SEO Copywriting, la guida completa e definitiva alla scrittura strategica

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La scrittura SEO è ormai diventata sinonimo di scrittura di bassissima qualità, di articoli quasi illeggibili, con keyword inserite quasi sempre forzatamente, ridondanti nelle frasi e palesemente scritti per l’unico obiettivo di guadagnare traffico dalle ricerche di Google. Nel tempo, si è insomma perso di vista lo scopo reale di ogni tipo di informazione: rivolgersi alle persone per comunicare qualcosa nel modo più leggibile e semplice da comprendere. Scriveva così Ivano Di Biasi nell’introduzione all’ebook SEO Copywriting moderno”, ma in realtà è Google stesso a confermare che c’è bisogno di un nuovo approccio al SEO copywriting, e l’Helpful Content System va proprio in questa direzione, privilegiando i contenuti scritti dalle persone per le persone e declassando i testi creati con l’obiettivo prioritario per accontentare i motori di ricerca e guadagnare posizioni di visibilità in SERP, senza utilità per gli utenti. La nostra guida cercherà quindi di analizzare cosa significa SEO copywriting oggi, quali sono le basi della scrittura orientata al risultato e quali gli strumenti utili per supportare il lavoro quotidiano del SEO copywriter.

Che cos’è il SEO Copywriting (o cosa dovrebbe essere)

In chiave moderna, il SEO copywriting è un insieme di tecniche e competenze necessarie a scrivere testi ottimizzati per cercare di intercettare il pubblico giusto al momento giusto nel punto giusto.

Se la SEO in generale è il lavoro olistico per migliorare un sito Web allo scopo di raggiungere un posizionamento elevato sui motori di ricerca, in particolare Google, il SEO copywriter si concentra specificamente sul processo di creazione dei contenuti, assicurando che il testo offra il massimo valore e leggibilità sia per Google che per gli utenti regolari alla ricerca di informazioni.

Dobbiamo sempre tener presente, infatti, che SEO significa pensare a Google e ai motori di ricerca, ma anche offrire valore aggiunto agli utenti reali e umani, che sono il vero riferimento di tutta l’attività online. Google è la vetrina che permette ai nostri contenuti di trovare lettori e alle persone di trovare i nostri contenuti: il nostro obiettivo finale è essere letti e portare il lettore a completare l’azione che abbiamo in mente, la conversione – di qualsiasi tipo essa sia.

Nell’accezione più attuale, quindi, scrivere SEO non è solo concentrarsi sulle keyword e sui topic ricercati secondo le indicazioni degli strumenti di analytics, ma compiere una serie di azioni strategiche incentrate sugli utenti, cercando di soddisfare il search intent – il bisogno originario che muove le ricerche delle persone – meglio di altre pagine online. Significa pensare all’utente finale (di ogni tipologia, cliente, consumatore, lettore e via così) presentando articoli interessanti e leggibili, non sottrarre tempo prezioso alla sua navigazione ma anzi arricchire la sua esperienza e, possibilmente, risolvere il problema particolare che lo ha portato sul motore di ricerca prima, e sul nostro sito poi.

Capire cosa stanno cercando gli utenti attraverso il motore di ricerca e perché lanciano le query ci aiuterà a incontrarli esattamente dove sono con ciò di cui hanno bisogno e nel formato più utile: questo si traduce non in semplice traffico organico, ma in traffico di qualità, di utenti già targettizzati e interessati a ciò che possiamo offrire in quel preciso momento.

Chi è oggi il SEO copywriter e quali sono le sue sfide

Quando parliamo di SEO copywriting facciamo riferimento a una vera e propria “arte” (e spesso infatti gli esperti stranieri usano proprio questo termine) che combina la capacità di scrivere in modo tale da attrarre lettori e, allo stesso tempo, trovare il gradimento dei motori di ricerca, per aiutare il sito a classificarsi meglio nei risultati di ricerca.

Per centrare gli obiettivi non basta semplicemente conoscere superficialmente l’intento di ricerca, distinguendo se l’intent sia Informational, Transactional, Commercial o Navigational; quello che ci serve è sapere cosa dobbiamo offrire agli utenti che presentano delle necessità e come farlo nel modo giusto, provando a capire cosa abbia appreso Google dalle tante richieste che gli vengono fatte ogni giorno.

Il tutto deve essere fatto in tempo reale, per di più!

Per questo motivo, data anche l’estrema ampiezza delle possibilità di testi per il Web – articolo di giornale, contenuto informativo ampio, flash news, schede prodotto eccetera eccetera – non ha molto senso proporre consigli pratici e generici su come si scrive un contenuto, perché quello è un processo personale e soggettivo, che dipende anche dal tipo di articolo che siamo chiamati a produrre. Piuttosto, è più utile fornire spunti per sviluppare il giusto approccio alla scrittura orientata al risultato, valido per ogni tipo di contenuto e lavoro, che ci possa aiutare a raggiungere gli obiettivi.

I compiti del SEO copywriter

Provando a sintetizzare al massimo, l’attività del SEO copywriter prevede la creazione di contenuti che:

  • Google può capire e indicizzare.
  • Forniscono risposte o informazioni pertinenti per le query di ricerca.
  • Le persone trovano abbastanza coinvolgenti da leggere e condividere.
  • Sono strutturati e organizzati in modo che gli utenti e i motori di ricerca possano entrambi leggere e comprendere facilmente.
  • Mirano a parole chiave, frasi e topic che gli utenti stanno cercando su Google.
  • Incoraggiano i lettori a intraprendere un’azione specifica, ad esempio acquistare un prodotto, iscriversi a una newsletter e così via: questa capacità persuasiva è per così dire un obiettivo aggiuntivo del copywriting SEO.

Scrivere per il web tenendo un occhio sulla SEO non significa allora seguire in maniera acritica linee guida, best practices, i famosi semafori dei tool, o pensare di inserire tutte le keyword suggerite senza badare al contesto, ma riuscire a compiere uno scatto per realizzare prima di tutto un articolo capace di rispondere a dubbi ed esigenze dei lettori.

La prima cosa da fare – banale solo in apparenza – è scrivere bene, cioè non soffermarsi unicamente sulle parole chiave, ma fare attenzione a concordanze e punteggiatura, non calpestare la sintassi e, soprattutto, non commettere errori grammaticali.

La capacità del copy moderno sta quindi nel trovare il modo giusto per rispondere a un bisogno dell’utente e accompagnarlo nella scoperta delle informazioni attraverso la forma e la struttura dell’articolo, ma anche con il linguaggio, che non dovrebbe essere né troppo cattedratico, difficile e tecnico, né troppo banale e comune. Per convincere a compiere un’azione, il copy deve esser capace di farsi leggere, deve trattenere e intrattenere il lettore, offrendo inediti spunti di riflessione, storie che ha voglia di conoscere, contenuti che stimolino anche ulteriori approfondimenti.

Il professionista della scrittura deve anche coltivare e sviluppare il suo “linguaggio”, che significa non solo scelta delle parole, ma consapevolezza su dove, come, quando e quanto devono essere scritte per ottenere un messaggio che abbia risposte significative in termini di risultati e raggiungimento degli obiettivi.

Scrivere SEO oggi: scrittura strategica e orientata al risultato

Il SEO copywriting moderno è quindi un mix di analisi, competenze di SEO on-page, capacità di fare keyword research e creatività. Il focus deve essere sempre incentrato sui visitatori, cercando di capire e incontrare prima di tutto i loro bisogni senza mai dimenticare lo sguardo necessario a intercettare le preferenze dei motori di ricerca.

