Google e SEO: API integrate in piattaforme esterne?

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Dopo aver affrontato vari aspetti tecnici e contribuito a smentire una serie di falsi miti sui fattori SEO on site per il ranking, l’importanza dei dati strutturati, Googlebot e la scansione delle pagine o ancora il valore delle performance di un sito per i risultati, l’ultimo episodio della serie SEO Mythbusting di Google ci fa fare un salto in avanti, perché tratta del futuro del Web e delinea anche le possibili strade che la SEO tecnica dovrà seguire per restare aggiornata ed efficace.

Le evoluzioni della SEO

A delineare le possibili evoluzioni della SEO e del Web è ancora una volta Martin Splitt, che nel video su Youtube ospita Dion Almaer, Director del Web Dev Ecosystem di Google: i due esponenti di Mountain View discutono per una decina di minuti di topic che possono essere interessanti per cercare di comprendere “dove stiamo andando” e dove andrà il mondo delle ottimizzazioni per il posizionamento organico.

In particolare, nell’episodio finale si parla di come fornire lo stesso contenuto in versioni multiple (progressive Web App, sito desktop, AMP) e ottenere buoni risultati SEO in Google Search; e poi, ancora, dell’integrazione di strumenti SEO di Google e terze parti, delle variabili sconosciute e delle performance di ricerca, e del futuro di assistenti vocali, semantica e dati strutturati.

Come gestire i contenuti su versioni differenti

La chiacchierata tra i due Googler inizia proprio da alcuni spunti sulla SEO e, in particolare, dal keynote di Almaer nel corso dell’ultimo Chrome Dev Summit, durante il quale sono stati presentati i vari investimenti del team di Chrome per spingere la piattaforma sempre più avanti e supportare la comunità online. Dion Almaer parla poi di un caso di studio che riguarda Pinterest, che ha creato una nuova PWA che fornisce performance di primo ordine e grande user experience.

PWA, desktop e AMP: come ottimizzare il contenuto

La nota piattaforma ha mantenuto il sito desktop regolare accanto all’app e usa le pagine Amp, e quindi questa varietà di modalità di presentare i contenuti apre riflessioni, cominciando dalla domanda “quale versione sottopongo all’indice e alla Ricerca di Google?”. Secondo Martin Splitt, la risposta al problema dello stesso contenuto su canali multipli è che bisogna capire qual è la vera percezione degli utenti rispetto alla feature, come usano davvero il contenuto e in che modo arrivano su quella tipologia di pagina.

Pensare sempre all’utente

Il Senior Webmaster Trends Analyst dice che per un sito è decisivo comprendere cosa digitano davvero le persone nella barra di ricerca, qual è lo scopo che intendono raggiungere (il purpose, che potremmo anche definire search intent) e così via: ad esempio, se voglio vedere una foto di un evento potrei essere interessato a visualizzarla direttamente nella PWA perché si carica velocemente, è disponibile anche offline e cose del genere.

Lasciar scegliere a Google la versione migliore

Quindi, la soluzione ideale potrebbe essere offrire questa tipologia di contenuto, ma linkare anche alla versione AMP perché così è Google che stabilisce qual è la pagina da sottoporre all’utente, prendendo la decisione al posto nostro rispetto a cosa mostrare nei risultati di ricerca. Se poi c’è anche un sito desktop va bene, se è già responsive meglio: il motore di ricerca deciderà quale versione di pagina fornire agli utenti, anche in base alla tipologia di dispositivo da cui proviene la query.

Il consiglio finale per le versioni multiple di contenuti è di tipo pratico e strategico: bisogna usare un canonical che abbia senso per il maggior numero di persone, così che Google possa far emergere le informazioni correlate basate su quello che gli utenti stanno cercando davvero, piuttosto che su differenze nella presentazione.

Gli strumenti di Google per ottimizzare il sito

La parte successiva del video è incentrata sull’utilizzo degli strumenti che Google mette a disposizione di chi vuole ottimizzare il sito e migliorare i suoi aspetti: si citano Google Lighthouse, PageSpeed Insight, la Search Console con gli strumenti per webmaster, che sono tutti pezzi differenti che si integrano e (come nel caso di Page Speed e Lighthouse) si fondono perché anche le performance sono importanti per la Ricerca, perché consentono all’utente di fruire del contenuto in modo rapido e gratificante.

Le API di Google aperte a parti terze?

Martin Splitt rivela anche una notizia in anteprima: Google sta lavorando a un modo per integrare parti e contenuti di piattaforme esterne per raccogliere i dati già mostrati in Search Console, così che gli utenti non debbano usare due strumenti e familiarizzare con interfacce differenti ogni volta. Google sta quindi portando i dati in queste piattaforme, per capire anche come queste informazioni sono usate, quali sono più utili e necessarie per le “parti esterne”.

Integrare la Seach Console in piattaforme esterne

Il passo finale sarà il rilascio di un API per integrare esternamente i dati di Google Search Console come percentuale di click-through rate, impression che arrivano da Search, clic che arrivano da traffico organico, numero di pagine indicizzate, anche se per il momento è troppo presto per definire i tempi di questa “apertura”.

Dialogo sul futuro del Web e della SEO

Negli ultimi minuti dell’episodio, infine, Martin Splitt e Dion Almaer discutono del futuro del Web, delle modalità di usare gli assistenti virtuali in modo innovativo, di sfruttare la semantica del Web e di semplificare sempre più la vita degli utenti. Secondo i Googler, questi scenari sono più vicini di quanto sembra, e un elemento chiave per raggiungerli sono i dati strutturati, che Google utilizza già per mostrare un gran numero di informazioni delle pagine non solo a Googlebot, ma a tutti i sistemi in grado di interpretare quel linguaggio.

I dati strutturati e semantici per usare meglio il Web

Per questo Google usa schema.org, un formato standardizzato, e non ha sviluppato un sistema privato: così l’adozione del sistema può essere più estesa, consentendo alle persone di usare il Web in modo più potente, perché mette a disposizione tutti i dati semantici raccolti e confezionati per assecondare le specifiche esigenze, che siano legate all’acquisto di prodotti, alla ricerca di servizi o semplicemente ad approfondire informazioni.

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