e metodi di dati convenzionali perché non hanno un modello di dati predefinito, e quindi si possono gestire in database non relazionali (NoSQL) o attraverso data lake, per conservarli in forma non elaborata.

In questa accezione, i dati strutturati SEO sarebbero in realtà dei dati semi-strutturati (gli esempi citati sono JSON, di cui parleremo a breve, ma anche CSV, XML) e rappresentano un “ponte” tra dati strutturati e non strutturati: non hanno un modello di dati predefinito e sono più complessi dei dati strutturati, ma più facili da archiviare rispetto ai dati non strutturati. I dati semi-strutturati utilizzano “metadati” (ad esempio tag e marcatori semantici) per identificare specifiche caratteristiche dei dati e scalare i dati in record e campi preimpostati, e in definitiva consentono di catalogare, cercare e analizzare meglio le informazioni rispetto ai dati non strutturati.

Come inserire i dati strutturati sul sito: conoscere formati e tecniche

Implementare i dati strutturati su un sito non è complicato e non servono particolari competenze, anche grazie agli strumenti disponibili che rendono ancor più facile il processo. Come spiega la citata guida di Google, sono tre i principali linguaggi di queste informazioni, ciascuno caratterizzato da regole sintattiche e da uno schema specifici.

Uno dei primi linguaggi impiegati per schematizzare i dati strutturati si chiama RDF (Resource Description Framework) e consente di implementare la conoscenza in proprietà, descrizioni ed entità; il secondo si chiama microdati, impiega tag e attributi HTML e permette di associare le proprietà degli oggetti nel documento alle entities, così da risalire alla natura e alle caratteristiche degli oggetti. L’utilizzo di entrambi è calato dopo l’introduzione del linguaggio script JSON-LD, che utilizza un oggetto JavaScript nella pagina HTML ed è preferito anche da Google per flessibilità e facilità di utilizzo, visto che si può inserire direttamente nella sezione Head del documento HTML.

Più precisamente:

  • JSON-LD, abbreviazione di Jason for linked data. Una notazione JavaScript incorporata in un tag <script> negli elementi <head> e <body> di una pagina HTML. Il markup non è interlacciato con il testo visibile all’utente, fatto che rende più facile esprimere elementi di dati nidificati, come l’elemento Country di PostalAddress di MusicVenue di Event. Inoltre, Google può leggere i dati JSON-LD quando vengono inseriti dinamicamente nei contenuti della pagina, ad esempio tramite codice JavaScript o widget incorporati nel sistema di gestione dei contenuti.
  • Microdati. Una specifica HTML open-community utilizzata per nidificare i dati strutturati all’interno del contenuto HTML. Come RDFa, utilizza gli attributi dei tag HTML per denominare le proprietà che intendiamo esporre come dati strutturati. Viene generalmente utilizzata nell’elemento <body>, ma può essere usata nell’elemento <head>.
  • RDFa. Estensione HTML5 che supporta i dati collegati introducendo attributi di tag HTML che corrispondono al contenuto visibile all’utente che intendiamo descrivere per i motori di ricerca. RDFa è comunemente usata sia nella sezione <head> che <body> della pagina HTML.

Ribadiamo che tutti e tre i formati vanno ugualmente bene per Google, purché il markup sia valido e correttamente implementato secondo la documentazione della funzione, e la preferenza verso JSON-LD dipende “solo” dal fatto che solitamente è il formato più semplice da implementare e gestire – ovvero, riduce le possibilità di errori degli utenti.

In realtà, in un (ormai vecchio) episodio della serie SEO Mythbusting di Google, incentrata a sgomberare il campo da alcuni falsi miti e leggende metropolitane che circondano il mondo della ottimizzazione per motori di ricerca, Martin Splitt parlava con Suz Hinton (Cloud Developer Advocate, Microsoft) di microformati, dati strutturati e consigli di ottimizzazione per un uso efficace sui siti. Nello specifico, dopo aver definito i microformati come “annotazioni del codice HTML che aggiungono informazioni semantiche” al contenuto delle pagine, Splitt dice che non sono le migliori risorse a disposizione per un sito che voglia offrire rich content ai suoi utenti, perché “ci sono strumenti migliori“, ovvero i dati strutturati più appropriati. Per il Googler, nello specifico, JSON-LD è una sorta di evoluzione dei microformati che usa un linguaggio differente al posto degli attributi microdati precedenti, la cui base di partenza è il progetto schema.org, l’organizzazione open-source che cerca nuove soluzioni per integrare i dati semantici nel Web.

