Case Study di SEOZoom: il salvataggio di Pixelangry.it

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Oggi il nostro blog torna a dar voce a uno degli utenti di SEOZoom: dopo il case study di PortaBlindata, oggi ospitiamo in questa pagina Vincenzo Chiaravalle, che ha voluto condividere con noi il lavoro fatto sul suo sito www.pixelangry.it.

Il sito PixelangryLa storia di Pixelangry

“Ciao Seozoomiani e grazie ad Ivano Di Biasi per avermi concesso questo spazio per parlare del mio sito e di come lo abbia salvato dal baratro delle 0 visite”, scrive nella mail Vincenzo, che poi passa direttamente a ripercorrere la storia tortuosa del suo progetto online: “lanciato nel lontano 2009, periodo paleolitico della SEO, era un piccolo sito di poche pagine (4 o 5), che ovviamente, utilizzava tutte le tecniche becere che si utilizzavano una volta, e che funzionavano alla grande. Il sito rankava bene, e per fortuna mi procurava abbastanza lavoro, finché non mi è capitato per 4 anni di collaborare con una grossa società del veneziano, e quindi è rimasto invariato perché non avevo il tempo di seguirlo”.

Una serie di penalizzazioni Google

Uno stop che è coinciso con un periodo di grande trasformazione per Google e per le attività SEO, come ricorda l’utente: “Nel frattempo ci sono stati tutti gli aggiornamenti di Google, e il mio sito non è passato indenne alla mannaia di Google, che penso lo abbia penalizzato con tutti gli algoritmi che uscivano ogni volta…”. “Devo averli presi tutti: mi è anche arrivata anche una cartolina di ringraziamento di Google, perché penso che abbiano utilizzato il mio sito per istruire i quality rater su cosa intendevano con sito di scarso valore da penalizzare“, scrive dimostrando una buona carica di autoironia.

Un sito zombie da rivitalizzare

Insomma, sito abbandonato e oltretutto penalizzato, il che significa che “ovviamente non ricevevo più visite e contatti dal mio sito web, ma non me ne sono mai preoccupato, perché come dicevo prima ero completamente assorto dall’altro lavoro, e non avevo il tempo di seguirlo”. Tuttavia, nuovo imprevisto: “Dopo 4 anni, la collaborazione con questa società è finita per divergenze di  opinioni“, e quindi l’utente si trova alle prese “con un sito zombie, che non serviva a niente, che non generava visite e contatti”.

Le prime tecniche SEO messe in atto

Arriva il momento di rimboccarsi le maniche, e Vincenzo decide di “lavorarci su, per tentare di migliorarlo: rifaccio la grafica, creo nuove pagine, mi lascio affascinare dalla SEO semantica, e quindi scrivo tutti buoni articoli, cercando di rispettare tutti i principi (abbastanza inutili) che vanno per la maggiore in quel periodo (le keyword non servono, le parole chiave sono morte, usa LSI, LDA e quaquaraqua)”.

Risultati meno soddisfacenti del previsto

Qualcosa succede: “Il sito riesce a migliorare leggermente, qualche visita la faccio, ma non riesco a farlo uscire per ricerche di rilievo, solo per long tail keyword molto di nicchia (buone, per carità)”. Ma Vincenzo vuole “di più dal mio sito, ci sono affezionato”. Siamo grosso modo negli anni del debutto di SEZoom, che inizia a farsi conoscere; ma all’epoca il nostro utente usava “altri programmi con cui mi trovavo bene, e non gli ho dato molto credito (mannaggia a me e le mie decisioni del cavolo), quindi ci vado dentro ogni tanto, utilizzo solo la versione gratis per controllare delle cose ma finisce lì”, ammette con trasparenza.

