Safe Search di Google, nuove linee guida contro i contenuti espliciti nella Ricerca

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È un argomento che può creare confusione a proprietari di siti e SEO, ma soprattutto è un aspetto che può generare un impatto negativo al traffico organico dei siti che si muovono su una linea sottile nella fornitura di contenuti espliciti, o che almeno lo possono apparire secondo gli algoritmi di Google. Parliamo di SafeSearch, il famoso filtro introdotto da Google per limitare la comparsa di risultati e contenuti espliciti dalle SERP del motore di ricerca, per cercare di capire cos’è e come funziona.

Che cos’è SafeSearch di Google

Introdotti per la prima volta nel 2009, i filtri SafeSearch di Google sono il sistema con cui l’utente può modificare le impostazioni del browser per filtrare i contenuti espliciti dalla visualizzazione nei risultati di ricerca. In pratica, sono dei filtri automatici che bloccano la visualizzazione di contenuti attinenti a pornografia o potenzialmente offensivi e inappropriati.

In ottica SEO, questo filtro può avere un impatto sul traffico proveniente dalla ricerca organica di Google, perché può appunto portare all’esclusione di risultati giudicati appunto espliciti, che vengono nascosti per parte degli utenti. Oltre che ai risultati organici standard, inoltre, il filtro SafeSearch si applica a immagini, video e siti Web, e quindi è un elemento da valutare all’interno di una strategia specialmente per quei siti che possono apparire border line.

Come funziona il filtro ai contenuti espliciti in SERP

SafeSearch è progettato per filtrare i risultati che portano a rappresentazioni visive di

  • Sesso esplicito di qualsiasi tipo, inclusa la pornografia.
  • Nudità.
  • Violenza o sangue.

Lo chiarisce il documento ufficiale di Google dedicato a questo tema, recentemente oggetto di un aggiornamento che ha portato alla realizzazione di una nuova pagina guida che unisce informazioni prima suddivise in più parti, ampliando inoltre le sezioni dedicate al funzionamento di SafeSearch e alla risoluzione dei problemi.

In particolare, la guida sottolinea che SafeSearch è progettato per filtrare le pagine che pubblicano immagini o video che contengono seni o genitali nudi, ed è inoltre progettato per filtrare le pagine con collegamenti, popup o annunci che mostrano o puntano a contenuti espliciti.

SafeSearch funziona grazie ai sistemi automatizzati di Google, che utilizzano l’apprendimento automatico e una varietà di segnali per identificare contenuti espliciti, comprese le parole sulla pagina web di hosting e all’interno dei link. Forse è superfluo sottolinearlo, ma SafeSearch funziona solo sui risultati di ricerca di Google, pertanto non blocca i contenuti espliciti che trovi su altri motori di ricerca o in siti web visitati direttamente.

Gli effetti del filtro

Quando l’utente imposta e attiva il filtro, Google filtrerà alcune (o tutte) le pagine di un sito che contengono appunto contenuti espliciti (tra immagini, video e testi) secondo le valutazioni algoritmiche.

In alcuni casi, l’attivazione del filtro è una libera scelta manuale, che si può successivamente modificare intervenendo sulle opzioni delle preferenze di ricerca; in altre situazioni, però, ci potrebbe essere un blocco “a monte”, come nel caso di istituzioni, scuole, dipartimenti IT e altri contesti in cui un amministratore superiore può imporre il blocco ai livelli più bassi.

Ad ogni modo, quando il filtro SafeSearch è attivato e i contenuti del sito vengono considerati espliciti, le pagine smettono di apparire in SERP per determinate query che portano al sito, senza che però ci siano comunicazioni da parte di Google che spieghino la situazione – in effetti, nello strumento Rimozioni di Search Console esiste la sezione Filtro SafeSearch, che però riporta “solo” una cronologia delle pagine del sito segnalate dagli utenti di Google come contenuti per adulti, un elenco che quindi può essere parziale.

I problemi con SafeSearch

Già questo potrebbe quindi essere un primo problema dei siti con SafeSearch: d’improvviso, le visite organiche si contraggono in modo quasi inspiegabile.

Se trattiamo temi “delicati”, l’attivazione di SafeSearch sui dispositivi degli utenti è una possibilità da non scartare nell’analisi del traffico, ma a volte ci possono essere situazioni al limite, in cui la tagliola del filtro colpisce pagine malgiudicate sensibili, provocando una perdita di visibilità per quei contenuti nelle SERP e quindi un calo del traffico successivo al sito

Soprattutto in passato, infatti, SafeSearch poteva mal-interpretare alcuni termini o immagini e bloccare pagine neutre, oppure nascondere un intero sito anche se i contenuti espliciti interessavano solo una piccola quota di articoli. Difatti, anche nella versione precedente della guida di Google (ancora disponibile in italiano) si legge che “SafeSearch non è preciso al 100%”, anche se ora è molto più sofisticato e applica i più recenti sistemi di apprendimento automatico per rilevare contenuti espliciti che dovrebbero essere filtrati.

Ottimizzare il sito per SafeSearch

Sono due i metodi che abbiamo a disposizione per proteggere un sito che pubblica contenuti per adulti o comunque qualsiasi tipo di contenuto che potrebbe essere considerato esplicito e per consentire a Google comprendere la natura del sito e di identificare con maggior precisione questi argomenti da eventuali parti “sicure”: l’utilizzo del meta tag rating e il raggruppamento dei contenuti espliciti in una posizione separata.

