URL SEO friendly: qual è la miglior struttura URL per la SEO e per la UX?
Nessun impatto particolare in termini di ranking, ma potenziali effetti sull’esperienza fornita agli utenti: in estrema sintesi, questi sono gli impatti che derivano dalla scelta di una tra le varie opzioni per gestire gli URL e dall’impostazione di una struttura efficace per gli indirizzi dei nostri contenuti in ottica SEO, quella che potrebbe fornire risultati migliori in termini di posizionamento su Google. Anche un elemento apparentemente semplice e tecnico come l’indirizzo web – che serve essenzialmente a informare della posizione di una risorsa come un sito, una pagina o un file specifico all’interno del Web – può svolgere infatti un ruolo nell’ottimizzazione del sito, motivo per cui dobbiamo cercare di capire cosa si intende con e quali sono gli URL SEO friendly.
Che cos’è un URL: indirizzo completo di un sito
Partiamo dalla definizione di URL, acronimo per Uniform Resource Locator, che è l’indirizzo che identifica una specifica risorsa all’interno del Web in modo distinto e univoco.
La struttura standard che si può utilizzare per impostare questo indirizzo è stata codificata dal papà di Internet Tim Berners-Lee nel documento RFC 3986 della IETF, che definisce URL la sequenza i caratteri che identifica in modo unico e univoco una qualsiasi risorsa online, come una pagina, un’immagine o un file, e che per estensione identifica anche la struttura dei file di un qualsiasi sito, rappresentando in tal senso l’indirizzo completo di un sito.
La struttura standard degli URL
Sono essenzialmente otto le parti di cui si compone ogni URL, tra elementi obbligatori e opzionali: la prima porzione è rappresentata dal protocollo, che descrive il sistema usato per l’accesso ai server. Lo standard attuale è http:// o https://, ma ci possono anche essere percorsi come mailto: (che indirizza in automatico al client di posta elettronica) o ftp: (per gestire il trasferimento di file).
URL significato delle parti che lo compongono
Segue la stringa :// che è un semplice separatore tra il protocollo e la rimanente parte dell’URL, che in genere è l’host o, meno frequentemente, lo username. Fino a qualche anno fa, subito dopo il protocollo c’era la possibilità di specificare le credenziali di autenticazione per accedere alla risorsa online: la stringa username:password@ è stata però progressivamente abbandonata perché rischiava di aprire la strada al phishing (le credenziali erano inviate in chiaro al server, senza cifrature, e il percorso poteva condurre a pagine diverse da quelle attese), e oggi tale funzione è disattivata, anche se alcuni browser tra cui Firefox la mantengono attiva, segnalando comunque gli utenti dei potenziali pericoli cui si espongono.
L’indirizzo URL, caratteri o numeri
Nelle formulazioni più comuni, dopo protocollo e :// si trova l’indicazione del nome di dominio dell’host, ovvero l’indirizzo del server su cui risiede la risorsa, che un software converte automaticamente in indirizzo IP avvalendosi del servizio DNS; in altri casi si può visualizzare direttamente l’indirizzo IP numerico, ma questa soluzione è più rara.
Gli elementi che completano l’indirizzo completo di un sito
In genere, il percorso standard degli URL si ferma a questi parametri, ma esistono anche altri quattro elementi opzionali che si possono aggiungere all’indirizzo Web: la porta (del servizio cui inoltrare la richiesta, in genere omesso perché si fa riferimento a porte standard associate al protocollo); il percorso (pathname) all’interno del file system del server per identificare la risorsa richiesta; la query string, una stringa di caratteri, separata con un simbolo ?, che permette di trasmettere al server uno o vari parametri; il fragment, che indica una parte o una posizione interna alla risorsa.
URL SEO: perché curare questo aspetto per l’ottimizzazione del sito
Come dicevamo anche nel nostro approfondimento sui 200 fattori di ranking, anche la strutturazione dell’indirizzo delle pagine può avere un’influenza sul posizionamento sui motori di ricerca, e dunque bisogna valutare vari aspetti quando si ragiona sullo standard da applicare alle pagine del proprio sito.