Pochi risvolti positivi per il business

Il tempo passa e “il sito sale un po’, ma sempre lentamente e senza grossi risvolti per il mio business; per fortuna però campo di passaparola e il lavoro non mi manca (non tantissimo, ma ci pago le bollette). Ma non riuscivo a capire perché il sito non saliva come volevo salisse, e l’utilizzo degli altri tool SEO non mi dava indicazioni su problemi e su errori da correggere; anche analizzandoli molto accuratamente non vedevo errori grossolani da correggere”.

Come ho migliorato le pagine solo con l’ottimizzazione on page

Lo storytelling su Pixelangry vive ora il suo punto di svolta: Vincenzo spiega che era “iscritto sul gruppo facebook di SEOZoom, e leggevo di gente che idolatrava questo tool, dicendo che i loro siti schizzavano”. E così “un dubbio assaliva la mia mente: ma non è che i tool che utilizzo facciano schifo?”. Testuali parole di Chiaravalle, che poi aggiunge che “la fortuna travestita da coupon mi viene in soccorso: Prova Seozoom per 3 mesi e ne paghi solo 1”. Un vero e proprio “segno del destino”, se volessimo dare un’enfasi romantica e più pathos alla storia, anche se in realtà era solo una promozione per gli iscritti alla mailing list, come dice ancora il nostro ironico amico, che si dice “proviamoci, che ho da perdere?”.

Un approccio differente al tool

Riscattato il coupon, Vincenzo decide di fare una full-immersion nell’Academy “perché non avevo mai utilizzato un tool basato sulla concorrenza, ma solo quelli per la ricerca delle parole chiave tradizionale”, per poi finalmente entrare in SEOZoom e iniziare ad analizzare il suo sito. Prima piccola delusione: “Come gli altri tool, il software mi dice che il sito non ha errori, ho un punteggio SEO di 97, e le pagine sono ben ottimizzate per le parole chiave scelte”, tanto che il nostro arriva a pensare “di avere il malocchio”.

L’ottimizzazione delle pagine porta risultati

Come nei cartoni animati, si accende una lampadina: “Mi sono ricordato di un intervento di Ivano de Biasi, dove diceva di lavorare a pagine, e non a keyword, e ho provato a lavorare secondo il suo metodo”. In termini pratici, Vincenzo analizza “le pagine e, sorpresa!, tutte le pagine avevano keyword che manco sapevo di avere e nel 90% dei casi nessuna di queste parole chiave era presente nel testo”, ovvero “utilizzando il tool keyword non presenti nel testo in analizza pagine” non comparivano. Quindi, “guardo queste keyword, analizzo la competizione (keyword opportunity non era presente all’ epoca), cerco solo quelle che sono in 2 e 3 pagina (4 e 5 non mi interessava) e faccio una cosa sconvolgente e imprevedibile: le inserisco nel testo, fra titoli, alt, decription e body, e aggiorno l’articolo”.

Mai dimenticare le keyword

Per velocizzare le operazioni Vincenzo forza “la scansione dell’articolo su Google Search Console, verifico con il comando site: che l’articolo sia stato aggiornato, e appena lo aggiorna controllo con il browser in incognito….e SBAM! Appena ripubblicato l’articolo, le keyword son già salite, alcune addirittura in prima pagina! Giuro stavo svendendo, mesi passati con TD/IDF, LSI, semantica, pan di stelle, etc etc, e mi ero scordato le keyword”.

Riparte la scalata alle SERP

Ciò che segue è prevedibile: “Decido di fare questo lavoro su tutte le pagine del sito, e la maggior parte delle volte ho risultati sorprendenti, in altre piccoli miglioramenti (ma in quei casi la keyword era molto competitiva e quindi con la sola ottimizzazione on-page non ne sarei venuto fuori), e il sito comincia a salire bene”, tanto che riesce a “passare da Zoom Authority =0 a ZA=17 in un mese, e le keyword più importanti del mio sito, cominciano ad arrivare in Prima pagina, altre addirittura in prima posizione”.

