Thin content: cosa sono e perché sono un problema
In inglese si chiamano thin content, che possiamo tradurre come contenuti scarni o sottili: in un certo senso, sono l’esatto opposto dei contenuti utili che dovrebbero essere l’obiettivo da raggiungere per ogni pagina web. Come spiega Google, infatti, i contenuti thin non sono unici e rilevanti, non offrono agli utenti una ragione per visitare il sito regolarmente e, in definitiva, il motore di ricerca può classificare tali pagine come di poco o nullo valore aggiunto e di bassa qualità. Per questo motivo, chi gestisce un progetto web o si occupa di scrittura online deve comprendere appieno il significato e le implicazioni del thin content, che rappresenta un problema concreto, capace di incidere negativamente sulle performance del sito e, di conseguenza, sulla sua visibilità nelle SERP di Google.
Thin content: cosa sono i contenuti scarni
Thin content si riferisce a quei contenuti che, per la loro scarna qualità o quantità, non riescono a soddisfare le aspettative di Google e, soprattutto, quelle degli utenti.
Di per sé, l’aggettivo thin suggerisce immagini legate all’esilità o al sottigliezza; in ambito digital e in particolare nella SEO, però, questo concetto assume un’accezione tecnico-strategica ben definita. Letteralmente, il termine anglosassone significa “sottile” o “scarso” e l’aggettivo “scarno” in italiano è forse la traduzione più diretta, perché ben rimanda al concetto di una povertà contenutistica che non aggiunge valore a chi fruisce della pagina web.
Quando parliamo di thin content, dunque, ci riferiamo a pagine che, pur avendo un contenuto visibile, non sono in grado di rispondere in modo esaustivo o significativo alle query degli utenti.
Che significa il thin content nella SEO
Google non ama i contenuti “scarni”: ne ha parlato chiaramente nelle sue linee guida, etic