Come misurare il ROI della SEO

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Monitorare i rendimenti è un must in ogni tipo di business e attività, lo ripetiamo spesso, perché solo in questo modo possiamo sapere se il lavoro e l’impegno che stiamo mettendo in campo stia effettivamente dando frutti. Ma c’è di più: dobbiamo tenere sotto controllo anche la spesa economica, per comprendere se e quanto l’investimento attivato nel suo complesso sia stato o meno remunerativo. È proprio questo l’aspetto che misura il ROI, Return On Investment, un indicatore utilizzato per calcolare la redditività di un investimento, ottenuto dividendo il guadagno (o la perdita) per l’investimento totale effettuato: analizziamo questo rilevante parametro e scopriamo anche in che modo si applica alla SEO e al digital marketing.

Che cos’è il ROI, Return On Investment

ROI è l’acronimo di Return On Investment, traducibile in italiano come “ritorno sull’investimento”, ed è un indicatore finanziario che misura l’efficacia di un investimento perché indica il rapporto tra il guadagno ottenuto e la spesa servita per lo scopo: in sostanza, il ROI serve a capire se un investimento ha prodotto o no un guadagno rispetto alla spesa sostenuta per realizzarlo.

Dal punto di vista pratico, come vedremo poi in dettaglio, il ROI si calcola dividendo il guadagno netto ottenuto dall’investimento per la spesa sostenuta, con un valore espresso in percentuale che rappresenta, quindi, il reale profitto derivante da quella attività.

Il calcolo del ROI è fondamentale per valutare la redditività dei progetti e delle attività aziendali, permettendo di prendere decisioni consapevoli e di allocare le risorse in modo più efficace ed efficiente. Questo parametro è largamente usato per valutare la performance di diverse tipologie di investimenti, come ad esempio azioni, obbligazioni, proprietà immobiliari o progetti di business, e può essere utilizzato anche per paragonare l’efficacia di diversi investimenti tra loro e scegliere quello più conveniente.

Grazie alla facilità di lettura, infatti, è possibile confrontare rapidamente un tipo di ROI con i rendimenti di altri interventi, così da misurare e valutare una varietà di tipi di investimenti per determinare quello più proficuo.

Come si calcola il ROI: formula ed esempi

Veniamo quindi ai “numeri”. La formula per calcolare il ROI è la seguente:

ROI = (Guadagno totale – Investimento) / Investimento x 100

a volte espressa anche come:

Guadagno netto / Investimento x 100

Il guadagno netto, infatti, rappresenta l’ammontare totale dei profitti generati dall’investimento, al netto delle spese sostenute per realizzarlo (e quindi è esattamente il valore della differenza tra Guadagno totale e Investimento, espressi nella prima formulazione). Il costo dell’Investimento include tutte le spese sostenute per acquistare, produrre o implementare l’investimento.

In definitiva, quindi, la formula del ROI è abbastanza semplice: si divide il guadagno netto dell’investimento per il costo dell’investimento stesso, e il risultato finale viene espresso in percentuale.

Ad esempio, se investiamo 10.000 euro in un progetto e otteniamo un guadagno di 12.000 euro, il calcolo del ROI sarà il seguente:

ROI = (12.000 euro – 10.000 euro) / 10.000 euro x 100 = 20%

E quindi, l’investimento ha generato un guadagno del 20% rispetto all’importo investito.

A cosa serve questo parametro (e quali sono i limiti)

Date le sue peculiarità, il ROI è uno strumento utile per valutare la redditività di un progetto o di una campagna pubblicitaria, ma anche per prendere decisioni informate e razionali nell’ambito dell’impresa sulla base di dati concreti, e può servire in diversi contesti, dal mondo degli affari all’ambito degli investimenti personali.

In pratica, si calcola dividendo l’utilizzo generato dall’investimento (ad esempio, le vendite) per il costo dell’investimento stesso: se il valore è positivo, l’investimento ha generato un guadagno superiore alla spesa sostenuta, mentre se è negativo significa che l’investimento ha comportato una perdita.

Ma a cosa serve il ROI? Innanzitutto, permette di monitorare le performance dell’azienda e di individuare eventuali aree di miglioramento; inoltre, consente di valutare la convenienza di un investimento rispetto a un altro e di scegliere la strategia migliore in base ai risultati attesi.

Ad esempio, se vogliamo lanciare una nuova linea di prodotti o servizi, possiamo valutare il ROI delle diverse opzioni disponibili e scegliere quella che garantisce il miglior ritorno sull’investimento, oppure usare l’indicatore come parametro per remunerare i dipendenti o per negoziare con i fornitori.

Tuttavia, il ROI va sempre considerato in relazione ad altri indicatori finanziari e non deve essere l’unico criterio di valutazione degli investimenti, anche perché esistono alcuni limiti nel suo utilizzo che è importante prendere in considerazione.