La KO di SEOZoom per la strategia SEOCome usare la metrica Keyword Opportunity

Nel frattempo la suite “tira fuori un altro strumento fondamentale, la Keyword Opportunity, e qualcuno nella comunità storce il naso”. Il sito oggetto del case study “aveva un blog piccolino, quindi decido di provare ad usare questa funzionalità: analizzo un paio di competitor, trovo una keyword con difficulty bassa e opportunity alta e con un buon numero di ricerche (circa 500) e ci faccio un articolo”.

Vincenzo giura “che l’articolo lo scritto in mezz’oretta, usando l’assistente editoriale: era una keyword che non era importante per il mio business, volevo solo testare questa feature. Solita trafila di segnalare l’url a Google, aspetto che la indicizzi, dopo mezz’ora sono in quarta posizione con quella keyword, piazzamento che tutt’ora rimane invariato, con l’aggiunta delle keyword correlate che avevo scelto in fase di analisi”.

Risultati finalmente positivi

L’operazione viene ripetuta “per altri 2 o3 articoli del blog”, ma questa volta “uso parole chiave più importanti per il mio settore”, e quasi tutti gli articoli finiscono nelle prime posizioni: nel giro di appena due mesi e con solo tre o quattro articoli di blog, “il mio sito incomincia a salire molto bene passando da ZA 17 a ZA 26, e con le pagine di supporto del blog mi incominciano a salire anche le pagine servizi di cui mi occupo”.

L’intent gap per ottimizzare i contenuti

Dopo aver migliorato gli articoli “con l’aiuto della sezione pagine, noto che oltre a salirmi le long-tail mi salgono anche la main keyword, quelle con i volumi più alti, e quindi cerco di capire che strategia utilizzare per aumentarne il posizionamento”. Vincenzo spiega che “era il periodo del medical update, e per fortuna il mio sito non aveva subito scossoni, e nel frattempo SEOZoom esce con un nuovo tool, che analizza l’intent gap e il Content Gap, e leggendo cosa fosse in grado di fare il tool mi sono detto che poteva essermi utile per aumentare il posizionamento delle keyword più ghiotte”.

L’utente cerca di ottimizzare la keyword più grossa e nota “che per alcune pagine l’intent era leggermente differente rispetto alla keyword di long-tail che avevo ottimizzato all’inizio, e che quindi mi mancavano alcune frasi chiave e concetti che i miei competitor utilizzavano nei loro articoli, che io non avevo neanche nelle prime 50 posizioni (sicuramente erano in 70a o 80a posizione e SEOZoom non le rilevava, ma la search console sì)”.

Gli effetti dell'intent gap

I risultati dell’ottimizzazione dell’intero sito

La strategia successiva è quella solita: Vincenzo prende le keyword “che secondo me erano più rilevanti, che avevano KD e KO ottimali e le ho inserite nel testo”. Anche in questo caso i risultati sono visibili e “c’è stato un miglioramento immediato, poi però il sito è sceso di brutto”, ma ammette che era prevedibile: “avendo cambiato Title e H1 delle pagine, le mie pagine non erano più ottimizzate per le long-tail, e quindi avevo perso posizionamento per quelle”; inoltre, “avendo fatto intervento su diverse pagine, Google stava rivalutando il tutto, finché appunto dopo meno di un mese ha deciso di premiarmi sia per le main, sia riportarmi su per le long-tail che facevano parte del campo semantico della keyword”.

Sito salvato grazie a SEOZoom

Nell’ultimo paragrafo di questo lungo case study, Vincenzo racconta un dettaglio specifico, quello di “una keyword che mi stava particolarmente a cuore”, una vera e propria “vanity key per cui volevo assolutamente andare in prima pagina”. Dopo 3 mesi di lavoro di on-page (non sono un fan della link-building, dice l’utente), non ci sono ancora i risultati sperati perché “mi si assestava sempre in 15°-16° posizione”, ma finalmente arrivata in prima pagina e oscilla fra la 6° e l’ 8° posizione.

GM

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