Guida a core update di Google e interventi per recuperare ranking

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Non passa giorno, praticamente, senza che Google pubblichi una o più modifiche con l’obiettivo di migliorare la qualità dei risultati di ricerca: la maggior parte di questi interventi non è particolarmente visibile per gli utenti, ma serve appunto a perfezionare in modo incrementale l’efficienza del motore di ricerca. Solo per snocciolare qualche numero, nel 2022 ci sono stati 4725 lanci, 13.280 esperimenti con traffico in tempo reale, 894.660 test sulla qualità della ricerca e 72.367 esperimenti fianco a fianco, come spiegato nella guida a come funziona la Ricerca Google. E poi ci sono loro, i temibili broad core update di Google, modifiche significative e di ampia portata che intervengono sugli algoritmi e sistemi di ricerca di Google, rilasciati periodicamente nel corso dell’anno e annunciati solitamente in modo ufficiale per consentire a proprietari di siti, i produttori di contenuti e SEO di avere le giuste informazioni per comprendere le eventuali variazioni che si notano in termini di ranking e traffico.

Che cosa sono i broad core update di Google

Un broad core update o aggiornamento principale è una modifica all’algoritmo di base del motore di ricerca, ovvero al core (nucleo) che fa funzionare i sistemi “principali” di Google e, a livello generale, il ranking della ricerca.

Come abbiamo detto anche in altre circostanze, l’algoritmo principale di Google è in realtà una raccolta di algoritmi che interpretano i segnali delle pagine Web, con l’obiettivo di classificare il contenuto che meglio risponde a una query di ricerca. Non conosciamo praticamente nulla della formula segreta di Google per il ranking e abbiamo notizie vaghe sui 200 fattori utilizzati per il posizionamento o su alcuni algoritmi più specifici, ma da quanto (poco) ci è stato spiegato da Google possiamo dire che i broad core update interessano tutto il complesso di questo sistema.

Dal punto di vista tecnico, quindi, i broad core update sono “miglioramenti sostanziali ai processi di classificazione generale” di Google, sono ripetuti diverse volte all’anno e sono progettati per aumentare la pertinenza generale dei risultati di ricerca, così da renderli ancora più utili per tutti. Sono broad, cioè ampi, perché non prendono di mira nulla di specifico, ma sono progettati per migliorare i sistemi di Google in generale, e valgono contemporaneamente per tutte le lingue e le versioni di Google, perché la loro implementazione è globale e simultanea in tutto il mondo.

Più precisamente, gli aggiornamenti principali dell’algoritmo  sono modifiche apportate per migliorare la Ricerca in generale e “tenere il passo con la natura mutevole del Web”, e sono progettati per garantire che, nel complesso, il motore di ricerca presenti sempre contenuti pertinenti e autorevoli agli utenti che effettuano ricerche e possono influire anche su Google Discover.

Core Update, come rispondere agli aggiornamenti di Google

E anche se i Googler cercano costantemente di rassicurare SEO e proprietari di siti rispetto alle possibili fluttuazioni causate da un update, è chiaro comunque che la reazione umana più naturale, soprattutto quando ci sono cali per il proprio sito, è cercare una soluzione per invertire la rotta, e per questo anche Google ha fornito varie indicazioni dedicate ai siti colpiti da un update.

La premessa è che “potrebbe non esserci nulla da sistemare” sulle pagine del sito, ma soprattutto che non bisogna “cercare di riparare ciò che non è rotto” concentrandosi sulle aree sbagliate.

Pertanto, il messaggio di Google è che non esiste “nessun intervento miracoloso o fix” che può salvare le pagine, ma solo una serie di linee guida utili da tenere a mente e applicare a ogni sito che voglia concorrere sul motore di ricerca e fare SEO, che possono aiutare a tenere più al sicuro le sue pagine dagli aggiornamenti dell’algoritmo del motore di ricerca e prevenire eventuali scossoni in SERP.

Come reagire a un update di Google

I broad core update sono progettati per garantire che, nel complesso, il motore di ricerca segua efficacemente gli obiettivi di presentare contenuti pertinenti e autorevoli agli utenti, e nel loro periodo di rilascio producono effetti sulle SERP anche notevoli, con siti che possono notare cadute o guadagni.