E proprio gli utenti della piattaforma Schema, racconta Splitt, hanno realizzato molti più dati semantici di quelli che effettivamente Google e i motori di ricerca riescono a supportare nelle search results pages.

Come aggiungere i dati strutturati sulle pagine

In generale, i dati strutturati sul Web utilizzano Schema.org come vocabolario di riferimento e possono essere incorporati nelle pagine Web utilizzando vari strumenti online, tra cui l’Assistente per il markup dei dati strutturati di Google, o aggiungendo direttamente il codice alle pagine Web.

Per inserire praticamente i dati strutturati sul sito abbiamo essenzialmente due possibilità:

  • Aggiungere manualmente il codice alle pagine del sito.
  • Utilizzare un plugin dedicato, che richiede comunque scelte manuali.

Possiamo scegliere il primo metodo se sappiamo come lavorare con il codice e abbiamo familiarità col processo di creazione e aggiunta dei dati strutturati al sito; i plugin, invece, non richiedono conoscenze tecniche nel codice, ma necessitano comunque di una comprensione della SEO e del funzionamento del markup semantico, oltre di una revisione generale del contenuto e della gestione dei campi obbligatori. Molti di questi plugin aggiungono automaticamente i dati più importanti per la tipologia di sito e possiamo selezionare e determinare quale tipo di contenuto è presente per pagina o articolo, e quindi descrivere la pagina nel modo più appropriato per i motori di ricerca con dati strutturati validi.

In realtà, esiste poi una terza via, che è quella di affidarsi completamente a tool appositi che automatizzano completamente il processo.

Inoltre, per semplificare ancor di più le operazioni, Google mette a disposizione dei webmaster degli elenchi di dati strutturati da copiare, personalizzare e incollare nella pagina del sito, ma anche su schema.org è possibile reperire esempi prelevabili completi di documentazione. Sono presenti script da inserire per implementare i dati strutturati per varie tipologie di informazione o proprietà, come breadcrumb, bullets, nome del sito, sitelinks, contatti, profili social, loghi, corsi, recensioni, video e informazioni scientifiche (tra le voci più recenti).

Come verificare i dati strutturati

I dati strutturati possono essere aggiunti a una pagina utilizzando il vocabolario schema.org oppure taggando i dati nella pagina utilizzando il tool Evidenziatore di dati di Google, e attualmente sono supportate nove categorie di dati, per definire articoli, eventi, attività commerciali locali, film, prodotti, ristoranti, applicazioni software, puntate TV e libri.

Per verificare di aver inserito correttamente le marcature e migliorare le performance dei dati strutturati in pagina, Google aveva inizialmente messo a disposizione di webmaster e sviluppatori Strumento di test per i dati strutturati, che rappresentava la convalida specifica di Google ed era integrato nella Search Console.

Da qualche tempo, però, Google ha abbandonato questo tool, o meglio ha eseguito la migrazione dello strumento a un nuovo dominio – lo Strumento di convalida del markup schema, ospitato su un dominio del sito Schema.org – che funziona essenzialmente allo stesso modo, permettendoci di visualizzare i dati strutturati rilevati per il sito, insieme a eventuali errori nel markup della pagina che possono influire negativamente sulla visualizzazione dei rich snippet o delle altre funzioni.

L’alternativa è il Google Rich Results Test, che permette di convalidare i dati strutturati e visualizzare in anteprima l’eventuale feature che attivano nella Ricerca Google. Anzi, per meglio dire questo strumento serve invece a scoprire se la pagina analizzata supporta i risultati multimediali: i dati strutturati sono molto generici e non sono specifici per l’obiettivo che un sito intende raggiungere implementandoli, e per questo il test sui risultati multimediali ci aiuta a verificare se i markup inseriti funzionano e se Google, quindi, può potenzialmente mostrare le informazioni come rich result.