Fino a qualche anno fa, si faceva una netta distinzione tra copywriting puro e SEO, considerando questi due campi in qualche modo affini, ma non complementari. Nulla di più sbagliato, perché la scrittura di contenuti è un aspetto fondamentale (e spesso sottovalutato) per il successo di un sito web, a prescindere dalla sua tipologia. Per fare un esempio, scrivere un testo che sia “artistico” o “poetico” può andar bene dal punto di vista grammaticale, ma difficilmente servirà agli utenti; d’altra parte, fissarsi solo sulle buone pratiche di ottimizzazione di una pagina web (e quindi compilare quasi in modo schematico i contenuti per title, meta description, URL, tag heading e via così) rischia di non offrire valore aggiunto rispetto ad altri siti.

Che si tratti di un blog personale o aziendale, di una testata informativa o di un eCommerce, i siti web tendono a un unico obiettivo: ottenere visite, lead e dunque conversioni per guadagnare. E il mezzo per raggiungere gli utenti sono i contenuti offerti, che vengono scansionati, indicizzati e valutati dai motori di ricerca con i loro criteri misteriosi e matematici.

In tal senso, non ci può essere distinzione tra tecnica (SEO) e creatività (copywriting), perché solo unendo queste due anime si può dar vita a un progetto vincente, con pagine e articoli che siano ottimizzate per i motori di ricerca, che generino traffico organico, mettano a disposizione dei visitatori le informazioni cui hanno bisogno e che siano di facile utilizzo e comprensione.

Volendo utilizzare una formula provocatoria, possiamo allora dire che in senso assoluto “non esiste il SEO copywriting“, perché non si può pensare di scrivere soltanto rispettando l’elenco delle regole SEO più o meno canonizzate senza, però, badare davvero al modo in cui offriamo informazioni al lettore, che si aspetta e pretende contenuti di qualità (che altrimenti cercherà su altri siti). È anche per questo che si stanno diffondendo altre formulazioni per definire questa attività, come scrittura strategica o copy orientato al risultato, che comunque non cambiano la sostanza: la scrittura di contenuti per un sito web deve produrre testi che siano perfetti per il motore di ricerca e che rispondano adeguatamente alle esigenze dei nostri lettori in ogni fase del loro percorso di ricerca o search journey.

Possiamo andare ancora oltre con la provocazione, cercando di rimettere in primo piano il fattore umano: di sicuro la tecnica e le tecniche contano, ma sono poi la creatività, l’ingegno e le capacità personali del copy a fare davvero la differenza. Ragionando per paradossi, se valesse solo la parte tecnica e se la scrittura strategica fosse solo “applicare perfettamente le regole per posizionare un contenuto”, tutti i siti attinenti a un certo tema (descritto da alcuni parametri e concetti definiti) sarebbero sostanzialmente uguali, ugualmente attraenti per il lettore, in linea con le risposte che l’utente cerca. La realtà è ben diversa – e anche copiare è un’arte! – e il livellamento verso il basso notato nelle SERP di Google dipende proprio dalla scarsa cura della realizzazione dei contenuti.

Ma scrivere articoli SEO non è un processo meccanico, perché il copy deve ingegnarsi per raggiungere due obiettivi: creare qualcosa di interessante per gli utenti, soddisfare le loro domande e le curiosità, e contemporaneamente assecondare i criteri dei motori di ricerca, le regole di Google e riuscire ad anticipare l’intento di chi cerca.

Il SEO Copywriting non è solo posizionare un articolo

Solo se i testi sono persuasivi, performanti e ottimizzati dal punto di vista SEO possono riuscire a convincere il pubblico e sono adatti a conquistare le posizioni più alte su Google: quindi, chi scrive online deve imparare a pensare in ottica SEO e, allo stesso tempo, chi lavora per migliorare le performance dei siti non può trascurare l’importanza dei contenuti.

Serve quindi un approccio strategico alla creazione dei testi, comprendendo che strategia significa anche avere la consapevolezza del proprio settore, degli utenti e dei contenuti del proprio sito web, perché solo in questo modo possiamo gestire ogni aspetto in modo tempestivo e, anzi, anticipando cosa potrebbe accadere e quando (ovvero, intercettare le tendenze stagionali per essere pronti al momento del picco di traffico).

Come autori di contenuti, dobbiamo pertanto chiederci in che modo la nostra pagina web può fornire una risposta utile agli utenti, considerando il beneficial purpose che possiamo offrire e che ci distingue anche dai competitor. A livello ideale, prima di digitare le parole sull’editor testuale dovremmo avere già chiari in mente gli obiettivi da raggiungere e le risposte a domande del tipo:

  • Per chi sto scrivendo questo contenuto?
  • Come cercherei quello che sto scrivendo se fossi un utente di Google?
  • Riuscirà Google a capire che sto rispondendo a una domanda specifica dell’utente?
  • Quali parole chiave sono realmente necessarie nel testo? Quali keyword invece possono portare off topic il mio articolo e ottenere quindi l’effetto contrario in SERP?
  • Di quali argomenti hanno parlato i miei competitor in pagine simili? E perché Google ha premiato i loro contenuti?
  • Quando sarà ricercato questo topic? E quanto prima devo lavorarci?

La passione e la scrittura scriteriata da sole non bastano a garantire il successo di un articolo e di una pagina, perché è necessario piuttosto un cambio di prospettiva: sapere esattamente cosa serve al nostro contenuto per diventare competitivo e avere più chance di posizionarsi su un’ampia gamma di parole chiave.

Piccolo spoiler: possiamo fare tutte queste operazioni grazie ai tool di SEOZoom per il SEO copywriting, che sono appunto strumenti che velocizzano l’analisi di ogni aspetto legato alla produzione di contenuti strategici, semplificano il lavoro di scrittura e riducono i margini di errore. In particolare, il motore di SEOZoom riesce a elaborare l’intent per tutti i topic in tempo reale, grazie a un algoritmo in grado di cogliere le intenzioni di ricerca degli utenti nel momento preciso in cui ci serve l’informazione, appunto in tempo reale, con tutte le indicazioni utili per creare contenuti adeguati.

Grazie (anche) a questo, è ancora possibile scrivere contenuti di qualità e approcciare al SEO Copywriting in ottica di qualità, smettendo di scrivere per parole chiave e di produrre a iosa e iniziando invece a curare ogni contenuto pensando al lettore e all’utilità che ne può trarre. Un copy che sappia essere sia tecnico che creativo rappresenta sicuramente un valore aggiunto per chi ha progetti online, e dal punto di vista personale può riuscire a offrire se stesso e la propria attività in maniera più efficace come “produttore” di articoli, testi e pagine web, lavorando anche sull’inbound marketing.

Have great content, l’importanza della qualità

Volendo provare a racchiudere tutte queste informazioni e considerazioni in una sola espressione, possiamo tornare a fare riferimento alla classica formula “contenuto di qualità” che ritorna sempre più spesso anche nelle comunicazioni di Google e racchiude tutto quello che un testo dovrebbe essere e avere per piacere a motori di ricerca e utenti.

Per la precisione, le fonti ufficiali di Mountain View usano la frase “have great content“, che possiamo appunto tradurre in scrivere articoli e contenuti di qualità: un esempio lo abbiamo nella comunicazione dei periodici broad core update di Google, con Danny Sullivan (la voce pubblica della compagnia sui social) che rilancia puntualmente un suo vecchio tweet in cui definisce la produzione di contenuti di qualità l’unico segreto per non preoccuparsi (troppo) di esser colpiti e continuare a ottenere buoni risultati.