Secondo Google, “non c’è niente di sbagliato nelle pagine che potrebbero funzionare meno bene dopo un core update”: cali successivi a un aggiornamento non dipendono da violazioni alle linee guida di Google per i webmaster né sono a penalizzazioni di tipo manuale (chiamate azioni manuali) o algoritmiche, perché un aggiornamento di base non è destinato a colpire pagine o siti specifici. Invece, le modifiche riguardano il miglioramento del modo in cui i sistemi di Google valutano i contenuti in generale e “possono far sì che funzionino meglio alcune pagine che in precedenza erano sottovalutate”.

Un esempio pratico, la classifica dei migliori film

La guida di Google ci fornisce anche un esempio per capire come funziona un aggiornamento principale: “abbiamo fatto nel 2015 un elenco dei 100 migliori film mai realizzati” e ora, nel 2023, vogliamo aggiornarlo. Ovviamente ci saranno modifiche, perché “alcuni film nuovi e meravigliosi mai esistiti prima saranno ora candidati per l’inclusione, o potremmo anche rivalutare alcuni film e renderci conto che meritavano un posto più alto nella lista rispetto a prima”. Quindi, la classifica cambierà e i film che precedentemente erano in alto e si spostano verso il basso non sono diventati “brutti” né hanno fatto qualcosa di male: ci sono “semplicemente altri film meritevoli di avere un posto più alto del loro”.

Concentrarsi sulla creazione di contenuti di qualità

Conclusa la similitudine cinematografica, la guida torna a dedicare attenzione su un tema caldo per tutti coloro che lavorano online, ovvero la creazione di testi e contenuti efficaci: di fronte a un calo, è normale reagire cercando di “fare qualcosa”, e il consiglio che arriva è di verificare innanzitutto se il sito offre i migliori contenuti possibili, perché “è questo che i nostri algoritmi cercano di premiare”.

Le nuove domande per valutare la qualità dei siti

Oltre alle nuove indicazioni per cercare di creare contenuti utili, affidabili e pensati per le persone – alla luce del giro di vite introdotto da Google alla fine del 2022 intorno questo argomento – un altro possibile punto di partenza per capire se la direzione è giusta sono le “vecchie” 23 domande di Google per costruire siti di qualità, reinterpretate alla luce dei cambiamenti avvenuti in questi anni e suddivise in quattro categorie: “contenuti e qualità“, “esperienza” e competenza (la Experience e la Expertise del paradigma EEAT), “presentazione e produzione” (lo scrivere bene) e infine “comparazione“, ovvero fare analisi competitor e confronti con chi ci precede in SERP.