L’importanza degli URL su ranking e user experience
La definizione di un percorso URL efficace può avere 3 effetti positivi per la SEO: impatta sul ranking, migliora l’user experience e rappresenta una potenziale anchor text per la condivisione della pagina.
Indirizzo URL e ranking su Google
Per quanto riguarda il ranking, tralasciando discorsi su un ipotetico rapporto diretto tra ottimizzazione dell’URL e posizionamento su Google, c’è comunque un elemento da non trascurare, quello della miglior leggibilità: più è facile per Google leggere e interpretare l’URL, maggiore sarà facile determinare la pertinenza e quindi i posizionamenti per una query di ricerca.
In termini pratici, poi, si ritiene che usare Url che contengono keyword possa essere un sistema per migliorare la visibilità del sito nelle ricerche, ma non bisogna commettere l’errore di realizzare percorsi inutili soltanto per inserire delle parole chiave nella stringa.
Il rapporto tra URL e UX
Simile il discorso sull’user experience, perché un URL ben strutturato fornisce sia ai motori di ricerca che agli esseri umani indicazione facili da capire sul contenuto della pagina di destinazione, e per questo motivo è preferibile realizzare un URL leggibile (human-readable) e semanticamente accurato, che dia un’idea chiara del topic della pagina e di cosa aspetta il visitatore che clicca sul link.
L’URL come anchor text
In ultimo, un URL ben scritto può essere più facilmente copiato e incollato come link in forum, blog, social media network o altri contesti, diventando un anchor text ideale.
Cosa sono gli URL parlanti o URL SEO Friendly
Le strutture di URL che rispettano i parametri sopra descritti si chiamano proprio SEO friendly o, in italiano, URL parlanti: questa definizione riguarda tutti gli indirizzi che descrivono in modo chiaro e con parole vere l’effettivo contenuto della pagina di riferimento, consentendo all’utente (e al motore di ricerca) di sapere immediatamente che tipo di informazioni aspettarsi.
Per la SEO di un sito, un URL parlante può:
- facilitare enormemente la ricerca dell’utente.
- contribuire a conferire un maggiore peso al ranking nelle SERP di Google
- ottimizzare il traffico della pagina, favorendo un aumento di visibilità e di numero dei clic.
Consigli per la gestione degli URL parlanti
Per essere efficaci, gli URL parlanti devono sempre essere brevi, ma descrittivi; possiamo utilizzare le keyword individuate come centrali per il topic o comunque termini che fanno riferimento specifico al contenuto della pagina e che siano chiari e semplici da comprendere.
L’obiettivo è avere un indirizzo conciso – la lunghezza consigliata dalle best practices è tra i 50 e i 60 caratteri, evitando di superare i 115 caratteri per evitare problemi, chiaro e pertinente, che possa servire all’utente di comprendere immediatamente la sua correlazione con il contenuto a cui è interessato.
Anche in questo caso, il nostro riferimento deve essere l’utente ancor prima che il motore di ricerca, cercando di assicurare una facile accessibilità e un buon livello di esperienza a chi scopre il sito tra i risultati di una ricerca di Google. Si ritiene, infatti, che un URL composto in maniera molto distante dal contenuto in pagina o carico di parametri e caratteri non leggibili possa peggiorare il bounce rate e disincentivare la permanenza dei lettori sulle pagine.
Le best practices SEO per gli URL
Ecco dunque che si delineano alcune best practices SEO per la gestione degli URL:
- Mantenere il più possibile indirizzi semplici, pertinenti, convincenti e curati: questa è la chiave per convincere sia gli utenti sia i motori di ricerca.
- Anche se, come detto, negli URL è possibile includere numeri e codici ID, la migliore pratica è quella di usare parole che le persone possono comprendere, utilizzando percorsi semanticamente corretti e leggibili dagli utenti.
- Gli URL dovrebbero essere definitivi ma concisi: semplicemente leggendo l’URL un utente e un motore di ricerca dovrebbero capire cosa aspettarsi sulla pagina.
