Rand Fishkin: Google oggi è il competitor di tutti i siti web

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La scorsa settimana, parlando delle reazioni della comunità SEO all’attacco del Wall Street Journal contro Google, avevamo riportato anche la posizione di Rand Fishkin, sottolineando come fosse significativo il suo intervento in difesa di Big G, contro cui il fondatore di Moz e di Sparktoro non è mai stato particolarmente tenero. Ed ecco che arriva una nuova conferma, con l’intervento “Google in 2020: From Everyone’s Search Engine to Everyone’s Competitor” con cui Fishkin ha aperto l’evento SMX East a New York.

Google è il nuovo competitor di tutti i siti

Dalle pagine del blog della sua (nuova) compagnia, Fishkin spiega il ragionamento che ha portato avanti nel suo intervento (oltre 80 slide, leggibili sempre all’interno della pagina): Google sta abbandonando il suo ruolo di motore di ricerca (search engine) per avvicinarsi a un motore di risposta (answer to engine) e, tendenza sempre più recente ed evidente, a competitor diretto di un numero enorme di siti e settori di business.

Sempre più strumenti, funzioni e risorse per catturare utenti

In questa ottica, la strada per i web marketer sembra chiara e segnata: la più grande fonte di traffico sul web – gratuita e a pagamento – sta diventando un “giardino recintato“, interessato non solo a mantenere le persone nelle sue proprietà, ma a competere direttamente con le realtà che l’hanno aiutato a diventare un potere monopolistico e dominante. Lo abbiamo visto di recente con Google Shopping, ma anche con gli esempi di SERP senza link e con box diretto di risposta.

Come diversificare le fonti di traffico secondo Rand Fishkin

Secondo Fishkin, “se sei un marketer o un’azienda che si affida a Google hai ancora tantissime opportunità, almeno nella maggior parte dei settori – mi dispiace per Expedia, Yelp, TripAdvisor e chiunque cerchi di competere contro YouTube”. Tuttavia, per stare al passo bisogna pianificare il metodo giusto di diversificare le fonti di traffico, far crescere la domanda branded al di fuori della ricerca e come guadagnare valore dalle ricerche a zero clic.

Nuove stime sull’erosione di traffico organico

Proprio su quest’ultimo fronte arrivano nuovi dati che confermano l’erosione dei clic provenienti dalle pagine di ricerca di Google: oltre la metà delle ricerche su Google da mobile e quasi il 35% da desktop si è conclusa senza che l’utente abbia poi visitato altri contenuti, come segnala l’analisi di Jumpshot. Inoltre, secondo Fishkin la tendenza continua a essere un calo dell’organico a fronte di un aumento di ricerche che si completano su Ads o con nessun clic.

Quota di mercato dei motori di ricerca

Il 7,5 delle ricerche porta a proprietà Google

Nello specifico, solo a settembre 2019 “il 7,5% di tutte le ricerche ha portato a un clic su una proprietà Alphabet“, ovvero la holding che controlla Google e le altre aziende collegate. Quindi, già oggi “Google è il principale beneficiario della Ricerca su Google, perché nessun altro sito si avvicina a quel dato del 7,5%”, emerge dall’indagine. Basti pensare, come dicevamo anche in un altro articolo sull’ottimizzazione SEO delle immagini, che il secondo motore di ricerca più usato è Google Immagini!

Google lancia la sfida a ogni sito e settore

Ma non c’è solo questo da evidenziare, perché Google è entrato in competizione in tanti altri settori attraverso le risposte dirette e le “incursioni” in nicchie verticali, come meteo, viaggi, locali e recensioni, che consentono all’utente di ottenere le informazioni richieste senza mai fare clic sui siti che hanno originariamente pubblicato questi contenuti.

Portando come dimostrazione i risultati di Google Hotels, Flights, Jobs Search, del “local pack” e degli altri tipi di rich results che compaiono sulla pagina principale dei risultati, Fishkin afferma che “la tendenza è molto diffusa” e sottrae traffico e business “a Skyscanner e Kayak nei viaggi, a Eater e Yelp nei risultati local, da US News e FiveThirtyEight nelle classifiche dei college, a Wunderground e Weather.com per il meteo, a MetaCritic e PC Game”. In pratica, tutti i siti tranne quelli di Alphabet stanno perdendo quando si cercano temi di “cultura popolare e media“.