  1. Questioni su contenuti e qualità
  • Il contenuto fornisce informazioni, rapporti, ricerche o analisi originali?
  • Il contenuto fornisce una descrizione sostanziale, completa ed esauriente dell’argomento?
  • Il contenuto fornisce analisi approfondite o informazioni interessanti che vanno al di là delle ovvietà?
  • Se il contenuto si basa su altre fonti, evita semplicemente di copiare o riscrivere gli articoli e fornisce invece un valore aggiunto e originalità sostanziali?
  • Il titolo e/o l’H1 della pagina forniscono un sommario descrittivo e utile del contenuto?
  • Il titolo e/o l’H1 della pagina evitano di essere esagerati o scioccanti?
  • È il tipo di pagina che desideri aggiungere ai segnalibri, condividere con un amico o consigliare?
  • Ti aspetteresti di vedere questo contenuto su o referenziato da una rivista stampata, un’enciclopedia o un libro?
  1. Questioni su esperienza e competenza
  • Il contenuto presenta le informazioni in un modo degno di fiducia, come ad esempio con chiari riferimenti alle fonti, prove dell’esperienza coinvolta, informazioni sull’autore o sul sito che le pubblica (ad esempio con collegamenti a una pagina dell’autore o alla pagina About di un sito)?
  • Se fai ricerche sul sito che ha pubblicato il contenuto, hai l’impressione che sia ben attendibile o ampiamente riconosciuto come un’autorità sul suo argomento?
  • Questo contenuto è stato scritto da un esperto o un appassionato che dimostra di conoscere l’argomento?
  • Il contenuto è privo di errori di fatto facilmente verificabili?
  • Ti sentiresti a tuo agio nel fidarti di questi contenuti per questioni relative ai tuoi soldi o alla tua vita?
  1. Questioni su presentazione e produzione
  • Il contenuto è privo di errori di ortografia o problemi stilistici?
  • Il contenuto è stato scritto bene o sembra sciatto o frettoloso?
  • Il contenuto è prodotto in serie, esternalizzato a un gran numero di creatori o diffuso su una vasta rete di siti, in modo che le singole pagine o i siti non ricevano la stessa attenzione o cura?
  • Il contenuto contiene un numero eccessivo di annunci che distraggono o interferiscono con il contenuto principale?
  • I contenuti vengono visualizzati bene per i dispositivi mobili?
  1. Questioni di comparazione
  • Il contenuto fornisce un valore sostanziale rispetto ad altre pagine nei risultati di ricerca?
  • Il contenuto sembra servire gli interessi genuini dei visitatori del sito o sembra esistere solo per tentare di classificarsi bene nei motori di ricerca?

Oltre a rispondere in prima persona a queste domande sul nostro sito, Google invita a richiedere “valutazioni oneste da altri soggetti di cui ci fidiamo e che non sono affiliati al sito”. Per studiare i cali di traffico e di keyword, poi, potrebbe essere necessario un audit che individui quali pagine sono state maggiormente interessate e quali tipi di ricerche, analizzando attentamente i risultati per capire come vengono valutati rispetto a quanto scritto prima.

Capire le valutazioni dei quality rater di Google

Le altri fonti di informazione per cercare di avere siti ben performanti a prescindere dagli aggiornamenti sono le linee guida per i quality rater di Google, ricordando (ancora una volta) che le informazioni fornite dai rater non sono usati direttamente negli algoritmi del ranking, ma servono come indicazione utile, così come “un ristorante fa con i feedback dei clienti”, per capire se i sistemi stanno lavorando e funzionano bene.

Premesso questo, capire come i rater imparano a valutare buoni contenuti potrebbe aiutare a migliorare i contenuti di un sito e, potenzialmente, a ottenere miglioramenti nel ranking sul motore di ricerca.

I tempi per recuperare dai crolli dopo gli update

Gli ultimi consigli di Google riguardano gli interventi di recupero e ottimizzazione che possono essere eseguiti sul sito, e in particolare la risposta alla domanda frequente “quanto tempo ci vuole per risalire, se miglioro i contenuti?”.

Tendenzialmente, i broad core updates sono lanciati varie volte nel corso dell’anno, e quindi un contenuto che ha subito un contraccolpo negativo da un aggiornamento (e fa i giusti miglioramenti) potrebbe non recuperare fino al successivo update.

Tuttavia, Google lavora costantemente agli aggiornamenti degli algoritmi di ricerca, facendo anche core update più piccoli che non sono annunciati pubblicamente perché “generalmente non sono molto evidenti”; comunque, quando vengono rilasciati possono determinare il recupero per siti che hanno compiuto ottimizzazioni valide.

Nessuna garanzia di recupero di traffico e ranking

È importante sottolineare che “i miglioramenti apportati dai proprietari dei siti non sono una garanzia di recupero, né le pagine hanno una posizione statica o garantita nei risultati di ricerca” di Google, perché vale solo la regola che “contenuti più meritevoli continueranno a posizionarsi bene sui nostri sistemi”.

Un’altra precisazione importante riguarda il modo in cui funziona il motore di ricerca, perché “Google non comprende i contenuti come fanno gli esseri umani”, e quindi cerca segnali sul contenuto e prova a capire come questi sono correlati al modo in cui gli umani valutano la pertinenza. “Il modo in cui le pagine si collegano tra loro è un segnale ben noto che utilizziamo”, ammette Google, “ma ne usiamo molti altri, che non riveliamo per aiutare a proteggere l’integrità dei nostri risultati”.