- Per agevolare la leggibilità utilizzare i trattini per separare le parole. Si consiglia di evitare underscore, spazi o altri caratteri per separare le parole: se però su un sito ci sono tutti gli Url con underscore, è sconsigliato cambiarli in corso d’opera.
- Gli URL sono case sensitive, per cui è meglio usare lettere minuscole perché in alcuni casi le lettere maiuscole possono causare problemi con pagine duplicate.
- Se possibile, evitare l’uso di parametri URL, che possono creare problemi con il tracking e il contenuto duplicato. Ad ogni modo, anche quando non è possibile farne a meno, è bene usare i parametri URL con parsimonia.
URL e SEO, i consigli di Google sulla lunghezza massima
La lunghezza degli URL ideale per la SEO è un tema che è stato spesso al centro del dibattito nella community internazionale, spingendo più volte Google – e in particolare il Search Advocate John Mueller – a intervenire per offrire chiarimenti e spiegazioni su ciò che è ritenuto SEO friendly per il motore di ricerca.
Il consiglio di massima è che, anche se la gestione degli URL non offre nessun effetto diretto in termini di ranking, ha comunque un impatto sul tipo di esperienza fornita agli utenti, sia in senso buono che in modo peggiorativo: se stiamo quindi valutando le opzioni per gestire gli indirizzi dei nostri contenuti in ottica SEO, è opportuno dedicare una (seppur minima) attenzione alla effettiva lunghezza degli URL, cercando di evitare alcuni errori che si possono rivelare dannosi.
La lunghezza ideale degli URL secondo Google
La rivelazione che arriva dal Googler nel corso di un hangout su YouTube è molto chiara, e poi ribadita ulteriormente in un appuntamento con #AskGooglebot: secondo John Mueller, l’URL ideale non dovrebbe mai superare i mille caratteri, anche se “immagino che si debba lavorare molto per creare indirizzi così lunghi”, ironizza.
Non superare mai i 1000 caratteri negli URL
Il consiglio di Google è semplice: anche se i browser Web possono gestire lunghezze fino a un massimo di duemila caratteri, gli URL di un sito dovrebbero essere brevi e non superare mai la soglia dei 1000 caratteri. È chiaro che un indirizzo più conciso è tendenzialmente preferibile, anche per questioni di condivisibilità e leggibilità da parte degli utenti umani, ma per i motori di ricerca non ci sono problemi fino a quando non si arriva alle quattro cifre.
Google non ha una soluzione preferita per la struttura degli URL
Questa buona pratica vale per tutte le tipologie di URL, spiega ancora Mueller: “alcuni siti utilizzano parametri, altri utilizzano cartelle con nomi di file, ognuno gestisce gli Url in modo leggermente diverso”, ma in linea di massima non c’è una soluzione ideale o preferita dal motore di ricerca, ci rivela il Googler.
Più precisamente, Google usa “gli URL come identificatori e non importa quanto siano lunghi” né il numero di slash presenti nell’indirizzo: il consiglio è di mantenerli più corti di 1.000 caratteri, “ma è solo per rendere più facile il monitoraggio”.
Quindi, la lunghezza di un URL non riguarda il ranking e potrebbe influire solo sull’aspetto degli snippet di ricerca.
Attenzione solo alla canonicalizzazione
C’è solo una sola parte dei sistemi di Google in cui la lunghezza dell’URL gioca un ruolo: la canonicalizzazione, ovvero ciò che accade quando il motore di ricerca trova più copie di una pagina sullo stesso sito web e deve scegliere un URL da utilizzare per l’indicizzazione. Come spiega Mueller in un successivo appuntamento con #AskGooglebot, se Google trova “un URL più corto e pulito, i nostri sistemi tendono a selezionare quello” rispetto a un indirizzo più lungo e complesso.
Non si tratta di un aspetto che influisce sul ranking della pagina, ma “è puramente una questione di quale URL viene mostrato nella Ricerca”, chiarisce ancora.
Per la SEO servono URL leggibili e scansionabili
In definitiva, quello che serve per la SEO e per l’usabilità del sito è che Google possa “prendere quell’URL che hai, scansionarlo, raccogliere il presente su quell’indirizzo e indicizzarlo“.