Nonostante un approccio diverso e molto più tecnico, anche per Martin Splitt, developer advocate a Google, i contenuti sono il primo dei fattori SEO da curare sui siti: in particolare, Splitt dice che, in base alla sua esperienza e competenza, i contenuti devono essere buoni e di qualità, con uno scopo (purpose) per l’utente. Per lui, il contenuto ideale ” dice dove sei, cosa fai, come mi aiuti con quello che sto cercando di raggiungere”, e soprattutto deve capire ciò che cercano e ciò di cui hanno bisogno gli utenti, parlando la loro stessa lingua. È quello che possiamo definire come l’intento dell’utente, il search intent, la scintilla che muove l’azione delle persone sul motore di ricerca.

Quindi non dobbiamo limitare il copywriting o la professione di scrivere testi SEO a cercare di produrre qualcosa per i robots di Google e degli altri motori di ricerca: il target finale è sempre l’utente “umano”, il lettore, che premierà o penalizzerà un articolo in base al contenuto che vi ritrova e alla rispondenza (o meno) alle sue richieste originali che lo hanno portato fin lì.

È ancora una volta Danny Sullivan di Google a sottolineare questo aspetto, che rappresenta la regola d’oro per chi vuole diventare copywriter SEO e non solo: l’obiettivo non è scrivere per i robots, ma produrre contenuti in un linguaggio che incontra quello utilizzato e richiesto dai lettori, che secondo il Google’s public Search Liaison dovrebbe essere anche la filosofia che guida il “buon giornalismo”.

Accontentare gli utenti e Google

Ma possiamo allargare ulteriormente il nostro campo di analisi per rileggere in questa ottica anche le ultime e più recenti modifiche alle documentazioni ufficiali del motore di ricerca, in cui emerge chiaramente l’invito a curare, pensare e rispettare il lettore: la page experience, il product reviews system, il citato helpful content system, ma soprattutto le linee guida per la SEO e le linee guida per i quality raters mettono al centro l’utente, la soddisfazione delle sue esigenze e la realizzazione dello scopo che ha portato quella persona a usare Google.

Provando a semplificare e sintetizzare, scrivere appositamente per Google rende quasi inevitabilmente la scrittura rigida e ripetitiva, con parole chiave infilate in ogni frase e in ogni occasione per cercare di massimizzare i risultati. Ma non è così che gli umani parlano naturalmente e non è così che Google cerca la qualità delle pagine da mostrare in SERP, e difatti oggi se lavoriamo in questo modo non abbiamo rendimenti proficui. D’altra parte, però, anche scrivere specificamente per il pubblico senza alcuna considerazione per Google può portare a scarsi risultati, perché i contenuti probabilmente non si classificheranno bene perché non sono sufficientemente SEO-oriented e in topic su intenzioni e interessi di ricerca.

Serve quindi cercare il giusto compromesso, scrivere pensando sia a Google che al pubblico umano, per cercare di raggiungere il massimo potenziale SEO.

Sullo sfondo, poi, resta il discorso legato alla percezione che il motore di ricerca ha del nostro sito e di noi come autori, che si sintetizza nel cosiddetto paradigma EAT: i parametri principali da rispettare per scrivere un articolo che ha potenzialità di posizionarsi sono quelli di qualità, pertinenza, significato, usabilità e contesto (come chiarito dalla guida ai sistemi di ranking della Ricerca), ma a questi si aggiungono le valutazioni su come la competenza, l’autorevolezza e l’affidabilità di sito e creatori di contenuti, che servono a Google per aumentare il livello di sicurezza nel fornire una risposta efficace all’utente e più vicina possibile alla richiesta iniziale.

Come scrivere un articolo SEO

Persuasione, ma non solo: il SEO copywriting è insomma un’attività complessa e delicata, e chi ha il compito di scrivere articoli per il Web è chiamato quindi a impegno sostanzioso e costante. Anche perché, nonostante quello che si verifica spesso, il lavoro non termina quando si mette l’ultimo punto al pezzo o quando si pubblica online: l’ottimizzazione di un articolo può avvenire anche in un secondo momento, per verificare in maniera precisa l’andamento e la risposta di utenti e motore di ricerca al contenuto e cercare di migliorare le performance utilizzando gli strumenti di scrittura online, come l’assistente di SEOZoom.

Entrare nell’ottica della scrittura strategica significa comprendere che, a prescindere dalla tipologia di sito web per cui vengono prodotti, i contenuti rappresentano uno degli aspetti fondamentali per ottenere un buon posizionamento, e che devono sempre provare a rispondere a esigenze specifiche degli utenti, nel modo più gradito dal motore di ricerca.

Come abbiamo provato a chiarire, la creazione di un buon contenuto è il frutto di creatività, ricerca e analisi: se i testi sono persuasivi, performanti e ottimizzati dal punto di vista SEO, convinceranno il pubblico e saranno adatti a conquistare le posizioni più alte sui motori di ricerca. Il giusto approccio alla scrittura orientata al risultato inizia quindi dalla consapevolezza: semplificando, prima di creare qualsiasi testo, dalla scheda prodotto di un e-Commerce a un articolo di giornale, è importante conoscere e comprendere quale sia il vero intento dietro alla specifica query che interessa il nostro business, o rischiamo di pubblicare pagine online che non ottengono i risultati sperati e scrivere articoli che non si posizionano.

Guardando nello specifico una singola pagina editoriale, possiamo provare a definire un potenziale processo-tipo di scrittura, che segue questo percorso:

  • Keyword research strategica.
  • Identificazione del focus da dare all’articolo.
  • Analisi dei competitor.
  • Ricerca delle fonti.
  • Scrittura dell’articolo.
  • Suddivisione del pezzo in paragrafi e sottoparagrafi.
  • Inserimento dei link interni, a pagine utili del proprio sito.
  • Inserimento di eventuali link esterni, verso fonti autorevoli e affidabili.
  • Ottimizzazione del titolo e degli altri heading.
  • Ottimizzazione dell’URL.
  • Ottimizzazione della meta description.
  • Inserimento della giusta categoria all’interno del sito.
  • Selezione corretta e coerente dei tag.
  • Scelta e cura delle immagini.
  • Pubblicazione.
  • Promozione dell’articolo sui social o su altri canali.
  • Verifica del rendimento e ottimizzazione del contenuto a distanza di un certo lasso di tempo.

I consigli per scrivere un articolo strategico

In maniera molto sintetica, per scrivere in ottica SEO è fondamentale eseguire una keyword research, una lista ragionata di parole chiave sulle quali “agire” per posizionare il contenuto, che rappresenta in pratica la base della strategia online perché consente di scoprire quali sono gli intenti degli utenti online, le domande che si fanno e i topic di rilievo, e dunque di avere indicazioni pratiche per produrre un articolo interessante. In ottica moderna, per la keyword research bisogna imparare a valutare stagionalità, potenzialità, concorrenza del tema, privilegiare le keyword di long tail e non le vanity keyword, che sono effimere, e così via.

Effettuata questa attività può iniziare il percorso nel web copywriting, perché solo dopo aver individuato l’intento di ricerca del pubblico possiamo cercare di “tradurlo” in forma scritta nel miglior modo possibile, toccando i punti e gli argomenti essenziali per le persone e non “tradendo” l’italiano e le regole che abbiamo appreso tutti alle scuole dell’obbligo.

Un segno di autorevolezza e utilità del testo può arrivare anche dall’impiego di sinonimi, variazioni linguistiche, plurali e parole che appartengono allo stesso campo semantico della keyword principale e delle altre parole chiave dell’articolo, per offrire al lettore un articolo più complesso e dimostrare di possedere un vocabolario ampio e pertinente al tema. In questa attività rientra anche l’ottimizzazione delle keyword, secondarie e correlate, che aiutano l’estensione semantica del contenuto.

Come nel vecchio giornalismo, poi, la fase centrale del lavoro di un copy SEO è quella della ricerca delle fonti:  trovare un tema per un articolo e superare la “sindrome del foglio bianco” può essere un compito abbastanza arduo, ma i professionisti più esperti sanno trovare riferimenti online per individuare studi, statistiche, novità, tendenze e ricerche che possano essere lo spunto iniziale per testi di argomento generale o di settore.