Update di Google: l’unica speranza è migliorare i contenuti

E dunque, le indicazioni di Google ci offrono di sicuro una buona guida per cercare di reagire alle conseguenze di un aggiornamento principale e un invito a non lasciarsi prendere dal panico: il consiglio principale è proprio questo, ovvero non tentare di fare interventi sostanziali nell’immediato, di stravolgere il sito per cali determinati dagli update, perché le fluttuazioni possono essere continue e non c’è comunque sicurezza di recuperare il traffico perso.

Meglio allora pensare al quadro più generale, controllare i contenuti del sito e verificare che rispondano ai requisiti di qualità richiesti da Google, e provare eventualmente a migliorarli. Con la consapevolezza, però, che a volte può anche non servire alcuna azione in assoluto per risalire nel ranking, se Google (con un nuovo update) torna a considerare meritevole di attenzione e favore quella pagina.

Update di Google, consigli per recuperare ranking e traffico

Ulteriori consigli pratici e spunti per recuperare da un crollo conseguente a un update sono arrivati nel tempo anche da altri Googler, e in particolare dall’onnipresente John Mueller che nel corso di un Hangout su YouTube ha risposto a un utente che sottoponeva il caso del suo sito, crollato dopo un aggiornamento algoritmico di Google, chiedendo in particolare “quanti mesi devo aspettare per vedere una risalita e recuperare” avendo iniziato a “lavorare sui contenuti di qualità”.

Mueller ribadisce subito un concetto che abbiamo già affrontato, ovvero che un core update non è penalizzazione per particolari siti o tipologie di sito, e che quando si verificano cali dopo gli aggiornamenti non significa che l’algoritmo di Google “sta dicendo che quel sito è di cattiva qualità”. Anche se le conseguenze sono identiche (perdita di posizioni in SERP e quindi di traffico organico), core update e penalizzazioni sono sostanzialmente differenti e da Google ci tengono a sottolinearlo.

La penalità o penalizzazione è una sanzione che Google assegna a un sito dopo una violazione delle Linee guida per i webmaster, che viene comunicata attraverso un avviso tramite la Search Console. I cali dopo gli aggiornamenti algoritmici invece rientrano nelle “normali” fluttuazioni delle SERP e non esistono note o avvisi che li segnalano ufficialmente.

Ancor più importante, la penalizzazione viene sancita dopo un errore da parte dell’editor, una violazione o un comportamento non consono alle norme di Google (contenuti spam o link non naturali, ad esempio), mentre invece il calo conseguente agli aggiornamenti significa solo che il motore di ricerca ha rielaborato le sue classifiche e ha deciso che altri siti offrono risposte migliori agli utenti.

Con gli aggiornamenti Google perfeziona i suoi risultati e le sue risposte

Lo dice chiaramente John Mueller: il motivo per cui i siti perdono ranking è che il nuovo algoritmo di Google ha deciso che alcuni siti sono più pertinenti. In sostanza, con gli update Google fa evolvere il suo sistema di classificazione sulla base di nuovi criteri, che servono a determinare quali pagine sono più rilevanti rispetto alle query.

Non si tratta quindi di trovare una responsabilità o un problema nel sito crollato, “non si tratta di fare qualcosa di sbagliato” e risolverlo (per poi, aggiunge il Search Advocate “comunicarlo a Google, che riconosce la correzione e riporta il sito alla posizione precedente”), quanto piuttosto di una rielaborazione delle analisi e dei calcoli dello stesso motore di ricerca. In pratica, Google stabilisce che quelle pagine non sono più pertinenti e rilevanti come pensava in origine, e tali cambiamenti possono avvenire varie volte nel tempo.

Core update, cosa fare quando il sito perde traffico e ranking

Un contributo ulteriore sul tema arriva anche da Roger Montti su Search Engine Journal, che in una guida al “core alghorithm update recovery” si sofferma sulle caratteristiche dei Google broad core updates, dicendo che in base alla sua esperienza si possono riconoscere almeno due grandi categorie di perdite dopo aggiornamenti algoritmici.