Dati strutturati e Google: come funzionano i dati strutturati nella Ricerca

Google utilizza i dati strutturati che trova sul Web per comprendere il contenuto della pagina, ma anche per raccogliere informazioni sul Web e sul mondo in generale – in particolare le informazioni su persone, libri o aziende incluse nel markup – e concretamente se ne serve per attivare le sue funzionalità speciali in SERP, ovvero le circa trenta feature che mostrano agli utenti informazioni ricche sulla query appena eseguita.

In genere, Googlebot riesce a riconoscere comunque le entità presenti all’interno delle pagine Web, ma l’utilizzo di dati strutturati garantisce la sicurezza che le informazioni sono prese, interpretare e catalogate nel modo più preciso. Quando recepisce questi dati, Google identifica innanzitutto la nostra entità (Brand o Persona) e poi le relazioni con le altre entità collegate (aziende, prodotti, servizi). In ottica SEO, se i nostri concorrenti non hanno ancora implementato i dati strutturati, questo potrebbe offrirci un vantaggio diretto, come poi diremo anche successivamente.

I risultati visibili dell’utilizzo che Google fa dei dati strutturati sono molteplici: un primo caso è quello dei rich snippet o rich results, le informazioni aggiuntive che compaiono per determinate query. Per esempio, la ricerca di un ristorante potrebbe offrire agli utenti anche il voto medio delle recensioni ottenute e la fascia di prezzo tipica, mentre per un film possono comparire dati su premi vinti o attori protagonisti: nel caso de La Stangata, possiamo marcare l’assegnazione dell’Oscar per la miglior fotografia eccetera. I dati strutturati sono poi alla base del sistema con cui Google crea il Knowledge Graph, il grafo che offre un vantaggio alle entità riconosciute perché simbolo della fiducia che Google ha del sito e del brand.

L’esempio forse più classico è quello di una pagina di ricette: con dati strutturati validi (gli ingredienti, il tempo di cottura e la temperatura, le calorie…) il sito può comparire in un risultato di ricerca grafico, ovvero in un rich result all’interno di un carousel, o possono essere mostrate le reviews e altre informazioni correlate.

Dal punto di vista tecnico, Google spiega che i dati strutturati sono codificati tramite il markup in-page sulla pagina a cui si applicano le informazioni, di cui descrivono i contenuti. Rispetto alle evoluzioni di Schema, però, la Ricerca Google potrebbe non supportare tutti gli attributi e oggetti (che ad ogni modo potrebbero essere utili per altri motori di ricerca, servizi, strumenti e piattaforme), e quindi se il nostro obiettivo è attivare le funzionalità di Search dobbiamo far riferimento solo alla documentazione di Google Search Central per capire quali proprietà sono obbligatorie, consigliate o facoltative per i dati strutturati in casa Google.

Perché usare i dati strutturati: i vantaggi per la SEO

Da tutto quanto scritto possiamo aver già intuito l’importanza dei dati strutturati per un sito, che sono un utile strumento per “parlare” ai motori di ricerca in una lingua per loro più comprensibile.

Se ben usati, i dati strutturati possono supportare il nostro lavoro SEO perché rendono più facile per Google capire di cosa trattano le pagine, i prodotti e il sito web: il compito di Google è sempre quello di comprendere il contenuto di una pagina per dare risposte agli utenti, e usare i dati strutturati è come comunicare direttamente con Google fornendo agli algoritmi indizi espliciti sul significato di una pagina, che potenzialmente possono aiutarci anche in termini di visibilità.

Quando opportuno, infatti, i dati strutturati cambiano l’aspetto dei nostri snippet nella Ricerca, mostrando più informazioni – e più specifiche – agli utenti, che quindi potrebbero avere maggiori probabilità di fare clic sui nostri risultati. Le persone apprezzano i rich snippet – che sono appunto informazioni dettagliate su una pagina web che Google apprende grazie ai dati strutturati – perché possono scoprire immediatamente quali ingredienti servono per una ricetta, quanto è difficile o quanto tempo di preparazione serva, e ancora quante calorie conterrà il piatto; oppure, possono scoprire il prezzo dei prodotti e cosa ne pensano le persone che li hanno comprati.