In primo luogo, il ROI non tiene conto di tutti i costi dell’investimento, ma solo di quelli direttamente correlati all’attività in questione: ciò significa che non vengono considerati i costi indiretti, come ad esempio quelli legati alla gestione delle risorse umane o alla manutenzione degli impianti.

Inoltre, il ROI non considera il tempo impiegato per ottenere il ritorno sull’investimento: ad esempio, se un investimento richiede molti anni per generare un ritorno significativo, il ROI potrebbe apparire basso anche se l’investimento nel lungo termine si rivelerà redditizio.

Terzo punto, il ROI può essere influenzato da fattori esterni indipendenti dall’investimento stesso, come ad esempio le fluttuazioni del mercato o i cambiamenti normativi: in questi casi, il ROI potrebbe fornire una valutazione distorta dell’efficacia dell’investimento.

Infine, è importante notare che il ROI non tiene conto delle implicazioni a lungo termine dell’investimento sulla reputazione dell’azienda o sulla soddisfazione dei clienti, fattori intangibili possono essere difficili da quantificare ma sono rilevanti per valutare l’impatto complessivo dell’attività sull’organizzazione.

Anche per questo motivo, quindi, l’utilizzo del ROI è sicuramente utile per valutare l’efficacia degli investimenti, ma ancora più opportuno è integrarlo con altre metriche e altri fattori qualitativi per ottenere una valutazione più completa e accurata.

ROI negativo: cause ed effetti

Come sintetizzato prima, se il ROI è positivo, significa che l’investimento ha generato un profitto, mentre se è negativo, significa che l’investimento ha generato una perdita.

In questi casi, la metrica ci dice che l’investimento non sta funzionando come previsto e sta causando una perdita di denaro. In questa situazione, è importante comprendere le cause del ROI negativo e prendere provvedimenti per correggere la situazione.

Le possibili ragioni per un ROI negativo possono includere il costo elevato dell’investimento, la mancanza di una domanda sufficiente per il prodotto o servizio offerto, problemi organizzativi o gestionali o una concorrenza troppo forte.

Per risolvere la situazione del ROI negativo potrebbe essere necessario ridurre i costi dell’investimento, aumentare gli sforzi di marketing e vendita per aumentare la domanda del prodotto o servizio, ristrutturare l’organizzazione o migliorare la gestione aziendale. In alcuni casi, potrebbe essere necessario abbandonare completamente l’investimento e cercare altre opportunità più promettenti.

Cosa sono gli indicatori di redditività?

Sintetizzando, dunque, il ROI è una metrica molto utile ma che va interpretata insieme ad altri parametri per ottenere un quadro quanto più possibile completo ed efficace. Possiamo ad esempio aggiungere all’analisi anche gli altri indicatori di redditività, che sono appunto misure utilizzate per valutare la capacità di un’azienda di generare profitti rispetto ai costi sostenuti.

Questi indicatori sono utilizzati per valutare la performance dell’azienda e possono essere utilizzati anche come strumento di analisi per prendere decisioni sulla gestione del business, e in generale per controllare la salute finanziaria dell’azienda.

Il ROI è effettivamente uno dei principali indicatori di redditività, ma sono utili anche il ROE, ovvero il Return On Equity, che misura la redditività degli azionisti calcolando il rapporto tra il profitto netto dell’azienda e l’equity (il capitale) degli azionisti – in breve, un ROE elevato indica che l’azienda sta generando profitti consistenti rispetto al capitale investito dagli azionisti.

C’è poi il margine di profitto, che misura la percentuale di profitto netto su ogni euro di vendite: anche in questo caso, intuitivamente, un margine di profitto elevato indica che l’azienda sta generando profitti consistenti rispetto alle vendite.

Infine, l’EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) serve per valutare la redditività operativa dell’azienda: questo indicatore calcola i profitti dell’azienda prima degli interessi, delle tasse e delle spese relative alla deprezzamento dei beni e ammortamento delle immobilizzazioni.

In ogni caso, è importante sottolineare che gli indicatori di redditività non devono essere considerati singolarmente, ma devono essere valutati in modo integrato con altri fattori come ad esempio la situazione del mercato, la concorrenza e le politiche aziendali, sempre con l’obiettivo di avere una visione più completa e accurata della performance dell’azienda.

Il ROI nel marketing digitale: importanza e utilizzi pratici

Venendo a tematiche più vicine al nostro ambito di azione, il Return on Investment può essere un indicatore utile per valutare l’efficacia delle attività di marketing di un’azienda, andando a misurare il rapporto tra il guadagno ottenuto e la spesa sostenuta per una specifica campagna pubblicitaria o per un’azione promozionale.