La lunghezza degli URL non fa la differenza per la SEO, quindi, e il modo in cui “determini quale URL utilizzare dipende da te”, dalle valutazioni personali, dalla tipologia del sito e così via: per Google serve solo che la stringa di caratteri sia leggibile, interpretabile da Googlebot e rimandi a una risorsa indicizzabile.
Tutte le altre questioni sono affidate al proprietario del sito, al webmaster ed eventualmente ai consulenti SEO che ci lavorano!
URL SEO friendly: meglio assoluti o relativi?
Un altro tema che causa spesso dubbi amletici alla SEO è quello degli URL assoluti versus URL relativi, che dà vita a pareri sono più divisi tra chi promuove l’adozione di una struttura contro chi invece mette in risalto i benefici di quell’altra.
Anche di questo ha parlato John Mueller all’interno di un’altra pillola di #AskGooglebot su YouTube, con un episodio incentrato appunto sul chiarire le differenze tra URL assoluti e relativi e se c’è una preferenza nel modo in cui un motore di ricerca esegue la scansione e indicizza questi indirizzi.
Cosa significa URL assoluti e URL relativi
Come detto, gli URL sono alla base di tutti i siti web e rappresentano in modo standard la posizione di una generica risorsa a cui l’utente può accedere; la localizzazione di una pagina web può avvenire fornendo un indirizzo URL di tipo assoluto o relativo.
L’URL assoluto è un indirizzo completo, che include tutti i dati necessari per accedere a quella pagina, file o risorsa – protocollo, server, percorso assoluto e nome del documento: come dice Mueller, equivale a “fornire a qualcuno l’indirizzo completo di un posto che sta cercando di raggiungere”.
L’URL relativo è un indirizzo parziale, relativo appunto alla posizione in cui l’utente si trova in quel momento sul sito, e associano il codice alla struttura della directory o al file corrente. Riprendendo l’esempio delle indicazioni stradali, il Googler spiega che è come dire a una persona “vai alla serra dritto in fondo alla strada”.
Le differenze tra URL assoluti e URL relativi
In modo ancora più preciso, seguendo anche le indicazioni di questa guida di Microsoft, un URL assoluto usa il formato < schema://server/path/resource >, mentre “un URL relativo individua una risorsa usando un URL assoluto come punto di partenza“, in quanto l’URL completo della destinazione “viene specificato concatenando gli URL assoluti e relativi”.
L’URL relativo è solitamente composto solo dal percorso (path) e, facoltativamente, dalla risorsa, mentre sono assenti lo schema e il server. In pratica, con gli indirizzi relativi sembra mancare tutto, tranne il nome del file, e il browser comprende che per completare l’URL e raggiungere effettivamente la pagina deve utilizzare il path della cartella corrente.
Può essere utile a questo punto chiarire la terminologia dell’URL:
- Schema, che specifica la modalità di accesso alla risorsa.
- Server, parte che specifica il nome del computer in cui si trova la risorsa.
- Path, specifica la sequenza di directory che portano alla destinazione. Se la risorsa/resource viene omessa, la destinazione è l’ultima directory nel percorso.
- Resource / Risorsa, è la destinazione, in genere il nome di un file. Può trattarsi di un file semplice, contenente un singolo flusso binario di byte, o di un documento strutturato, contenente uno o più archivi e flussi binari di byte.
URL assoluti o relativi: qual è la scelta migliore per il sito
In termini pratici, impostare un URL assoluto o un URL relativo genera ovviamente una differenza per il sito.
Nel primo caso, l’indirizzo contiene più informazioni e fa riferimento preciso a una posizione unica e a un file unico; inoltre, l’uso di URL assoluti è obbligatorio per i link in uscita verso altri siti, che hanno quindi un nome di dominio diverso, perché altrimenti non possono essere correttamente individuati dal browser.
Il problema con gli URL assoluti nasce in caso di eventuali interventi di migrazione o trasferimento del sito, perché se spostiamo il sito su un altro server o un altro dominio, dobbiamo necessariamente riscrivere tutti gli indirizzi per consentire di raggiungere efficacemente le risorse.