Non meno utile è studiare i competitor online, monitorare il loro lavoro in generale e su alcuni temi di tendenza, scoprire quali sono i risultati che Google premia per la parola chiave su cui si è al lavoro. Questo consente non solo di conoscere la concorrenza, ma anche di iniziare a vedere come il motore di ricerca tratta l’argomento, quali contenuti premia, che tipo di taglio predilige e che informazioni ritiene fondamentali per gli utenti.

Dobbiamo cioè andare alla ricerca del focus da dare al contenuto, ricordando che Google analizza e valuta tutti i competitor affini per tematica per posizionare un contenuto, e quindi è importante conoscere ciò che affrontiamo, sia per capire effettivamente le nostre potenzialità, sia per riuscire a toccare i tasti giusti e non andare fuori fuoco.

In definitiva, scrivere un articolo per un sito non è troppo diverso dal farlo per un giornale cartaceo: cambia il mezzo e, in alcuni casi, bisogna adeguare il tono alla rapidità richiesta dal Web, ma in linea di massima gli scopi sono gli stessi.

Vale a dire, produrre un contenuto che offra un valore aggiunto per il sito, che dia informazioni al lettore, che sia interessante, originale, utile, con keyword ben contestualizzate e non usate a sproposito, che si faccia leggere e che possa incentivare le persone a tornare successivamente per scoprire i nuovi contributi.

Una guida al SEO copywriting

Questi obiettivi si raggiungono anche con il giusto approccio all’organizzazione del contenuto: non dovremmo mai dimenticare di badare anche alla forma e alla sintassi del contenuto offerto, perché forse Google ancora non ha imparato a penalizzare i testi scritti male, ma la qualità e la competitività possono passare anche da dettagli come l’aspetto grammaticale, oltre che dall’originalità dell’argomento e delle parole. In verità, i motori di ricerca stanno già andando in una direzione più umana, per così dire, al punto che oggi non serve più forzare il testo con la combinazione specifica di una keyword che si intende posizionare, perché è meglio puntare a una scrittura fluida e comprensibile; dal punto di vista pratico, una key sgrammaticata come “SEO copywriting cos’è” non va inserita in modo innaturale nel testo, ma può essere diluita perché Google e i suoi competitor sono diventati abbastanza smart da capire cosa si sta scrivendo e, al massimo, si può impiegare quella stringa precisa in un tag title, senza piegare a tutti i costi la sintassi e la grammatica alle ragioni della scrittura SEO.

In ottica ottimizzazione del contenuto, poi, è utile importante fare attenzione a dettagli tecnici come tag title, H1 e URL, imparando a tradurre in parole di senso compiuto le informazioni che si ottengono dai tool di SEOZoom per scrivere contenuti di qualità e soddisfare le esigenze del pubblico. È bene ribadirlo: senza capire le esigenze del target e senza un’adeguata azione analitica è più difficile ottenere riscontri in termini di posizionamento sui motori di ricerca, e di sicuro è più complesso riuscire a scegliere le parole chiave più adatte all’obiettivo finale.

Si comincia dal titolo o tag title, che dovrebbe quanto più possibile chiarire e descrivere subito l’argomento del testo, proponendo anche la keyword ritenuta principale, e poi si prosegue con un mix di norme che fanno riferimento non solo alle tecniche SEO, ma anche al copywriting e alla scrittura in senso generale, e che dunque hanno un occhio di riguardo alla leggibilità. E perciò, bisogna prestare attenzione alla qualità del contenuto, senza ripetere parole a caso o fare “keyword stuffing” (ripetizione acritica e massiva delle parole chiave all’interno del testo, in genere utilizzate in maniera forzata e poco naturale), inserire dei grassetti, preoccuparsi della lunghezza e dell’originalità dell’articolo, curare il permalink, realizzare una meta description chiara ed esaustiva, pensare a dei collegamenti interni per agevolare la navigazione degli utenti e aumentare la loro permanenza sul sito, ottimizzare le immagini e inserire eventualmente anche altri media che possano rappresentare un valore aggiunto.

I miti del SEO copywriting: Word Count e Keyword Density

A proposito di scrittura SEO, negli anni si sono consolidate alcune credenze o veri e propri miti relativi ad alcuni parametri che garantirebbero un posizionamento dei contenuti, e in particolare il word count (il conteggio delle parole del testo) e la keyword density (la percentuale di presenza della keyword obiettivo rispetto al totale delle parole del testo).

Sul primo fronte, si ritiene solitamente che la lunghezza del testo possa avere un peso, perché a Google piacciono testi estesi e ricchi di informazioni; è però ancora Splitt ad affermare categoricamente che il conteggio delle parole non è un fattore di ranking, perché l’unico criterio a cui far riferimento è comprendere il search intent dell’utente. In un episodio della serie su YouTube SEO Mythbusting season 2, dedicato proprio ai contenuti e ai tanti falsi miti che circondano questo topic, il Developer Advocate spiega che possiamo “dire ciò che l’utente ha bisogno di sapere in 50 parole, 100 o 2000, sono tutte quantità assolutamente accettabili a seconda dei reali bisogni delle persone”, dice, e non dobbiamo cercare di raggiungere una quota precisa in modo forzata, “ripetendo sempre gli stessi concetti senza alcun beneficio per chi legge”.

Ma cosa fare quando “tu hai scritto un contenuto di 500 parole su un topic specifico o keyword per la quale intendi classificarti, e vedi che tutti i competitor sono posizionati con articoli da quattromila parole?”, chiede l’esperta SEO Lily Ray, ospite della puntata: pur non essere tecnicamente un fattore di ranking, il word count potrebbe quindi essere un buon indicatore del fatto che gli utenti (e Google) si aspettino contenuti più lunghi, aggiunge. Splitt non si esprime direttamente sulla questione, commentando semplicemente con un “dipende: se li vedete in alto, non è solo perché hanno pagine con un alto numero di parole”, per poi ribadire che, anche in questo caso, serve capire “di cosa hanno bisogno gli utenti”. Quindi, se una persona sta cercando una domanda che può essere soddisfatta con una risposta rapida, un contenuto più breve dovrebbe essere la miglior corrispondenza, e comunque non ha senso estendere la lunghezza del contenuto per raggiungere un certo numero di parole.

Sul fronte della cosiddetta keyword density, sono probabilmente finiti i tempi in cui Google premiava i siti che massimizzano l’utilizzo delle parole chiave, preferendo invece la qualità a discapito della quantità; merito anche delle evoluzioni dell’algoritmo, che ora sembra in grado di riconoscere contenuti autorevoli e pertinenti in maniera più naturale. Allo stesso tempo, resta però importante utilizzare parole chiave in modo adeguato, ovvero senza eccedere né peccare in senso opposto: è ovviamente difficile dare un numero specifico del valore di occorrenze della keyword principale nel testo (sebbene un trend comune individui il range tra l’1 e il 3 per cento rispetto al totale), ma è comunque molto più importante che tali parole chiave vengano utilizzate in modo naturale all’interno del contenuto.

Per ottenere queste informazioni possiamo usare ad esempio lo strumento Analisi Rilevanza Keyword di SEOZoom, che ci aiuta ad approfondire lo studio della parola chiave su cui stiamo lavorando: partendo dall’inserimento di una keyword, infatti, il tool analizza i competitor presenti nella TOP10 di Google e segnala quanto sia stato rilevante l’utilizzo di ogni parola all’interno del testo e quali altri termini siano cruciali per l’argomento, con informazioni suddivise in tre tabelle (topic principali, keyword rilevanti e analisi TF IDF).