Il primo caso è quello del semplice calo di ranking per alcune query: capita quando Google decide di premiare alcuni siti elevandone le posizioni in SERP, causando di conseguenza un drop delle pagine precedentemente posizionate in alto nelle classifiche del motore di ricerca. Ci sono poi situazioni complesse, quando un sito perde completamente i suoi posizionamenti, che sono spie di problemi più ampi da affrontare con una ottimizzazione completa del progetto.

I tempi necessari per recuperare

Dalla tipologia di criticità dipende ovviamente il tempo necessario al recupero, anche se c’è una buona notizia che arriva da John Mueller: l’algoritmo di Google è in costante aggiornamento e gli eventuali miglioramenti apportati alle pagine web possono dare risultati già nel breve-medio periodo, senza dover attendere il successivo broad core update.

Nello specifico, il Googler premette che “da un lato abbiamo gli aggiornamenti di base, che sono una sorta di grandi cambiamenti nel nostro algoritmo, e dall’altro abbiamo un sacco di piccole cose che continuano a cambiare nel tempo. L’intera rete Internet evolve costantemente e quindi i risultati di ricerca di Google cambiano sostanzialmente di giorno in giorno e similmente possono migliorare di giorno in giorno”.

Pertanto, quando si apportano miglioramenti significativi a un sito web colpito in negativo da un update potrebbe essere possibile “nel giro di qualche tempo vedere questi tipi di sottili cambiamenti, perché non è una questione di aspettare un aggiornamento specifico per vedere gli effetti degli interventi”.

Un calo dopo gli update non significa che il sito è sbagliato

In conclusione della sua risposta, Mueller comunque rassicura: perdere ranking dopo un update non significa che c’è qualcosa di sbagliato (bad è l’aggettivo che usa) sul sito, perché tali manovre sono più generali e non prendono di mira siti specifici.

Dove intervenire per recuperare le posizioni

Nonostante le premesse e raccomandazioni, comunque, ammettiamolo: se il nostro sito crolla dopo un broad core update ci vogliamo rimboccare le maniche e provare a invertire la rotta nel minor tempo possibile!

In realtà, si cono alcuni interventi più o meno complessi che possiamo provare ad attuare in rapida risposta per rimediare al crollo di ranking: possiamo ad esempio iniziare a lavorare a ottimizzare i contenuti delle pagine, aggiornandoli o rinfrescandoli, oppure verificare gli aspetti tecnici, come la user experience, la velocità o le performance generali e da mobile.

Inoltre, vista l’insistenza che John ha dedicato al termine “relevance” (che noi traduciamo in genere come pertinenza o rilevanza), è bene cercare di verificare come risponde il sito a tale criterio, studiando le nuove SERP e soprattutto cercando di investigare i competitor e le pagine che hanno beneficiato di una salita di ranking, così da capire quali sono i contenuti che per Google rispondono meglio al search intent della query, che rappresenta in definitiva il riferimento finale del nostro lavoro, la chiave con cui Google cerca di assicurare che l’utente concluda in maniera soddisfatta il suo percorso sul motore di ricerca.

In definitiva, per capire cosa fare se il nostro sito è stato colpito da un Core Update di Google possiamo far riferimento a questo schema ideato da Aleyda Solis (che ci ha dato il permesso di tradurlo in italiano!), che ci accompagna nel percorso che più si avvicina alla nostra esperienza e al nostro caso specifico!

Diagramma per reagire a un core update

A cosa servono gli aggiornamenti principali di Google

Ma perché Google rilascia periodicamente questi aggiornamenti, in concreto?

Secondo un’interessante approfondimento di Ryan Jones, con i broad core update Google cambia il peso e l’importanza di alcuni fattori di ranking, in maniera più o meno sensibile sulle SERP e senza (ovviamente) che ci siano ulteriori dettagli pubblici (per non rivelare i segreti dell’algoritmo). Tornando alla guida ufficiale del motore di ricerca, Danny Sullivan ci diceva che la scelta di annunciare e confermare il rilascio degli aggiornamenti di base deriva proprio dal fatto che in genere ” hanno un impatto degno di nota e, durante la loro implementazione, per alcuni siti potrebbero verificarsi cali o miglioramenti delle prestazioni”.