Come resistere a Google?

Cosa possono fare i siti per continuare a competere? Nel suo intervento, l’esperto SEO offre qualche indicazione pratica: il primo passo è ” trovare il modo di rendere il nostro marchio quello che cercano gli utenti”, ovvero brandizzare la ricerca. Proseguendo l’esempio sulle previsioni, “non voglio più solo traffico per la keyword meteo, ma voglio ricerche per il mio marchio, per Weather Underground, Weather.com e Weather Channel”.

Esempio di query monopolizzata da Google

Puntare su ricerche branded e rafforzare il marchio

Inoltre, bisogna trovare il modo di beneficiare delle ricerche a zero clic, cercando di posizionarsi nei featured snippet con contenuti mirati e guadagnare così la fiducia e la familiarità degli utenti verso il proprio brand, che può aiutare la visibilità. Anche l’acquisto di Ads può essere pensato come strategia, così come possono risultare utili campagne promozionali offline vecchio stampo, come “cartelloni pubblicitari, annunci radiofonici e televisivi”, che possono influenzare il comportamento di ricerca.

È poi importante implementare correttamente il knowledge panel legato al proprio brand, certificandone la proprietà e chiedendo eventualmente modifiche se necessario, perché questa feature può aiutare a influenzare positivamente la percezione del marchio. Insomma, secondo Rand Fishkin dobbiamo pensare alla gestione della reputazione e alla branding awareness in ottica SEO per ottimizzare i risultati delle ricerche branded.

Le strategie per continuare a competere

Si pone a questo punto il classico dilemma del prigioniero, che per i siti assume questa forma: “Ottimizzo i contenuti per le ricerche a zero clic, per fornire queste risposte, contrassegno i miei risultati nel modo in cui Google li vuole, ma dall’altro lato mi espongo a una consequenziale perdita di traffico organico dalle ricerche”.

Dilemma SEO: ottimizzare o no per rich snippet?

La soluzione al dilemma del prigioniero SEO

Il meccanismo suggerito per uscir fuori da questo dubbio divide il problema in due categorie: un percorso da seguire per tutti i tipi di contenuto che possono emergere come rich results (l’immagine qui sopra) e un’altra specifica per i risultati di ricerca derivati ​​da dati strutturati (l’immagine successiva).

I siti che si trovano nel primo caso devono porsi due domande: “ho benefici nel posizionarmi per questa query anche senza traffico?”, seguita da “il mio team o cliente darà credito ai posizionamenti che non portano traffico?”. In caso di risposta affermativa a entrambe le domande, si deve investire in quella che Fishkin definisce On-Serp SEO, ovvero l’ottimizzazione per i rich results e le altre feature proposte da Google; altrimenti, bisogna focalizzare gli sforzi sulle parole chiave che generano (ancora) traffico.

Per i dati strutturati, le domande sono “guadagno o perdo valore aggiungendo dati strutturati che Google potrebbe usare in un box di risposta diretta?”, e poi “preferisco piazzarmi in un answer box o cederlo a un competitor per focalizzarmi su altre parole chiave?”. Se le risposte sono positive, si andrà a lavorare all’aggiunta dei dati strutturati, mentre in caso opposto conviene da subito spostare la strategia verso altre opportunità.

Soluzioni per chi opera con dati strutturati

Creare una domanda per il brand per proteggersi da Google

In definitiva, ogni sito deve cercare di proteggersi dalla competizione che sicuramente Google porterà in ogni settore, ma Fishkin lascia un messaggio di speranza dicendo che “abbiamo opportunità per costruire il nostro brand e avere successo”. È chiaro che basarsi sui motori di ricerca per raggiungere i clienti rende intrinsecamente i marchi dipendenti dal modo in cui tali motori di ricerca forniscono risultati: tuttavia, integrando gli sforzi SEO con una strategia che crea domanda per il brand potremmo riuscire a preservarci da questi cambiamenti e stare al passo con la concorrenza.

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