Strumenti di analisi keyword in SZ

La prima, Topic Principali, indica tutti i topic rilevanti per l’argomento scelto, con varie statistiche di utilizzo, e in particolare mostra la percentuale dei competitor in top ten che hanno utilizzato questi termini, il numero medio di occorrenze della keyword nei loro testi, la percentuale di competitor in top ten che hanno utilizzato questi specifici termini negli elementi di H1, H2 e H3, permettendo di capire a colpo d’occhio se il termine è stato poco, molto o per niente utilizzato e, di conseguenza, quali sono i termini più rilevanti in SERP per la parola chiave di partenza, e quali invece hanno meno centralità.

Strumento SZ per analisi kw rilevanti

 

Keyword rilevanti esegue un’analisi simile, incentrata però sulle parole chiave che hanno lo stesso intent di quella che inserita, con indicazione percentuale del loro utilizzo all’interno dei contenuti dei competitor e, in particolare, a livello di testo, heading H1, H2 e H3, anchor text per i link, Alt text di immagini o tag di enfasi dei caratteri (grassetto e corsivo).

Algoritmo TD-IDF in SEOZoom

Infine, Analisi TF-IDF fa riferimento appunto alle statistiche dell’algoritmo Term Frequency – Inverse Document Frequency, che serve a determinare la mera rilevanza di un testo in relazione ai termini di una query di ricerca attraverso un’analisi prettamente testuale dei documenti in SERP. Queste informazioni ci possono aiutare a comprendere il valore e la rilevanza di alcuni termini rispetto alla keyword di interesse, anche se non dobbiamo cercare una diretta relazione causale tra i dati e il posizionamento: SEOZoom non ci suggerisce di considerare la keyword density nella creazione del contenuto o di focalizzare il lavoro per rispettare precisamente le indicazioni dell’algoritmo, ma fornisce dei dati da interpretare per analizzare il contesto della keyword, capire come sono stati utilizzati specifici termini e quanto peso hanno all’interno delle varie pagine posizionate su Google, così da comporre un’analisi d’insieme – con keyword rilevanti e topic principali – che ci aiuti a perfezionare e rendere più competitivo il contenuto.

È l’evoluzione della SEO semantica, capace di andare oltre alle semplici stringhe di caratteri della query per focalizzarsi sull’intent dell’utente, senza più premiare (almeno in teoria) i contenuti con tante parole chiave o che si rifanno a parametri quali keyword density e affini, ma le pagine che sanno rispondere alle esigenze di informazione e di intrattenimento delle persone.

Sul fronte pratico, però, questi aspetti possono ancora avere un senso nella produzione dei contenuti: si tratta di capire che non dobbiamo ragionare in termini di causalità, ma di correlazione; vale a dire, quei contenuti e quelle pagine sono meglio posizionati su Google non perché abbiano utilizzato determinate tecniche e rispettato alcuni criteri e best practices (causalità), ma perché possiedono alcuni elementi in comune che evidentemente il motore di ricerca ritiene caratteristiche importanti (correlazione).

L’approccio più corretto è quindi non avere un word count minimo o massimo in termini di standard pre-impostato, ma di osservare dinamicamente cosa scrivono i concorrenti sul tema, identificare i nodi principali dell’argomento e, sulla base di queste analisi, individuare una possibile lunghezza ottimale del contenuto.

Gli interventi dopo la pubblicazione: revisione e ottimizzazione del contenuto

Come dicevamo prima, il SEO copywriter moderno interviene anche in fase successiva alla pubblicazione, e anzi è proprio qui che diventa cruciale il suo lavoro, perché può verificare effettivamente se la strategia applicata alla creazione del contenuto ha dato frutti o se, al contrario, Google non ha premiato in maniera auspicata la pagina. Dando per assodato che non siano stati commessi errori nelle fasi precedenti – ovvero, realizzazione di una keyword research adeguata, scelta ottimale di titolo e heading, meta description inserita correttamente e via così, che rappresentano quasi l’abc del copywriting e del SEO copywriting – gli aspetti che in genere sono più trascurati o che risultano comunque più problematici sono tre, ovvero soddisfazione dell’intento di ricerca, collegamenti della pagina e gap con i concorrenti che performano meglio.

A volte, però, riteniamo di aver trovato delle buone parole chiave (usate in maniera appropriata), di aver scelto titolo, meta description e heading solidi e di aver pertanto scritto un contenuto di qualità ma, nonostante tutto, si manca l’obiettivo del posizionamento: in questi casi, il problema può essere nello scarso peso del nostro dominio rispetto alla forza dei competitor, e quindi la soluzione può essere quella di rafforzare la pagina attraverso i link, massimizzando la portata degli utenti da social, e di puntare a realizzare un link building naturale, ottenendo cioè collegamenti e menzioni da altri siti che valutano come autorevole (ecco che torna questo aggettivo) il contenuto proposto, promuovendolo sulle proprie pagine come interessante e utile approfondimento.

La revisione del contenuto passa infine anche attraverso il confronto con i competitor, analizzando le carenze di focus che la nostra pagina web denota rispetto a quelle che stanno performando meglio su Google, conquistando le posizioni più alte nelle SERP, e in questo SEOZoom ci accompagna all’ottimizzazione attraverso vari strumenti, e in particolare con l’algoritmo originario che permette di scoprire e di evidenziare quali sono i “buchi” presenti nei nostri articoli rispetto alle pagine meglio posizionate su Google: topic rilevanti e keyword prioritarie che i nostri competitor nella Top10 di Google hanno scelto e che funzionano e che magari noi non abbiamo considerato, così da poter correggere il tiro e cercare di migliorare il lavoro. Già semplicemente integrando queste parole chiave, inserite in un contesto ben studiato e ragionato, si potrebbe riuscire a centrare meglio il search intent dell’utente (e del motore di ricerca) e, in definitiva, rendere più utile la pagina e migliorare le sue performance.

Il lavoro del copy non termina con la pubblicazione

Insomma, oggi il lavoro per un copywriter non finisce al momento della pubblicazione dell’articolo, ma continua con la revisione, l’aggiornamento, l’analisi della ricezione del contenuto, soprattutto dopo aver apportato delle modifiche.

Ciò è vero per (almeno) due motivi: da un lato, la pertinenza stessa è in evoluzione, perché Google aggiorna continuamente i suoi algoritmi per provare a migliorare l’esperienza degli utenti e mostrare in modo sempre più preciso i contenuti che rispondono meglio alle esigenze di chi ha effettuato la ricerca.

Ma non si tratta solo di restare al passo con i cambiamenti di algoritmo dei motori di ricerca: è molto importante offrire informazioni aggiornate per stare sempre sul pezzo anche nei confronti dei competitor. Oggi, grazie alla possibilità di poter mettere mano in ogni momento ai nostri contenuti, abbiamo un’enorme opportunità per fornire agli utenti informazioni adeguate e tempestive rispetto a inevitabili variazioni.

Ad esempio, se abbiamo impostato di ottimizzare un articolo per una determinata parola chiave, ma sta ricevendo più traffico una diversa variante, possiamo tornare indietro e ottimizzare il contenuto seguendo questa nuova direzione. Oppure possiamo scoprire cosa manca al nostro contenuto per essere “a fuoco” su quel topic analizzando i competitor.

Con SEOZoom abbiamo un quadro completo delle performance di ogni singola pagina, con indicazione dei punti su cui intervenire per raggiungere il vero potenziale del contenuto: possiamo approfondire alcune tematiche, correggere piccole imprecisioni, o ancora ritornare su qualche punto e renderlo più comprensibile.

