Google diventa sempre più un motore di risposta

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È da qualche tempo che Google sta mutando pelle, evolvendosi da classico motore di ricerca a una forma che potremmo definire “motore di risposta“: abbiamo raccontato qualche esempio nei mesi passati, con i box assoluti che compaiono al posto delle tradizionali SERP quando si chiedono informazioni precise su meteo, calcoli e orari, e da qualche giorno c’è una novità speciale riservata agli utenti di Big G.

Google Ricerca IndicazioniLa novità per le ricerche su Google

Più o meno dal 19 ottobre, infatti, chiunque digiti le keyword “navigazione“, “navigatore“, “direzione” e “indicazioni” nella barra di ricerca di Google avrà una piccola sorpresa: nella pagina compare un box interattivo in cui il motore di ricerca chiede all’utente “dove vuoi andare?“, con tanto di punto di partenza e destinazione del viaggio che potenzialmente la persona intende effettuare. Indicando le mete, inoltre, viene mostrata la mappa del viaggio, come succede normalmente nell’applicazione Maps, con le possibili “declinazioni” del tragitto in auto, a piedi, con i mezzi pubblici e in bici. Rispetto alle domande e risposte secche dei mesi scorsi, in questo caso la SERP resta comunque visibile, integrata appunto al nuovo box.

Un box con le indicazioni di viaggio

Google Ricerca direzioniQuesto piccolo esempio rappresenta un altro tassello nella strategia di “cannibalizzazione” che Google sta portando avanti, perché innanzitutto spinge verso il basso i risultati delle SERP e, allo stesso tempo, i servizi GPS come TomTom e Garmin che cercano di posizionarsi sul motore di ricerche per query relative a la navigazione e attività affini: come si vede nelle schermate, oltre al box di Google compaiono nella pagina risultati generici di tipo divulgativo (enciclopedie come Wikipedia o dizionari), che privilegiano dunque un search intent informazionale rispetto a quello transazionale o navigazionale. Ancora una volta, più in generale, Google dimostra di voler essere il punto di riferimento unico per l’esperienza online dell’utente che ha un bisogno di qualsiasi tipo: anziché dover essere reindirizzato verso un servizio di navigazione (e addirittura senza più nemmeno dover cliccare sull’app di Maps), ora ogni persona potrà programmare e pianificare i propri spostamenti direttamente dalla pagina principale di Google, ricevendo immediatamente indicazioni stradali e dettagli sullo spostamento.

Ben Gomes racconta come sta cambiando Google

Google Ricerca navigazioneÈ stato il responsabile del motore di ricerca e vicepresidente del colosso di Mountain View, Ben Gomes, a delineare parte delle strategie e della visione del gruppo, scrivendo un post sul blog ufficiale della compagnia in occasione del ventesimo compleanno di Google, celebrato poche settimane fa, e tirando un po’ le fila di questa straordinaria storia. Innanzitutto, agli inizi, 20 anni fa, la missione era “organizzare le informazioni di tutto il modo in maniera universale, accessibile e utile”. Un obiettivo che, all’epoca, appariva “incredibilmente ambizioso”, pur considerando che nel 1998 il Web consisteva “appena” di 25 milioni di pagine, che equivalgono approssimativamente ai libri contenuti in una biblioteca di piccole dimensioni.

Venti anni dopo, l’obiettivo è sempre fornire informazioni

A distanza di 20 anni, il mondo è cambiato a velocità forse inimmaginabili e oggi Google indicizza centinaia di miliardi di pagine, ovvero più informazioni di quante tutte le biblioteche dell’intero globo possono riunite. È ancora Gomes a evidenziare, non senza orgoglio, che la compagnia è “cresciuta per servire persone di tutto il mondo, offrendo ricerche in più di 150 lingue e 190 Paesi“. Questa espansione non ha però fatto perdere di vista la mission iniziale, e anzi Google continua a “fornire accesso alle informazioni come anima del nostro lavoro, proprio come il giorno in cui abbiamo iniziato”, dice il vicepresidente, che poi aggiunge che mentre quasi tutto è cambiato riguardo alle tecnologie e alle informazioni ottenibili, “i principi base delle ricerche su Google sono rimasti gli stessi”.