L’importanza del ROI sta nel fatto che ci permette di valutare in modo oggettivo se le strategie di marketing stanno generando effettivamente dei profitti: grazie al dato ottenuto, infatti, comprendiamo subito quali sono le campagne che producono un ritorno maggiore e quali invece vanno ottimizzate o abbandonate, così da prendere decisioni informate sulla destinazione delle risorse finanziarie in futuro. Se una campagna ha prodotto un ROI positivo, infatti, possiamo pensare di investire maggiormente in quella direzione per massimizzare i profitti, mentre quando una campagna produce un ROI negativo ci dà un’indicazione di segno opposto, invitandoci a riflettere sull’opportunità di ridurre gli investimenti in quella strategia e puntare su altre soluzioni.

Inoltre, il calcolo del ROI è particolarmente utile anche per dimostrare l’efficacia delle attività di marketing ad altri stakeholder dell’azienda, come ad esempio i dirigenti o gli investitori, o ai clienti che ci hanno affidato il lavoro, perché ci dà modo di dimostrare con numeri concreti l’impatto degli interventi attuati sull’andamento economico dell’azienda.

Più precisamente, il ROI nel marketing digitale si calcola in base ai risultati ottenuti dalle campagne pubblicitarie online, come ad esempio il numero di click sulle inserzioni pubblicitarie o il tasso di conversione delle landing page, sempre confrontando i risultati con le spese effettuate per la pubblicità online.

Che cos’è il ROI nella SEO e come calcolare il ROI della SEO

Quanto detto vale anche nel più specifico della SEO, dove il ROI serve a misurare il ritorno sull’investimento di tutte le attività legate all’ottimizzazione della visibilità organica.

Ovvero, in termini più semplici, il rapporto tra quanto spendiamo in SEO e i risultati che effettivamente otteniamo.

Individuare il ROI delle strategie online può essere complesso, anche perché i tempi della SEO non sono rapidi e porta risultati significativi solo con la giusta pazienza e capacità di attesa, ma comunque ci sono una serie di KPI che possiamo tenere sotto controllo per capire qual è la direzione intrapresa dal nostro lavoro rispetto agli obiettivi aziendali.

In particolare, il ROI nella SEO si può misurare attraverso l’analisi dei risultati ottenuti dalle attività di ottimizzazione del sito web, come ad esempio l’aumento del traffico organico, la diminuzione del bounce rate o l’aumento delle conversioni.

Il valore del ROI nella SEO

Sappiamo bene quanto conta la SEO, ma anche quanto possa essere difficile l’attività di ottimizzazione del sito, che si disperde in tantissimi aspetti di tipo tecnico, contenutistico ma anche “relazionale”: anche dopo le fasi di pianificazione e individuazione delle risorse, l’applicazione della strategia potrebbe poi non tradursi immediatamente in entrate organiche, e ciò potrebbe rendere complesso giustificare il costo dell’attività (e motivare la sua utilità) senza conoscerne l’effettivo ROI, che ci permette appunto di determinare il vero valore delle iniziative di miglioramento della visibilità organica del brand.

Il ROI della SEO – per definizione, il valore del ritorno dell’investimento degli sforzi SEO – può diventare un nostro importante alleato, perché ci aiuta a mettere in prospettiva il valore finanziario degli sforzi in marketing digitale, ma il suo calcolo non è immediato quanto quello degli esempi precedenti, più quantificabili.

Ad esempio, se vogliamo misurare il ritorno dell’investimento per la pubblicità Pay-Per-Click (PPC) possiamo semplicemente far riferimento alle cifre esatte dell’investimento in un determinato periodo, perché per sua peculiarità con il PPC paghiamo un importo definito per ogni clic sugli annunci. Di base, il costo PPC comprende l’importo che ci viene addebitato per clic più il costo legato al team interno che gestisce le campagne PPC (o le spese di agenzia, se abbiamo esternalizzato la gestione della SEA), e quindi il ROI di una campagna PPC si calcola rapidamente dividendo il guadagno per le cifre di questo investimento.

Il calcolo del ROI per la SEO è un po’ più impegnativo, perché non vi è alcun costo fisso per clic organico e non è possibile misurare direttamente l’impatto che gli sforzi SEO hanno sulle entrate organiche generate dal traffico di ricerca. In linea di massima, il sito ha un ROI positivo se le entrate organiche generate dalle campagne SEO sono superiori al loro costo, nella consapevolezza che la SEO è un’attività strategica sul lungo periodo e non una tattica di soluzione rapida.

Possiamo più proficuamente calcolare il ROI atteso, una stima previsionale del profitto che una campagna SEO potrebbe generare sulla base di costi stimati, entrate e altre ipotesi, e confrontarlo con il ROI effettivo, che è il vero ritorno dell’investimento derivato da quella campagna.