Non essendo destinati a migliorare aree specifiche di Search, ma essendo appunto generali e ampi, i broad core update servono a migliorare i risultati di ricerca a livello globale e – espressione utilizzata in occasione del rilascio di uno di questo update – ad avvantaggiare pagine che erano “precedentemente sottovalutate“, un elemento che è importante tenere a mente in ottica di ottimizzazione e recupero per i siti colpiti.

Inoltre, diversi analisti hanno notato un legame (indiretto) tra Core Update e lavoro dei quality raters, o per meglio dire con le linee guida per i quality raters (e i loro vari aggiornamenti). È ancora Jones a ipotizzare, ad esempio, che il rilascio dell’update potrebbe rappresentare il culmine di un processo complesso, che inizia con l’esecuzione di un nuovo training set attraverso il machine learning ranking model di Google, passa appunto attraverso l’applicazione di questo nuovo set da parte dei quality raters (che individuano i set di risultati più pertinenti in base ai nuovi criteri) e finisce con le modifiche alla generazione dei risultati. Ciò non significa implicare una relazione diretta tra quality raters e ranking, però, perché sappiamo che il lavoro di questi collaboratori esterni si limita alla valutazione della pertinenza dei risultati rispetto alla query e della qualità delle risposte rispetto alle istruzioni loro fornite, e quindi non alla valutazione del sito rispetto agli altri.

Il rapporto tra core update e gli altri aggiornamenti

Sempre per chiarire il contesto, è importante capire che i broad core update rappresentano solo una minima parte (in genere ce ne sono due o al massimo tre all’anno) delle migliaia di modifiche apportate da Google al suo algoritmo principale ogni anno.

Come dicevamo, nel 2020 Google ha apportato 4.500 modifiche al sistema di Search, con una media di oltre 12 interventi al giorno, e il numero è in costante aumento (nel 2018 furono 3.200, nel 2010 meno di 500!); accanto a questi, poi, Google ha comunicato di aver eseguito sempre solo nel 2020 più di 600mila esperimenti, che pure possono influire sul ranking, sul traffico e sulla visibilità della SERP.

Già qualche anno fa Gary Illyes di Google ci spiegava come la maggior parte degli algoritmi di Google e delle modifiche non colpiscono specificamente pagine particolari o topic, ma “lavorano all’unisono per generare ranking score”: Illyes li chiamava “baby alghoritm”, ovvero piccoli algoritmi o algoritmini, sarebbero milioni e cercano segnali in pagine o contenuti.

Come funziona l’implementazione di un broad core update

Chi segue il nostro blog dovrebbe ormai avere una certa familiarità con il format con cui la community SEO viene informata del lancio di un broad core update, una prassi standardizzata e avviata per la prima volta nel marzo 2018 per il March 2018 broad core alghoritm update.

Il primo annuncio arriva alcune ore prima del rilascio sui canali ufficiali di Big G (sito o social), seguito poi dalla comunicazione della partenza ufficiale dell’update e, a distanza di circa 15 giorni, dal messaggio di avvenuta conclusione del roll-out; solo a volte, molto di rado, sono condivisi (pochi) dettagli aggiuntivi nel periodo di rilascio.

Ormai standard è anche il nome che Google dà agli algoritmi principali, che segue un semplicissimo schema Mese+Anno+Core Update sin dal March 2019 Core Update, per “evitare confusioni e dire semplicemente e chiaramente di che tipo di update si è trattato e quando è successo”, come chiariva nell’occasione Danny Sullivan.

La scelta di Google di confermare i broad core update deriva dal fatto che questi “in genere producono alcuni effetti ampiamente notevoli”, ovvero “alcuni siti potrebbero notare cali o guadagni” nel corso del rilascio. Chiarendo il contesto, quindi, Google dà modo a chi vive tali situazioni, e in particolare i cali di traffico, di conoscere ciò che sta accadendo e pianificare azioni di recupero – senza trascurare le indicazioni di Google al riguardo.