È (anche) per questo motivo che, solitamente, si ritengono più preziosi e comodi gli URL relativi, che sono più brevi e più portabili – anche se, come sottolineato, servono solo per fare riferimento a collegamenti che risiedono sullo stesso server della pagina corrente. In caso di migrazione, infatti, non sarà necessario procedere alla riscrittura di tutti gli URL delle pagine né a correggere i link interni tra le pagine del sito, perché queste risorse funzioneranno sempre correttamente indipendentemente dalla loro collocazione, senza errori di indirizzamento.
Inoltre, gli indirizzi relativi sono consigliati anche per i siti organizzati in directory, perché facilitano la gestione della moltitudine di pagine registrate e raggruppate in più cartelle, in quanto prevedono soltanto le informazioni strettamente necessarie per reperire le pagine all’interno del sito.
Quale opzione scegliere per la SEO
La differenza tra URL assoluto e URL relativo ha quindi una spiegazione tecnica e pratica; ma qual è la posizione di Google, e quindi qual è la scelta migliore per la SEO?
Secondo John Mueller, in realtà non c’è una soluzione preferita o perfetta perché, “se implementati correttamente, entrambi questi approcci portano esattamente alla stessa posizione” e quindi per la Ricerca Google “non importa affatto quale di questi si usa sul sito”.
In termini di ottimizzazione e di ranking, quindi, “Google tratta entrambi esattamente allo stesso modo”, e anzi possiamo “anche usare entrambi i tipi di URL all’interno dello stesso sito web, perché non c’è assolutamente nessuna differenza relativa”.
Ciò che conta per la Ricerca e, più in generale, per i motori di ricerca è avere a disposizione un URL univoco per elemento di contenuti, che consenta quindi di eseguire la scansione e indicizzare quei contenuti in modo da presentarli agli utenti, ma il modo in cui garantire questa richiesta è a nostra discrezione.
URL e SEO, cambiare struttura non è una soluzione consigliata
A proposito di URL SEO friendly, c’è un altro consiglio che arriva da Mountain View e che dovrebbe essere messo in pratica da chi si occupa di SEO tecnica sul sito: impostare in partenza una struttura efficace degli URL è senza dubbio una chiave per evitare cambiamenti in corso d’opera che possono compromettere la user experience e i risultati del sito sui motori di ricerca, e quindi andiamo a vedere cosa significa e come raggiungere questo obiettivo.
Il valore degli URL per la SEO e l’usabilità del sito
Per la SEO e per l’usabilità del sito ci sono alcune norme da rispettare nei confronti degli URL, come detto, a cominciare dai criteri di leggibilità, possibilità di rendere l’indirizzo interpretabile da Googlebot e rimando a una risorsa ugualmente accessibile per l’indicizzazione sul motore di ricerca.
Cambiare struttura degli URL? Una scelta da valutare con attenzione
Premesso questo, ci sono situazioni in cui si può valutare l’ipotesi di trasformare la struttura usata per gli URL e di optare per una soluzione maggiormente SEO-friendly (almeno in apparenza): tecnicamente, si può procedere con un intervento di migrazione degli URL del sito che risulta utile soprattutto quando ci sono problemi e si esegue con regole di riscrittura.
Il consiglio è di evitare stravolgimenti degli indirizzi del sito
In linea di massima, però, bisognerebbe cercare di evitare il ricorso a queste tecniche perché ci sono tanti errori che possono compromettere la salute del progetto, e soprattutto bisogna sempre farle affidandosi a professionisti esperti perché perdere o lasciare qualcosa nella fase di rinnovamento della struttura degli URL può costare classifiche e traffico al sito.
Quando le modifiche degli Url sono inevitabili
Dunque, è il caso di ponderare con attenzione la situazione e chiedersi perché si pensa di cambiare URL del sito. Ci sono momenti in cui tale modifica è inevitabile: tra i motivi più comuni ci sono il rebranding, la migrazione del sito o la riprogettazione profonda del sito e di alcuni elementi base (il nome di dominio, tipi di prodotto, focus dei topic), cambi di piattaforma CMS che non consente più di conservare gli stessi indirizzi, o presenza di problemi come date obsolete negli indirizzi, elementi inutili, spostamento di intere directory.