Lo diciamo subito: anche per la revisione dei contenuti non dobbiamo mai dimenticare di agire con criterio ed equilibrio. Gli strumenti ci accompagnano o in alcuni casi ci guidano, ci semplificano il lavoro, ma bisogna ragionare per applicare le indicazioni nel modo migliore.

Quindi, anche quando analizziamo le potenziali keyword non presenti in un testo, utilizzate invece dai competitor già posizionati o comunque ritenute rilevanti per il topic trattato, la valutazione di “se, come e dove” inserire queste parole chiave deve essere frutto di una riflessione, perché bisogna valutare bene quanto siano pertinenti con il nostro contenuto o se si tratta di termini che ci fanno finire fuori focus.

Monitorare le pagine sulle quali siamo intervenuti con correzioni più o meno sensibili è fondamentale per diversi motivi: innanzitutto, ci aiuta a capire se abbiamo operato nel modo giusto, se la nostra strategia si è dimostrata adeguata o se restano gap da colmare per soddisfare finalmente i lettori e Google.

Approfondire questi aspetti ci permette di replicare le strategie di successo e di aumentare le probabilità che anche gli articoli successivi incontrino il gradimento di utenti e motori di ricerca, oppure al contrario di capire in che modo aggiustare il tiro quando i rendimenti sono inferiori alle attese.

C’è sempre un MA: il contesto Web e il problema dei contenuti non performanti

Un’ultima parentesi. Tutto questo resta ancora un discorso teorico se non comprendiamo un punto importante – che spiega in parte perché a volte i nostri contenuti non performano bene, o non quanto vorremmo.

Anche applicando tutti i consigli e seguendo tutte le indicazioni, non è “automatico” raggiungere i risultati desiderati e la prima pagina. Non dobbiamo mai dimenticare che:

  • Il giudice finale è sempre Google, che segue a volte percorsi e criteri misteriosi.
  • Non siamo soli nel Web e agiamo all’interno di un contesto

Dobbiamo cioè avere la capacità, la lucidità e anche l’umiltà di valutare il più oggettivamente possibile il nostro sito e il nostro lavoro, e ricordare che ci sono competitor che possono avere storie, esperienze, competenze, dimensioni e budget molto superiori ai nostri, che “inevitabilmente” possono raggiungere risultati migliori.

Gli altri miti sui contenuti: come gestire i vari aspetti

Dobbiamo poi avere anche l’abilità di rifuggire altri luoghi comuni e falsi miti sul SEO copywriting, che possono allontanarci in realtà dagli obiettivi e farci disperdere energie e tempo su aspetti che poi non sono cruciali per il rendimento.

Facendo riferimento di nuovo al vecchio episodio di SEO Mythbusting season 2 in cui Martin Splitt e Lily Ray affrontano temi come “più contenuto uguale migliore qualità” e il conteggio delle parole come fattore di ranking, offrendo consigli su cosa fare in caso di contenuti poco performanti e altro ancora.

La prima domanda di Ray riguarda quale sia la strategia migliore per un editore che pubblica regolarmente sullo stesso argomento ogni anno, con contenuti solo leggermente diversi: meglio creare nuovi articoli o aggiornare quelli vecchi?

Lily Ray cita un esempio concreto per chiarire la questione, quello di un sito che pubblica un articolo per descrivere “un certo tipo di trattamento di bellezza, e parla nel 2017 e nel 2018 e nel 2019”. Quindi, qual è la best practice consigliata da Google? “Prendere quel contenuto e aggiornarlo ogni anno, oppure pubblicare tre pagine diverse sullo stesso topic”?

Secondo Splitt, la risposta ottimale è che in linea di massima – a meno di stravolgimenti sulla notizia – sarebbe meglio lavorare all’aggiornamento dei contenuti già pubblicati ed evitare di pubblicare articoli su temi molto simili o che dicono essenzialmente la stessa cosa, anche perché questo rischia di essere visto come un caso di duplicazione dei contenuti da parte di Google, che opererà una canonicalizzazione a prescindere dalle impostazioni indicati dall’editore.

Per evitare questo problema, quindi – che potrebbe portare ad avere un solo articolo “visibile” e gli altri relegati a semplici riproduzioni scartate dal motore di ricerca – conviene impegnarsi ad aggiornare la pagina esistente, intervenendo con modifiche alle frasi per renderle più attuali, e soprattutto riposizionarlo meglio per renderlo più visibile sul sito, magari avvicinandolo alla home page.

Quanto contenuto serve per la SEO?

Si passa poi ad affrontare un altro tema caldo della SEO, ovvero la quantità minima di contenuti che serve per avere buone performance su Google. È sempre Lily Ray a introdurre il discorso, riportando il punto di vista di molte aziende che pensano che sia necessario produrre molti contenuti perché “questo aiuterà a classificare per un sacco di parole chiave diverse”, e quindi decidono di “pubblicare un nuovo post sul blog ogni singola settimana, al punto che il loro sito ha migliaia di post sul blog che però non offrono prestazioni positive”.

Perciò, la sua domanda è “quanti contenuti dovrei avere sul sito e in che misura questo aspetto aiuta davvero le mie performance”?

Il Developer Advocate di Google risponde invitando (tutti) a fare un passo indietro e a ricordare cosa è davvero essenziale: fornire informazioni utili agli utenti. Quindi, determinare quanto contenuto va bene per questo scopo “dipende un po’ da quello che stai facendo”.

Sul fronte pratico, “se sei un sito di notizie, allora sì, è utile coprire la maggior parte possibile di eventi, ma se il tuo sito web riguarda un prodotto specifico, allora non c’è molto che si possa dire a riguardo” e allungare il brodo in maniera forzata articolo dopo articolo non aiuta a molto.

La produzione regolare di molti contenuti è invece particolarmente consigliata per i blog di settore, in cui vengono fuori continuamente nuove informazioni. Ciò che conta è non pubblicare solo per il gusto di pubblicare o per la convinzione che ciò possa aiutare in qualche modo le prestazioni, perché anzi in questo modo si realizzano solo contenuti leggeri (thin content) e si disperde il crawl budget, sprecando risorse su elementi che non danno risultati.

Avere un blog e pubblicare contenuti aiuta il posizionamento su Google?

Molto diretta anche la successiva domanda posta al Googler: la presenza di un blog e la pubblicazione periodica di nuovi contenuti sono una sorta di fattore di ranking lato sito e possono aiutare le performance complessive?

Martin Splitt prima smentisce che questi aspetti possano essere segnali di ranking site-wide, ma poi spiega che aggiornare spesso il blog con elementi come notizie del settore (o comunque contenuti rilevanti e utili ai visitatori agli utenti) può migliorare la reputazione presso gli utenti e quindi determinare (più o meno indirettamente) una crescita delle prestazioni, pur senza modificare il ranking o le performance organiche.

Consigli per l’aggiornamento dei contenuti performanti

E cosa fare con i contenuti che funzionano? Lily Ray chiede espressamente come gestire gli articoli di qualità nel tempo per evitare che invecchino troppo: meglio fare periodicamente degli aggiornamenti o metter mano al testo solo in caso di cambiamenti significativi?

La posizione espressa dal Googler è molto pratica ed è un buon consiglio di ottimizzazione onpage: è preferibile aggiornare questi contenuti di qualità e che danno (ancora) buone prestazioni solo quando ci sono novità sostanziali e particolari, e – “se non è cambiato molto” – dedicare tempo e lavoro a scrivere nuovi contenuti che linkino a questa risorsa, collegando quindi il vecchio articolo ai nuovi. Ciò non ha un impatto diretto sul ranking, ma è utile per i visitatori del sito che possono approfondire così il tema a cui sono interessati.