Dal punto di vista pratico, alcuni aggiornamenti principali dell’algoritmo sono implementati rapidamente, mentre altri impiegano fino a 14 giorni per la fine del rollout: il loro impatto sulle SERP è in genere distribuito, perché si fanno sentire per più giorni lungo quest’arco temporale (e a volte anche dopo) e non solo esattamente nel giorno in cui viene annunciato o confermato un aggiornamento, e ciò aggiunge una certa complessità all’analisi dei dati – motivo per cui torna utile controllare strumenti come il nostro Osservatorio delle SERP, che tengono d’occhio costantemente l’attività del motore di ricerca.

Ciò che è importante, infatti, è provare ad avere sempre il controllo su ciò che sta accadendo nel contesto “Google”, perché solo in questo modo è possibile intuire se i cali di traffico sono legati appunto agli effetti di un broad core update o se invece derivano da problematiche diverse, da investigare più analiticamente – e per questo motivo, abbiamo dedicato una sezione ai principali aggiornamenti di Google, che aiutano a tener traccia delle attività in corso nell’ecosistema della Ricerca.

La differenza tra broad core update e gli altri grandi aggiornamenti

I broad core update sono diversi quindi dagli altri aggiornamenti algoritmici di Google, che siano baby alghoritm o grandi update che influiscono direttamente sul ranking, o per meglio dire su un aspetto specifico del sistema di classificazione del motore di ricerca.

Molti degli aggiornamenti famosi di cui sentiamo parlare, da Penguin a Panda, da Pigeon a Fred e così via, sono stati implementati per risolvere specifici errori o problemi negli algoritmi di Google: ad esempio, Penguin doveva affrontare i link spam, mentre Google Panda ha migliorato la qualità generale della Ricerca e Pigeon si è interessato di spam sulla SEO locale. Più recentemente, poi, possiamo ricordare la Page Experience, che ha introdotto i core web vitals tra i fattori di ranking, o il Reviews System.

La caratteristica di questo tipo di update è evidente: hanno uno scopo preciso e si rivolgono solo a un aspetto specifico dell’algoritmo. Quando fornisce informazioni al riguardo, Google ci spiega cosa sta cercando di ottenere o impedire con il singolo aggiornamento dell’algoritmo, dando quindi modo a webmaster, proprietari di siti e SEO di cambiare eventualmente strategie e comportamenti sbagliati per correggere le proprie pagine.

Al contrario, i broad core update non valutano un singolo fattore di ranking, ma l’intero complesso del sistema di valutazione (o quanto meno una sua ampia porzione), arrivando a definire nuovi criteri per giudicare la qualità delle pagine in relazione a parametri come search intent dell’utente, pertinenza, rilevanza, autorevolezza dei contenuti offerti (che rientra sempre nei parametri di EEAT), user experience complessiva, mobile experience e così via.

Proprio per questo motivo, è difficile isolare e determinare con precisione a cosa sono dovuti i cali di ranking riscontrati dopo un aggiornamento principale di Google e anzi, secondo le linee guida offerte dallo stesso motore di ricerca è anche “inutile” provare a correggere qualcosa.

Ciò che dobbiamo ricordare, di fondo, è che un broad core update non è una sanzione o una penalizzazione: un sito che subisce un calo di ranking, traffico e visibilità potrebbe non aver fatto qualcosa di sbagliato e potrebbero non esserci correzioni da effettuare.

È il contesto intorno che è cambiato, perché Google ha eseguito un aggiornamento sui suoi stessi risultati di ricerca, sulla base di una nuova serie di “regole” per il ranking che (pur non essendo progettate per colpire pagine o siti specifici) possono produrre alcune modifiche evidenti alle prestazioni dei siti – e tutto ciò senza tener conto della naturale volubilità delle SERP e dei posizionamenti, che possono essere influenzati anche dall’attività dei competitor e da altre variabili come la stagionalità, le notizie o gli eventi che influiscono sulla ricerca e altro ancora.

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