Le conseguenze sull’usabilità
Tuttavia, secondo gli esperti in altre circostanze meno urgenti sarebbe sempre meglio evitare di cambiare la struttura degli URL, anche a prescindere dai ragionamenti SEO. Solo per fare degli esempi, una modifica potrebbe non far più funzionare i segnalibri che gli utenti hanno salvato nel proprio browser dalla visita del sito o dalle precedenti campagne di email marketing o newsletter: ogni stravolgimento della struttura dell’URL rimuove la relazione diretta che l’utente ha con un sito.
Non meno complessa è la gestione dei redirect 301: se il sito è stato sottoposto a una completa ristrutturazione, potrebbe non esserci una pagina diretta a cui reinviare l’utente, e quindi nel processo si rischia di perdere quel traffico (e il posizionamento precedentemente guadagnato).
I pericoli SEO dello stravolgimento degli URL
E veniamo quindi ai pericoli legati alla SEO che queste modifiche possono provocare (e che quindi dovrebbero invitare quanto meno a una riflessione lunga prima di lanciarsi nell’operazione): i principali sono la gestione dei link e dei precedenti backlink ricevuti e il tempo necessario a Google per riscoprire le pagine del sito attraverso i nuovi URL.
Rischio di perdere backlink
Per quanto riguarda il primo punto, sappiamo che i link sono ancora uno dei principali fattori di ranking e che la qualità e la quantità dei collegamenti sono un segnale e una delle misure con cui Google stima la potenziale pertinenza e affidabilità di un sito. In questo processo non bisogna quindi dimenticare tutti i link esterni al sito Web, che bisognerebbe cercare di modificare e aggiornare: operazione non sempre possibile e non sempre facile, perché potrebbe essere necessario contattare i vari webmaster per chiedere le modifiche agli indirizzi. Più in generale, poi, bisogna cambiare anche le campagne a pagamento, le piattaforme social e la pubblicità off-site.
Curare bene i link interni
Quando si realizza una riprogettazione del sito si rischia di trascurare poi i link interni, riducendo così il valore SEO del nuovo progetto: è perciò fondamentale creare una sitemap “prima e dopo”, assicurandosi di reindirizzare le pagine da abbandonare (ma ancora utili anche per il traffico) tramite un 301 permanente a una nuova pagina che corrisponda a quella precedente in termini di topic.
Se invece si esegue un redirect verso una pagina con contenuto non simile al precedente si potrebbe perdere PageRank, perché Google potrebbe rimuovere il valore di tali collegamenti. Allo stesso modo, non si dovrebbe mai reindirizzare tutte le pagine sulla home page o su una pagina di livello superiore, perché quei backlink potrebbero essere svalutati in quanto non attinenti.
A Google serve tempo per riscoprire i nuovi URL
L’altro fronte problematico riguarda i tempi che servono a Google per riscoprire ed elaborare correttamente i nuovi URL del sito, e durante questo periodo è possibile riscontrare una flessione delle classifiche e quindi del traffico organico. Certo, si tratta di una eventualità e di una situazione temporanea (se si esegue correttamente il processo di migrazione), ma comunque è un fattore da tenere in considerazione quando si valuta se è il caso di cambiare struttura degli Url. Per questo motivo potrebbe essere utile pianificare questi interventi durante il periodo meno impegnativo dell’anno e di seguire tutti i protocolli appropriati per evitare errori.
Il consiglio di John Mueller: non cambiare URL se non è necessario
In conclusione, ricordiamo cosa dice il nostro John Mueller (in un commento su reddit) sulla modifica della struttura degli URL, perché sintetizza tutto quello che abbiamo scritto fin qui:
I’d avoid changing URLs unless you have a really good reason to do so, and you’re sure that they’ll remain like that in the long run.
ovvero, in italiano, “eviterei di cambiare gli URL a meno che tu non abbia una buona ragione per farlo e che tu non sia sicuro che rimarranno così a lungo termine”.