Contenuti troppo numerosi e sotto-performanti, come intervenire

L’esperta SEO prova quindi a scoprire se le statistiche sul crawling di Google possano essere un’indicazione per determinare se un sito pubblica troppi contenuti o se le sue pagine sono sotto-performanti: Splitt è innanzitutto molto netto nel dire che per Google non esiste un limite di quantità alle pubblicazioni (afferma letteralmente che “non c’è una cosa come troppi contenuti”).

Lily Ray e Martin Splitt sui contenuti e la SEOPoi, sostiene che quelle citate sono le metriche sbagliate per avere insights su tali elementi, perché la frequenza con cui Googlebot esegue la scansione dei contenuti non indica che questi contenuti siano buoni o cattivi o che ce ne siano troppi.

Più mirato per questo scopo è il rapporto sul rendimento della Google Search Console e, se si verificano molte impressioni ma pochi clic, intervenire con accorgimenti migliorativi, cercando innanzitutto di valutare la situazione (e il valore del contenuto) dal punto di vista dell’utente e da ciò che intendono ottenere dalla visita a quella pagina.

La relazione tra contenuti scarsi e autorevolezza del sito

Sempre a proposito di contenuti non performanti, il successivo “mito” da sfatare riguarda la relazione tra tante pagine con prestazioni scarse e il livello di fiducia e autorevolezza del sito dal punto di vista di Google. Secondo Splitt, tutto dipende dal motivo per cui il contenuto non è sufficientemente performante: ad esempio, se il cattivo rendimento dipende dalla rilevazione di spam o di contenuto sottile, questo si può riflettere negativamente sul sito intero, portando a penalizzazioni o azioni manuali.

Consolidare e raggruppare i contenuti

Quindi, indipendentemente dal motivo per cui i contenuti hanno prestazioni insufficienti, è sempre una buona idea fare operazioni di pulizia e valutare se sia necessario aggiornarli o rimuoverli per salvaguardare il progetto totale.
Una strategia in questo senso potrebbe essere la ricerca di contenuti sottili affini per tema, da raggruppare in un unico articolo informativo più lungo e approfondito, a condizione che abbia senso farlo.

È il consiglio che Splitt offre – come risposta diretta a un dubbio della sua ospite – ai siti che hanno numerose pagine di contenuti molto brevi, composti “solo di una frase o due” (ad esempio, le pagine di assistenza o aiuto che forniscono risposte a domande molto specifiche), che quindi rischiano di essere considerati come “poco utili” da Google e provocare un impatto negativo sulle classifiche di ricerca.

Quindi, spiega il Developer Advocate di Mountain View, si può cercare di raggruppare queste pagine per topic e strutturarle in modo significativo: ad esempio, riunire tutte le domande su una specifica gamma di prodotti, sulla risoluzione dei problemi o sui metodi di utilizzo del prodotto in una pagina “più densa e utile”.

Il consolidamento di più parti di informazioni pertinenti in un unico posto è qualcosa che si riflette positivamente nella Ricerca Google, anche perché riduce il carico di crawling per il bot e offre agli utenti contenuti utili e rilevanti in un’unica pagina.

Lily Ray ha un’altra questione da sottoporre all’attenzione di Google, riguardante la considerazione di contenuti auto-generati, come ad esempio svariate pagine di location con praticamente lo stesso contenuto su ciascuna. In particolare, l’esperta fa riferimento a 50 location pages per i 50 Stati americani in cui si parla del business, che è essenzialmente lo stesso per ogni località, e quindi il contenuto varia per piccoli dettagli (si cambia il nome del luogo e magari si aggiungono pochi dettagli specifici sulla location), per sapere se Google è capace di scoprire questi “trucchi” e come li valuta.

Per Splitt, si tratta di una situazione 50/50: “O funzionano o no“, e nello specifico questi tipi di pagine possono funzionare se sono presenti almeno alcune informazioni univoche pertinenti a ciascuna posizione, mentre al contrario potrebbero non funzionare se il contenuto è troppo simile.

Anzi, cambiando solo “una manciata di parole e mantenendo identico il resto del contenuto, Google potrebbe considerare una pagina duplicazione dell’altra e non inserirla nell’Indice”, e pertanto il consiglio per chi si trova in queste situazioni è di investire nella produzione di pagine che siano davvero uniche, rilevanti e utili, anche se simili.

Google e la duplicazione dei contenuti

L’ultimo topic affrontato in questo episodio riguarda nello specifico la duplicazione dei contenuti e i modi con cui Google determina quali pagine presentino contenuti “troppo simili”.

Splitt dice di non essere sicuro che esista una vera e propria soglia, ma spiega che Google si basa sul sistema dell’impronta digitale dei contenuti per determinare l’eventuale duplicazione: ogni pagina, cioè, ha una propria fingerprint che viene utilizzata per determinare quanto un contenuto sia simile a un altro. Il Googler cita anche “metriche di somiglianza” che Google utilizza per questo compito, ma non fornisce alcuna specifica ulteriore.

Gli strumenti per la scrittura di SEOZoom

E allora, ricapitolando: oggi scrivere contenuti per il web rispettando i criteri SEO significa agire su due fronti, perché da un lato bisogna prestare attenzione alla “grammatica” di Internet, e dunque imparare le regole relative a titoli, didascalie, meta description, immagini e tag vari, mentre sull’altro fronte c’è la sintassi della nostra lingua.

È in questo punto di incontro che risiede il potere della qualità nel web writing, nella capacità di scrivere articoli che si posizionino al meglio sui motori di ricerca e che siano coinvolgenti allo stesso tempo, badando alle regole e rispettando i criteri fin qui descritti.

Per semplificare la gestione di questi aspetti e facilitare ogni fase della redazione dei contenuti per tutti i tipi di sito web, all’interno di SEOZoom c’è un’intera serie di strumenti editoriali che rispondono alle necessità di editori e copywriter che vogliono scrivere articoli ottimizzati per Google e, soprattutto, soddisfare gli utenti per generare traffico organico e aumentare gli introiti del sito.

Con l’uso dei vari tool proposti, infatti, è possibile gestire un piano editoriale, scoprire i termini più rilevanti per un determinato argomento, leggere le news principali del proprio settore, effettuare un’analisi OnPage delle keyword e conoscere la rilevanza di una parola chiave nei primi dieci siti posizionati.

In poche parole, SEOZoom aiuta a gestire il lavoro editoriale in maniera pianificata e strategica, per produrre testi perfetti per il motore di ricerca e capaci di rispondere adeguatamente alle esigenze dei nostri lettori in ogni fase del loro percorso di ricerca.

L’Assistente Editoriale di SEOZoom per la scrittura SEO oriented

Il “cuore” di questo approccio è l’Assistente Editoriale, un editor completo che ci assiste nella creazione dei contenuti, mettendo insieme strumenti di redazione testi, suggerimenti SEO e indicazioni di utilizzo da rispettare nella scrittura, il tutto in real time, con indicazioni che si aggiornano nel momento stesso in cui compiliamo l’articolo.

Essendo uno strumento, si basa comunque su un automatismo e va utilizzato, appunto, come assistente nelle strategie di contenuto: in altre parole, per raggiungere i risultati migliori bisogna sempre mettere al primo posto la propria esperienza personale, soprattutto di fronte alle scelte, e non seguire meccanicamente le indicazioni indicate.

Articolo nell'Assistente Editoriale

Ad esempio, il dato circa la lunghezza media dei contenuti dei competitor posizionati in TOP10 deve essere interpretato non come mero limite (come dicevamo prima, Google non usa il word count come fattore di ranking e quindi non è obbligatorio che il nostro contenuto rispetti tale lunghezza), ma come riferimento del fatto che l’intento dell’utente individuato da Google richiede un certo tipo di trattazione e di approfondimento, da considerare nella valutazione della composizione del contenuto.