Come calcolare il ROI della SEO: formule e informazioni

Concettualmente, il calcolo del ROI della SEO è molto simile al calcolo del ROI di qualsiasi altro tipo di investimento aziendale. Ci servono sempre due cifre: quanto investiamo (costo) e quanto otteniamo (guadagno).

Nel nostro settore, il “costo SEO” rappresenta la somma di denaro spesa per le campagne SEO, calcolata considerando vari fattori: ad esempio, se gestiamo la SEO internamente o lavoriamo con un’agenzia, se ci sono costi legati all’utilizzo di tecnologie o tool specifici per supportare la strategia SEO, eventuali spese per prodotti eccetera. Nello specifico, il costo delle risorse interne è facile da misurare se il professionista o il team lavora a tempo pieno solo sulla SEO; se invece si dedica anche ad altre attività, dovremmo valutare come spesa solo il tempo effettivamente speso per la SEO (basandoci su una stima della tariffa oraria).

È importante capire che il monitoraggio delle conversioni (e in definitiva il ROI) avrà un aspetto diverso se gestiamo un sito di e-commerce (vendiamo un prodotto) o un’attività basata sui lead (forniamo un servizio): i siti di e-commerce dispongono di dati dalle loro transazioni online che mostrano esattamente quanto guadagnano dalle vendite web, mentre le aziende basate sui lead devono assegnare un valore monetario ai loro tipi di conversioni. Sebbene sia più semplice e accurato monitorare le conversioni per l’e-commerce, è certamente possibile per le aziende basate sui lead.

Intuitivamente, in questo secondo caso il guadagno SEO non è solo l’importo economico che ritorna dalle campagne, ma anche il valore ottenuto misurando le prestazioni organiche del sito web. In tal senso, diventa vitale individuare gli indicatori chiave di prestazione (KPI), e in particolare tenere sotto controllo i seguenti parametri per verificare che i nostri sforzi stiano dando i loro frutti:

  • Ranking. Sarà banale dirlo, ma monitorare il posizionamento delle principali keyword nel tempo riflette direttamente il successo di una strategia SEO.
  • Traffico organico. Questo KPI tiene traccia di quanti visitatori arrivano al sito Web (home page) e alle pagine chiave dai risultati di ricerca organici.
  • Frequenza di rimbalzo. Il bounce rate stima la percentuale di utenti che entrano nel sito web e ne escono senza eseguire alcuna azione e indica quindi l’assenza di qualsiasi interazione tra visitatore e contenuto. Non basta però soffermarsi al solo dato numerico: le alte frequenze di rimbalzo possono avere diverse ragioni e a volte derivano da problemi tecnici SEO, ma se ad esempio una pagina specifica soddisfa il suo intento (gli utenti trovano le informazioni di cui hanno bisogno e se ne vanno di nuovo), il “rimbalzo” non è dovuto a scarse prestazioni del sito web ma è per così dire “naturale”.
  • CTR organico (percentuale di clic). Il CTR misura il rapporto tra gli utenti che hanno fatto clic sul sito perché apparso nei risultati di ricerca di Google rispetto al numero totale di utenti che hanno visualizzato i risultati di ricerca. Un CTR elevato indica che abbiamo scelto come target il pubblico giusto e abbiamo un sito e contenuti sufficientemente attraenti da consentire a un’alta percentuale di utenti di fare clic sul link.
  • Conversioni soft e hard. Le conversioni hard possono essere invii di moduli di contatto, telefonate, registrazioni demo, eccetera, e sono generalmente considerate i tipi tradizionali di conversioni perché mostrano un chiaro intento. Le conversioni soft indicano un chiaro interesse: iscrizione alla newsletter, download di contenuti, condivisioni e Mi piace sui social, ad esempio. Di solito, è più naturale tendere a concentrarsi sulle conversioni hard, ma sarebbe opportuno mantenere i due in equilibrio, coinvolgendo a pieno i visitatori nel nostro ecosistema di marketing attraverso follow-up.
  • Velocità del sito. Oltre a essere un fattore di ranking, migliorare la velocità di caricamento contribuisce a migliorare l’esperienza dell’utente e a ridurre le sue frustrazioni legate ai tempi di attesa.
  • Pagine per sessione. Rappresenta il numero medio di pagine visualizzate dai visitatori durante una sessione: contrariamente alla frequenza di rimbalzo, un numero elevato di pagine per sessione significa che gli utenti interagiscono con i contenuti del sito web.
  • Impressioni organiche. Il conteggio di quante volte è stato visto il sito web per tutte le query di ricerca eseguite, che può aiutare a misurare una migliore brand awareness per i termini di ricerca chiave.

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