Insomma: se Google comprende il markup delle pagine, può utilizzare tali informazioni per aggiungere rich snippet e altre funzionalità al tuo risultato di ricerca. Volendo tradurre in altre parole, a Google servono i dati strutturati di un sito e di una pagina, e li utilizza per attivare risultati di ricerca che possono essere più coinvolgenti per gli utenti, che potrebbero essere così incoraggiati a interagire maggiormente con il sito web.

È proprio Google a rivelare i risultati di successo di alcuni case study di siti web che hanno implementato i dati strutturati per il proprio sito:

  • Rotten Tomatoes ha aggiunto i dati strutturati a 100.000 pagine uniche e ha registrato una percentuale di clic del 25% superiore nelle pagine con dati strutturati, rispetto alle pagine senza dati strutturati.
  • Food Network ha convertito l’80% delle sue pagine per attivare le funzionalità dei risultati di ricerca e ha registrato un aumento del 35% delle visite.
  • Rakuten ha rilevato che gli utenti trascorrono 1,5 volte più tempo sulle pagine in cui sono stati implementati i dati strutturati rispetto alle pagine senza dati strutturati e una percentuale di interazione 3,6 volte maggiore sulle pagine AMP con funzionalità dei risultati di ricerca rispetto alle pagine AMP senza funzionalità.
  • Nestlé ha rilevato che le pagine mostrate come risultati avanzati nella Ricerca hanno una percentuale di clic più elevata dell’82% rispetto alle pagine non mostrate come risultati avanzati.

I benefici dei markup per la visibilità organica

Qualche tempo fa, il Search Advocate Daniel Waisberg ha pubblicato un articolo per approfondire il tema, evidenziando che utilizzare i dati strutturati su un sito permette di garantire un’esperienza di ricerca più ricca e può far la differenza tra performance positive e negative – anche alla luce delle nuove tendenze di engagement degli utenti sulle SERP.

Per spiegare i vantaggi concreti dell’uso di dati strutturati, il blog di Mountain View analizza tre esempi concreti di siti che hanno tratto benefici in termini di prestazioni e ranking, ovvero Eventbrite, Jobrapido e Rakuten. Nel primo caso, il sito di gestione e ticketing di eventi

Eventbrite ha sfruttato i dati strutturati per la copertura degli eventi e ha visto un aumento del 100% della crescita del traffico anno su anno dalla ricerca.

L’altro caso di studio citato da Google riguarda il motore di ricerca per la ricerca di offerte di lavoro, Jobrapido, che si è integrato con la job experience su Google Search e ha visto un aumento del 115% del traffico organico, un aumento del 270% delle registrazioni di nuovi utenti da traffico organico e una riduzione della frequenza di rimbalzo del 15% per i visitatori di Google di pagine di lavoro. Infine, il colosso nipponico Rakuten, come già detto, ha utilizzato la recipe search experience (esperienza di ricerca per le ricette) e ha generato un aumento di 2,7 del traffico volte dai motori di ricerca e un aumento di 1,5 volte della durata della sessione.

Tre grandi vantaggi per i website

Ancor più interessanti sono i consigli che arrivano da Google su come usare i dati strutturati per ottenere benefici per il proprio sito online, perché l’articolo elenca alcuni possibili benefit che si generano, sintetizzabili in aumento della brand awareness, evidenziazione del contenuto ed evidenziazione delle informazioni sul prodotto.
Migliorare la brand awareness

I dati strutturati per incrementare la brand awareness

In relazione alla consapevolezza di un brand, l’uso di dati strutturati permette di sfruttare funzionalità come il searchbox con logo, informazioni di Local business e link al sito; oltre ad aggiungere il markup, bisogna verificare il sito per il Knowledge Panel (il Riquadro informativo) e rivendicare l’attività sull’ormai ex Google My Business.
I dati strutturati per i contenuti

Contenuti in evidenza

Chi pubblica contenuti online può invece trarre vantaggio dalle numerose feature che possono promuovere gli articoli e attirare più utenti, a seconda del proprio settore; l’elenco di rich result comprende articoli informativi, breadcrumb, eventi, offerte di lavoro, ricette, recensioni e altro ancora.
ECommerce e dati strutturati

Informazioni di prodotto in evidenza

I benefici possono riguardare anche gli eCommerce che vendono prodotti, perché i dati strutturati in pagina consentono a Google di mostrare immediatamente informazioni come prezzo, disponibilità e punteggio delle recensioni.