Suggerimenti per gli snippet

Cliccando sull’icona del balloon, disponibile sia per il Title che per la Meta Description, possiamo invece verificare velocemente come hanno gestito il rispettivo tag i Competitor in TOP10 in SERP, e quindi provare a trarre qualche spunto utile per la compilazione dei due campi. È scontato dirlo, ma gli snippet devono spiccare rispetto ai competitor per conquistare il clic da parte dell’utente: quindi, come è facile intuire, ha poco senso copiare meccanicamente il testo di un concorrente, che però potrebbe servire come ispirazione per la formulazione dei testi dei frammenti scelti da Google nelle sue SERP.

Le parti più importanti del tool sono quelle che troviamo nelle tabelle di destra, che eseguono un’analisi completa per costruire un contenuto di qualità, riportando una serie di suggerimenti suddivisi nelle sezioni:

  • Ottimizzazioni
  • Topic
  • Keyword
  • FAQ
  • Correlati

Nella tab Ottimizzazioni è presente una tabella riassuntiva con i punti da tenere in considerazione per avere un articolo ben ottimizzato, basati sulle buone pratiche SEO più utilizzate, distinti in “errori”, “da migliorare” e “ok”. Ovviamente, si tratta sempre di riferimenti “automatici” e, a seconda di cosa stiamo scrivendo, dell’obiettivo che abbiamo in mente e della nostra esperienza, alcuni punti potrebbero essere più importanti di altri mentre alcuni aspetti sono semplicemente da ignorare. Tuttavia, avere una checklist da seguire potrebbe essere un ottimo punto di partenza.

Le informazioni suggerite da SEOZoom

Nella tab Topic abbiamo a disposizione un’analisi relativa ai topic ricorrenti collegati alla parola chiave scelta, che quindi dovremmo utilizzare (o quanto meno tener presenti) per scrivere un contenuto completo e pertinente sul tema. La successiva tab Keyword si concentra invece sulle parole chiave, segnalando quelle potenzialmente inerenti alla keyword obiettivo in analisi: SEOZoom scansiona la SERP relativa alla keyword su cui stiamo lavorando e individua le altre parole chiave su cui sono posizionati i competitor presenti. In entrambi i casi, SEOZoom ti fornisce il volume di ricerca medio e il livello di rilevanza del topic o della keyword, evidenziando in che modo i competitor utilizzano questo tipo di informazioni (suddivise in Tutte, Fondamentali, Consigliate, Opzionali, Aggiuntive, Mancanti) nei vari elementi della pagina (topic, heading, frasi, immagini o anchor text), in raffronto diretto col nostro contenuto, per fornire sempre tutti gli strumenti per rendere più strategico il nostro lavoro.

Analisi keyword in Assistente Editoriale

Più nello specifico, la differenza fra le varie keyword consigliate si riferisce sempre all’intento di ricerca: sulla base della parola in analisi, le varie indicazioni tendono a suggerire keyword che sono consigliate, fondamentali da usare oppure non necessarie, che in base alla nostra valutazione personale possiamo aggiungere al contenuto o evitare di inserire. Questi elementi sono definiti in relazione all’analisi dei competitor, e in pratica:

  • le keyword non necessarie (inutili) sono quelle che non ha usato nessuno;
  • le opzionali sono quelle che hanno una soglia medio bassa di utilizzo;
  • le aggiuntive sono quelle che hanno usato alcuni competitor e che potrebbero magari essere un plus da valutare per il contenuto.
  • le consigliate sono quelle usate nella maggior parte dei contenuti dei competitor.
  • le fondamentali sono quelle su cui hanno lavorato tutti i competitor posizionati.
  • le mancanti sono quelle che mancano nel nostro testo (rispetto a tutte le keyword).

Nella tab FAQ, SEOZoom i riporta le domande frequenti degli utenti riguardo all’argomento, raccogliendo tutte le domande principali che emergono all’interno dei pannelli di Google “le persone hanno chiesto anche”, che possono rappresentare utili spunti informativi da inserire nel contenuto.

Infine, nella tab Correlati sono mostrare le keyword che non fanno parte del main intent, ma che possono essere utili per approfondire l’argomento principale con nuovi contenuti, da collegare con un’adeguata struttura di link interni.

Nelle ultime tre tab ci sono tre funzionalità extra che danno accesso direttamente a una banca dati con cui perfezionare l’articolo, ovvero Sinonimi, Immagini gratuite e Video da YouTube, che possiamo valutare di inserire nel contenuto per arricchire l’esperienza del lettore e rispondere meglio alle sue esigenze.

Cliccando sull’icona del dizionario, in particolare, possiamo trovare i sinonimi suggeriti per un qualsiasi termine, con possibilità di contestualizzare il significato richiesto e di approfondire il termine proposto. L’icona della foto ci aiuta invece a scegliere delle immagini di utilizzo gratuito da inserire direttamente all’interno del nostro testo, ricercando quelle più attinenti alla parola chiave o all’argomento su cui stiamo lavorando. In maniera simile, l’icona del player multimediale consente di trovare video da youtube da embeddare nel contenuto, ricercando quelli più adeguati e in topic.

SEO copywriting tool: analisi del testo di una pagina

Negli ultimi anni si è diffusa la consapevolezza sul ruolo rilevante che i contenuti svolgono ai fini del posizionamento di un sito, ma in effetti è almeno dal 2011 con l’algoritmo Panda e i suoi successivi aggiornamenti che Google ha penalizzato i siti con contenuti scarsi, brevi e di pessima qualità spedendoli ai margini delle SERP.

Risulta infatti fondamentale scrivere contenuti di qualità e che offrano un valore aggiunto per gli utenti che sono alla ricerca di risposte, e in tal senso. conoscere le basi del SEO copywriting per ottimizzare i nostri testi è sicuramente importante, anche se non dobbiamo mai esagerare con gli interventi per non ottenere il risultato opposto, di una negativa sovra-ottimizzazione.

Il seguente specchietto ci aiuta a capire come si può analizzare il testo di una pagina e scoprire dove inserire le nostre parole chiave in maniera strategica.

Come utilizzare le parole chiave nel testo

Una volta scelte le parole chiave da utilizzare all’interno dei nostri contenuti attraverso la fase preliminare della keyword research, abbiamo diversi posti da sfruttare per usare efficacemente le keyword.

  • Tag title: il titolo della pagina è un elemento fondamentale da inserire nella sezione head del documento. La lunghezza del titolo deve essere compreso tra i 40 e i 70 caratteri che rappresentano la dimensione massima per essere visualizzato nelle SERP di Google.
  • Meta tag description: la descrizione della pagina è un fattore che Google non considera direttamente ai fini del posizionamento, ma una descrizione sintetica e persuasiva (che contenga la keyword) può invogliare l’utente a cliccare sul risultato quando comparirà nelle SERP dei risultati organici di ricerca. Anche in questo caso c’è una lunghezza massima, pari a 156 caratteri circa.
  • Tag ALT: è il testo alternativo delle immagini. La parte visual è sempre più centrale e ogni pagina o post di un blog dovrebbe contenere almeno un’immagine.
  • URL: la parola chiave che abbiamo scelto dovrebbe sempre essere presente nell’indirizzo della pagina. Per questo motivo è utile gestire e impostare correttamente i permalink in modo che risultino leggibili.
  • Tag Headings: rappresentano i tag per la formattazione del testo in paragrafi e sotto-paragrafi. È consigliabile utilizzare un solo h1, ma la gestione e l’inserimento dei paragrafi dipende molto dalla struttura del layout.
  • Keyword: le classiche best practices suggeriscono di inserire la main keyword all’interno del primo paragrafo e di ripeterla più volte all’interno del testo, con varie declinazioni semantiche e senza però esagerare e sfociare nel keyword stuffing.

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