Questi passaggi servono ad applicare i filtri SafeSearch al sito, che è la via più certa per evitare situazioni impreviste e spiacevoli; come dice la guida, aiutano a garantire che gli utenti vedano i risultati che vogliono vedere o si aspettano di vedere e non siano sorpresi quando visitano i siti mostrati nei risultati di ricerca, e allo stesso tempo supportano i sistemi di Google a riconoscere che l’intero sito non è di natura esplicita ma pubblica anche contenuti non espliciti.

Il meta tag rating

Il primo consiglio di Google è aggiungere metadati a pagine con contenuto esplicito: uno dei segnali più forti che i sistemi del motore di ricerca utilizzano per identificare le pagine con contenuti espliciti è proprio il contrassegno manuale da parte degli editori di pagine o intestazioni con il meta tag rating.

Esempio di utilizzo del meta tag

Oltre che content=”adult”, Google riconosce e accetta anche l’indicazione content=”RTA-5042-1996-1400-1577-RTA”, che è un modo equivalente per fornire la stessa informazione (non è necessario aggiungere entrambi i tag).

Il tag va aggiunto a qualsiasi pagina con contenuto esplicito: secondo Google, questa è l’unica cosa da fare “se il sito ha solo una quantità relativamente piccola di contenuto esplicito”. Ad esempio, se un sito di diverse centinaia di pagine presenta alcune pagine con contenuto esplicito, in genere è sufficiente contrassegnare tali pagine e non servono altri interventi, come raggruppare i contenuti in un sottodominio.

Dividere il contenuto esplicito da quello non esplicito con la struttura del sito

Il secondo sistema per aiutare Google a focalizzare il suo filtro SafeSearch attiene alla struttura del sito ed è adatto a siti che pubblicano quantità significative di contenuto esplicito e non esplicito: in pratica, si tratta di separare e rendere evidente la distinzione tra questi contenuti anche a livello strutturale, utilizzando un sottodominio differente o una directory separata.

Ad esempio, spiega la guida, tutti i contenuti espliciti possono essere inseriti in un dominio o sottodominio separato come in questo caso:

COme impostare distinzione sottodominio

Oppure, tutto il contenuto esplicito può alternativamente essere raggruppato in una directory separata, come in questo esempio:

I consigli di Google per la struttura del sito

Il documento chiarisce che non è necessario utilizzare la parola “esplicito” in una cartella o in un dominio, ma importa solo che il contenuto sia raggruppato e separato dal contenuto non esplicito. Se non c’è questa distinzione, infatti, i sistemi di Google potrebbero “determinare che l’intero sito sembri di natura esplicita” quindi potrebbero “filtrare l’intero sito quando SafeSearch è attivo, anche se alcuni contenuti potrebbero non essere espliciti”.

Identificare e risolvere i problemi con SafeSearch

Come detto, i sistemi di Google non sono (ancora) infallibili e gli algoritmi potrebbero erroneamente contrassegnare come espliciti dei contenuti neutri anche se abbiamo apportato le modifiche suggerite. In questi casi, serve innanzitutto identificare il problema, facendo un rapido controllo usando l’operatore di ricerca avanzata site: (che sappiamo essere utile anche per verificare la corretta indicizzazione delle pagine normali) con filtro SafeSearch attivo – operazione che permette anche di scoprire se e quali pagine del dominio sono viste come esplicite.

In concreto, dobbiamo andare su Google, attivare il filtro e poi lanciare la ricerca site: sull’intero dominio: se non ci sono risultati mostrati, significa che l’algoritmo ha identificato come esplicito l’intero sito.

Se invece abbiamo riscontrato un calo di traffico su determinate URL e ipotizziamo che la causa possa essere appunto un filtro erroneamente applicato, possiamo usare il comando site: sugli URL incriminati e appurare la situazione.

Ora che sappiamo che c’è un problema, Google offre un sistema per comunicare che il filtro SafeSearch è stato applicato a contenuti erroneamente contrassegnati come espliciti, ovvero aprire una discussione nel forum – è stato invece rimosso il vecchio modulo da compilare per far sapere a Google che il sito era stato erroneamente segnalato da SafeSearch.

Tuttavia, la guida invita a verificare e tener presenti altre condizioni prima di procedere alla “richiesta di aiuto”, e in particolare:

  • Attendere fino a 2-3 mesi dopo aver apportato una modifica, perché i classifiers di Google potrebbero aver bisogno di più tempo per elaborare tali interventi.
  • Analizzare la tipologia di immagine: ad esempio, se pubblichiamo immagini esplicite sfocate, la pagina ospite potrebbe comunque essere considerata esplicita se l’immagine può essere non sfocata o porta a un’immagine non sfocata.
  • La presenza di nudità per qualsiasi motivo, anche per illustrare una procedura medica, può far scattare il filtro, perché l’intento “non nega la natura esplicita di quel contenuto”.
  • Il sito potrebbe essere considerato esplicito se contiene contenuti espliciti generati dagli utenti o se contiene contenuti espliciti iniettati da hacker che utilizzano parole chiave nascoste o altre tecniche.
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