Quali errori evitare per le marcature in pagina

Per tirare le somme, abbiamo detto che i dati strutturati stanno acquistando un peso sempre maggiore per Google, che dedica a questi markup un’attenzione specifica e piuttosto costante: il sistema della Ricerca si basa d’altra parte sul tentativo di comprendere nel miglior modo possibile il contenuto di una pagina web, e gli structured data sono un mezzo per fornire a Google indicazioni esplicite sul significato di una webpage.

Essendo un tema piuttosto tecnico, è possibile però incappare in alcuni errori che possono danneggiare la strategia o comunque rendere vano il lavoro eseguito, e qui di seguito proviamo a elencare i principali problemi con i dati strutturati, approfondendo in modo particolare alcuni temi tecnici e uno di carattere più teorico, per così dire.

Di fondo, Google mette in chiaro che se la nostra pagina contiene un problema relativo ai dati strutturati, questo può comportare una azione manuale: al contrario di quelle “generali”, in questo caso non ci sono effetti sul ranking della pagina nella Ricerca Google, ma la pagina perde l’idoneità alla visualizzazione come risultato multimediale.

  1. Non comprendere il valore dei dati strutturati.

Il primo errore è quello a cui accennavamo parlando di teoria: potrebbe essere infatti semplice interpretare in modo sbagliato il valore e il significato dei dati strutturati implementati in una pagina web, e di conseguenza valutare male il loro utilizzo.

È Google a specificare un punto centrale: “L’utilizzo di dati strutturati attiva la presenza di una funzionalità, ma non la garantisce“, e inoltre “non esiste alcuna garanzia che la tua pagina venga visualizzata nei risultati di ricerca con la funzione specificata”.

È sempre Google a decidere se e quando mostrare i dati strutturati

Questo significa che i risultati di ricerca saranno sempre mostrati in base alle interpretazioni dell’algoritmo di Big G e al suo tentativo di offrire all’utente la “migliore esperienza di ricerca“, prendendo in considerazione “molte variabili, tra cui la cronologia delle ricerche, la posizione e il tipo di dispositivo”. Pertanto, l’algoritmo può “in alcuni casi può determinare il fatto che una funzionalità sia più appropriata di un’altra, o anche che lo sia un semplice link blu”, oppure può privilegiare la pagina di un sito concorrente anziché la nostra.

  1. Commettere errori di sintassi.

La sintassi per la corretta marcatura dei dati strutturati è piuttosto rigida e complessa, e quindi non è raro cadere in qualche difficoltà di compilazione o dimenticare di aggiungere una proprietà richiesta o consigliata. Uno degli errori più frequenti è saltare una virgola necessaria, oppure non badare alla case sensitivity, la distinzione tra lettere maiuscole e minuscole cui è soggetta il linguaggio JSON-LD.

Per evitare questo errore si possono usare gli strumenti per i test sui dati strutturati di Google, che consentono di verificare la correttezza delle informazioni durante lo sviluppo, o i rapporti sullo stato dei risultati multimediali dopo il deployment, che permettono di monitorare lo stato delle pagine.

  1. Usare male i dati strutturati.

Come abbiamo cercato di spiegare, i dati strutturati dovrebbero essere” una rappresentazione fedele dei contenuti della pagina”, dei markup che aiutano Google a mostrare risultati più utili e precisi agli utenti. Ne consegue che inserire dei dati strutturati che “non sono rappresentativi del contenuto principale della pagina o sono potenzialmente fuorvianti” è un errore grave, perché va contro il principio stesso dello strumento, così come la guida ufficiale del motore di ricerca ci mette in guardia dal creare pagine vuote solo per includere dati strutturati e dall’aggiungere dati strutturati su informazioni che non sono visibili all’utente, anche se accurate.

Tra i casi di dati non pertinenti Google cita due esempi off-limits, ovvero “un sito di live streaming sportivo che etichetta le trasmissioni come eventi locali” oppure “un sito di lavorazione del legno che etichetta le istruzioni come ricette”. Altri utilizzi sbagliati delle marcature sono creare pagine vuote solo per contenere dati strutturati oppure aggiungerli “su informazioni che non sono visibili all’utente, anche se queste sono accurate”. Sembra comunque chiaro che agire in questo modo dà luogo a storture che non servono all’ottimizzazione onpage.