Google resta incentrato sull’utente e sulla sua esperienza

Una mission che si può racchiudere in “essere incentrati sull’utente“, come dice Gomes, che porta anche esempi concreti: che si cerchino ricette, statistiche per un esame, indicazioni sul dove andare a votare, “noi siamo attenti a servire alle persone le informazioni di cui hanno bisogno“. E lo sforzo è di rendere questi dati il più rilevante, di alta qualità e veloci possibile: questo era “vero quando siamo partiti con l’algoritmo di Page Rank, la tecnologia fondamentale per il motore di ricerca, ed è vero ancora oggi”. Sul fronte pratico, il vicepresidente spiega che “studiamo miliardi di query ogni giorno, e il 15 per cento di queste ricerche sono nuove, di tipo mai visto prima”. Considerato questo fattore, “l’unico modo di fornire risposte efficaci è attraverso un approccio algoritmico, che ci aiuta non solo a risolvere le query già viste ieri, ma anche a tutte quelle che non siamo capaci di anticipare per domani”.

Il futuro delle ricerche online

Se questa è la storia (in breve) di Google, Ben Gomes segnala anche le direzioni del futuro, anticipando quale sarà il prossimo capitolo del motore di ricerca (e di tutti noi), guidato da tre cambiamenti fondamentali nel modo in cui si pensa alla ricerca. Il primo step è quello di “conservare” dati relativi ad attività, interessi e hobby per aiutare le persone a proseguire nelle loro ricerche e assecondare i bisogni di informazione, applicato in modo particolare ai viaggi (ne parla anche Nick Fox qui). Il secondo punto riguarda la progressiva riduzione delle SERP a un nuovo modo di ottenere informazioni, che fa emergere direttamente un risultato “zero” anche quando non hai in mente una domanda specifica sulla base delle “informazioni rilevanti correlate agli interessi degli utenti”. Infine, si porta avanti una transizione dal testo a un modo più “visuale” di trovare informazioni, con l’introduzione di un numero maggiore di contenuti visivi a scapito delle classiche ricerche testuali e ridisegnando completamente le immagini di Google per aiutare le persone a trovare le informazioni più facilmente.

Le possibili applicazioni della corrispondenza neurale

Sullo sfondo, poi, ci sono i ragionamenti sull’impatto (per ora solo teorico) di intelligenze artificiali e reti neurali, che potrebbero rappresentare una nuova rivoluzione nel modo in cui si intende la ricerca, consentendo di trasformare le parole in rappresentazioni più sfumate dei concetti sottostanti e, quindi, di abbinare i concetti nella query con i concetti nel documento (Ben Gomes parla di corrispondenza neurale), rispondendo alle ricerche con i risultati più pertinenti per quella domanda, anche se le parole esatte non sono contenute nella pagina.

Le trasformazioni della SEO e della keyword research

Cosa significa tutto questo per chi opera sul Web? Al momento ci concentriamo sugli elementi concreti, in attesa di scoprire quali potrebbero essere le trasformazioni anche per la SEO che conosciamo oggi, e in particolare dobbiamo ragionare anche sul cambiamento relativo al modo in cui gli utenti approcciano ora alla “barra di ricerca”: più che effettivamente cercare qualcosa, nella maggior parte dei casi ora si attende una risposta precisa e specifica, che possa consentire di soddisfare il bisogno che ha mosso l’azione.

L’analisi dei Risultati Zero per capire cosa piace a Google

Inevitabilmente, questo processo interessa anche le nostre attività e, in termini pratici, la keyword research da eseguire prima di realizzare un nuovo contenuto: oggi le persone su Google fanno domande e si aspettano risposte, e quindi chi riesce a intercettare questa esigenza ha maggiori possibilità di essere ben posizionato. Uno strumento che potrebbe rivelarsi utile in questo senso è l’innovativa funzione chiamata “Risultati Zero“, un’analisi dei featured snippet messi in primo piano dal motore di ricerca. Come sappiamo, Google colloca questo snippet in cima ai dieci risultati della prima pagina (e per questo viene definito “zero”), e conoscendo quali sono i siti che “piacciono” a Big G è possibile mettere a punto strategie più mirate ed efficienti. In pratica, utilizzare questa feature consente non tanto di raggiungere l’obiettivo di diventare il risultato zero di Google per quella data query (che potrebbe non portare il ritorno atteso in termini di benefici), ma piuttosto di capire come ragiona Google e perché ha privilegiato un contenuto e un sito anziché un altro, grazie appunto all’analisi di chi ha già raggiunto il featured snippet in primo piano. Anche attraverso queste indagini si può approfondire il target a cui ci rivolgiamo, che deve poi ovviamente essere “coccolato” anche con le giuste keyword suggerite dalla suite, così da rispondere alle aspettative dei potenziali clienti con una strategia di content marketing che favorisca al massimo la visibilità e la fruibilità dei contenuti proposti.

GM

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