  1. Bloccare l’accesso di Googlebot .

Anche il quarto punto è molto tecnico: un errore diffuso, per quanto ingenuo, è bloccare l’accesso di Googlebot alle pagine implementate da dati strutturati usando uno dei metodi di controllo come robots.txt, noindex o altri sistemi. Così facendo, com’è chiaro, si impedisce la corretta scansione del contenuto e, in pratica, si rendono inutili i dati strutturati, che non possono essere usati da Google per l’indicizzazione né mostrati in SERP.

  1. Gli errori frequenti per categoria di dati strutturati.

Nella linee guida sul tema Google presenta anche un utile elenco di errori, problemi e malfunzionamenti comuni dei dati strutturati, suddiviso per categoria di marcatura.

  • Ad esempio, nella categoria eventi si riscontrano due tipi di sbagli: utilizzare in markup in pagina ma non avere effettivamente contenuti relativi a eventi visibili, oppure utilizzare testi che appaiono maggiormente “finalizzati a promuovere o vendere l’evento che non a descriverlo”. Il problema di presentare una marcatura che non ha attinenza con il contenuto si verifica anche con la categoria delle ricette
  • Contenuto in pagina che non corrisponde al markup. Nel campo delle offerte di lavoro, invece, gli errori sono più numerosi: oltre a quello generico di non concordanza tra markup e contenuto in pagina, Google cita anche l’impossibilità per l’utente di presentare la propria candidatura per il posto e la mancata corrispondenza tra il markup e la descrizione del lavoro visibile all’utente. Ritenuti gravi anche la presenza in pagina di documentazione di lavoro fuorviante e la scarsa qualità dell’offerta (ovvero se è “richiesto un pagamento per presentare la candidatura o il lavoro sembra essere falso”).
  • I problemi con i dati strutturati di elenchi e prodotti. Tra le voci elenco è incorretto trattare le varie voci come un singolo elemento quando si assegnano le proprietà dell’oggetto: in particolare, “eseguire il markup di una sola entità della categoria tra quelle elencate nella pagina va contro le nostre linee guida”, sottolinea Google. Pertanto, si deve evitare di assegnare una singola valutazione di revisione o una posizione a un elenco di elementi, così come non bisogna considerare gli elenchi come singoli elementi.Molto specifiche anche le indicazioni sui prodotti e sulle loro recensioni. Innanzitutto, c’è una serie di regole precise per l’indicazione del nome del prodotto, che non deve essere identificato semplicemente attraverso il brand della società di produzione o di vendita né con una sua descrizione: è valida l’indicazione Nexus 5X, dice Google, ma non “Telefoni Android” o “Telefoni Nexus più venduti”.
  • Riguardo al markup di recensioni ci sono altre raccomandazioni stringenti: è ritenuta sbagliata una recensione scritta dal sito o dalla persona che fornisce il prodotto o il servizio, mentre sono accettate quelle realizzate da un cliente o da un revisore indipendente e non retribuito. Inoltre, se una pagina mostra delle recensioni deve anche offrire agli utenti la possibilità di sottoporre la propria opinione, con la sola eccezione di una recensione singola e d’autore riconosciuto.

Le norme sulla qualità per i dati strutturati

Infine, ci sono delle regole più generali che riguardano il corretto approccio all’implementazione dei dati strutturati sulle nostre pagine, che ad esempio non devono violare le classiche linee guida di Ricerca Google per i contenuti, comprese quelle relative allo spam, così come sono elencate delle norme sulla qualità.

  1. Contenuti.
  • Fornire informazioni aggiornate, perché Google non mostrerà risultati avanzati per contenuti obsoleti non più pertinenti.
  • Fornire contenuti originali generati da noi o dai nostri utenti.
  • Non eseguire il markup di contenuti non visibili ai lettori della pagina: ad esempio, se il markup JSON-LD descrive un artista, il corpo HTML deve descrivere lo stesso artista.
  • Non eseguire il markup di contenuti irrilevanti o fuorvianti, come recensioni fittizie o contenuti estranei all’argomento di una pagina.
  • Non utilizzare dati strutturati per ingannare o fuorviare gli utenti; non rubare l’identità a persone o organizzazioni e non rappresentare in maniera ingannevole la nostra proprietà, affiliazione o scopo principale.
  • I contenuti dei dati strutturati devono inoltre rispettare le linee guida o le norme sui contenuti aggiuntive, come documentato nella guida della funzionalità specifica. Ad esempio, i contenuti nei dati strutturati JobPosting devono rispettare le norme relative ai contenuti delle offerte di lavoro. I contenuti nei dati strutturati di tipo Esercitazioni devono rispettare le linee guida relative ai contenuti di tipo Esercitazioni.

 

  1. Pertinenza. I dati strutturati devono essere una rappresentazione fedele dei contenuti della pagina, e Google segnala come esempi di dati non pertinenti:
  • Un sito di live streaming sportivo che etichetta le trasmissioni come eventi locali.
  • Un sito sulla lavorazione del legno che etichetta le istruzioni come ricette.

 

  1. Completezza.
  • Specificare tutte le proprietà obbligatorie elencate nella documentazione relativa al tipo di risultato avanzato specifico; gli articoli per cui non vengono specificate proprietà obbligatorie non sono idonei per i risultati avanzati.
  • Più proprietà consigliate forniamo, maggiore è la qualità dei risultati per gli utenti. Ad esempio, gli utenti preferiscono le offerte di lavoro con l’indicazione esplicita del salario, rispetto a quelle che non la riportano, e le ricette con recensioni di utenti reali e valutazioni a stelle autentiche (le recensioni o le valutazioni non provenienti da utenti reali potrebbero comportare un’azione manuale). Il ranking dei risultati avanzati prende in considerazione informazioni aggiuntive.

 

  1. Località.
  • Inserire i dati strutturati nella pagina che descrivono, se non diversamente specificato dalla documentazione.
  • Se disponiamo di pagine duplicate per lo stesso contenuto, ti consigliamo di inserire gli stessi dati strutturati in tutte le pagine duplicate, non solo in quella <a href=”https://www.seozoom.it/rel-canonical-cosa-sono-e-come-suggerire-a-google-gli-url-canonici/”>canonica</a>.

 

  1. Specificità.
  • Utilizzare, per quanto possibile, il tipo e i nomi delle proprietà applicabili più specifici definiti da schema.org per il markup.
  • Seguire tutte le linee guida aggiuntive fornite nella documentazione per il tipo specifico di risultato avanzato.

 

  1. Immagini.
  • Nello specificare un’immagine come proprietà dei dati strutturati, è importante che l’immagine sia pertinente alla pagina in cui si trova; ad esempio, se definiam la proprietà image di NewsArticle, l’immagine deve essere pertinente all’articolo di notizie in questione.
  • Tutti gli URL immagine specificati nei dati strutturati devono poter essere sottoposti a scansione e indicizzati; in caso contrario, la Ricerca Google non riesce a trovarli e visualizzarli nella pagina dei risultati di ricerca.

 

  1. Più elementi in una pagina.

Più elementi in una pagina significa che nella pagina sono presenti più tipi di elementi: ad esempio, una pagina potrebbe contenere una ricetta, un video che mostra come realizzarla e informazioni breadcrumb relative al modo in cui gli utenti possono trovare la ricetta. Tutte queste informazioni visibili agli utenti possono anche essere sottoposte a markup usando i dati strutturati, consentendo così ai motori di ricerca come la Ricerca Google di comprendere più facilmente le informazioni presenti in una pagina. Se aggiungiamo più elementi a una pagina, la Ricerca Google può ottenere un quadro più completo del tema che tratta e visualizzarla in diverse funzionalità di ricerca.

Esempi di risultati con più elementi

La Ricerca Google comprende più elementi in una pagina, sia nel caso di annidamento che di specifica di ogni elemento singolarmente, e in particolare:

  • Annidamento. Quando c’è un solo elemento principale e gli elementi aggiuntivi vengono raggruppati sotto tale elemento – una soluzione particolarmente utile per raggruppare elementi correlati, come una ricetta con un video e recensioni.
  • Singoli elementi. Quando ogni elemento è un blocco separato nella stessa pagina.

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