Arriva Google FLoC: cosa sappiamo sulla tecnologia per l’adv e la privacy

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Lo scorso mese Google ha annunciato in maniera ufficiale la scelta di non creare o utilizzare nei suoi prodotti un nuovo sistema di identificatori alternativi per sostituire i cookie di terze parti nel tracciare gli utenti mentre navigano su Internet a fini pubblicitari, e ha invece confermato che i suoi annunci saranno guidati da una delle iniziative della Privacy Sandbox, chiamata Federated Learning of Cohorts, o più semplicemente FLoC. Proviamo quindi a scoprire cosa sia e come funziona la nuova tecnologia e come si inserisce nell’ampio discorso sulla tutela della privacy e dell’adv online, che è partita con una sperimentazione proprio in queste ore.

Che cos’è FLoC

FLoC è un metodo utilizzato dai browser per abilitare la pubblicità basata sugli interessi delle persone: funziona raccogliendo dati sulle abitudini di navigazione di un utente e quindi raggruppando gruppi di utenti con interessi simili in coorti.

Negli obiettivi di Google, rappresenta “una soluzione sostenibile a lungo termine che protegga la privacy degli utenti” come priorità, ma al tempo stesso “offra a inserzionisti ed editori soluzioni per avere successo in un mondo incentrato sulla privacy”, consentendo loro di ottenere i rapporti pertinenti di cui hanno bisogno per prendere decisioni aziendali critiche.

Come spiega George Nguyen, l’algoritmo utilizzato per sviluppare tali coorti “può guardare gli URL dei siti che l’utente ha visitato e il contenuto di quelle pagine, tra gli altri fattori”, e le informazioni sulla coorte vengono quindi condivise per scopi pubblicitari.

Stando alle dichiarazioni ufficiali di Google, i test su questa tecnologia la confermano come “un modo per eliminare efficacemente i cookie di terze parti dalle tecniche pubblicitarie, rendendo anonimi i singoli individui all’interno di grandi raggruppamenti di persone con interessi simili (coorti)”.

Come funziona Google FLoC per il targeting degli annunci

I dati dei singoli utenti vengono conservati localmente, nel browser, che espone solo l’ID di coorte. Le coorti dovrebbero idealmente includere un numero sufficiente di persone da rendere difficile l’identificazione di un particolare individuo all’interno del gruppo, ma allo stesso tempo sono anche sufficientemente specifiche da consentire un targeting efficace degli annunci.

Gli utenti vengono assegnati a nuove coorti su base settimanale, in base ai dati di navigazione della settimana precedente.

Google ha annunciato che la fase di testing di coorti basate su FLoC è stata avviata il 1 aprile con una piccola percentuale di inserzionisti inStati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Messico, Giappone, India, Indonesia, Canada e Brasile, con piani di espansione globale, inizialmente solo nel browser Chrome di Google. Gli utenti di questi paesi che desiderano partecipare alla prova dovranno sbloccare i cookie di terze parti in Chrome (se hanno precedentemente impostato il contrario), e chi non vuole essere coinvolto può rinunciare utilizzando le impostazioni di Chrome.

Stando a una dichiarazione ufficiale della compagnia, “i test di FLoC per raggiungere il Google Audience in-market e di affinità mostrano che gli inserzionisti possono aspettarsi di vedere almeno il 95% delle conversioni per dollaro speso rispetto alla pubblicità basata sui cookie”.

Cosa sono e come funzionano le coorti per il targeting

Il cuore di questo sistema sono quindi le coorti di pubblico, che “sono dinamiche e si aggiorneranno ogni sette giorni durante la prova iniziale”: si tratta di raggruppamenti basati su interessi web generali indicati dai recenti comportamenti di navigazione dell’utente sul browser.

Quando il comportamento di navigazione di una persona cambia, il suo browser la assegnerà a una diversa coorte FLoC che riflette tali interessi.

Ad esempio, anticipano da Google, “a un certo punto le persone potrebbero essere in una coorte FLoC con migliaia di altri utenti che hanno anche recentemente visitato siti web sul giardinaggio e viaggi all’estero, e poi in un altro momento potrebbero essere in un gruppo di utenti che hanno visitato siti di recente sulle forniture d’arte e sulla cucina”.

Rispetto al sistema dei cookie, la differenza è che il sistema non è in grado di “seguire” le persone mentre passano da un sito Web all’altro, ma la cronologia del browser di una persona è detenuta da FLoC e non viene condivisa con nessuno, nemmeno con Google.

La Privacy Sandbox di Google Chrome

La tecnologia FLoC si inserisce nel più ampio progetto della Privacy Sandbox di Chrome che, ricorda in una intervista su Search Engine Journal Ginny Marvin (di recente nominata Google’s Ads Product Liaison) “è un progetto annunciato da Chrome nell’agosto 2019, un ambiente di test per sviluppare una serie di standard in collaborazione con la comunità web aperta per supportare un nuovo approccio alla pubblicità digitale incentrato sulla privacy, che non si basa su cookie di terze parti”.

Nell’ambito di Privacy Sandbox, attualmente è disponibile una serie di API proposte per supportare vari casi di utilizzo della monetizzazione, come la pubblicità basata sugli interessi, la misurazione degli annunci, i rapporti e altri scenari.

La tecnologia FLoC è appunto una di queste API, “progettata per consentire la pubblicità di gruppi di interesse senza bisogno di profili utente individuali”, con la grande differenza che “le coorti vengono create all’interno del browser, utilizzando l’elaborazione sul dispositivo per mantenere privata la cronologia web di una persona sul browser”, ma con risultati per raggiungere i segmenti di pubblico paragonabili a quelli ottenuti con i segnali dei cookie di terze parti.

In concomitanza dell’avvio del test del sistema, inoltre, Google ha creato un sito per la Privacy Sandbox, che offre informazioni sulle iniziative che sta prendendo in considerazione per offrire agli utenti del servizio la massima tranquillità riguardo alla loro privacy. Tra quelle in corso ci sono:

  • Impedire il monitoraggio durante la navigazione in Internet.
  • Preservare il web aperto.
  • Aiutare gli editori a creare siti che rispettano la privacy degli utenti.

L’impegno di Google per la privacy

Lo sforzo di Google sta quindi andando nella ricerca di un giusto compresso tra l’offrire pubblicità pertinenti e monetizzazione e, al tempo stesso, garantire un’esperienza privata e sicura agli utenti.

La pubblicità, infatti, costituisce la base economica di “Internet come lo conosciamo oggi – con informazioni su ogni argomento, in ogni lingua, facilmente fruibile da miliardi di persone”, ma l’azienda americana è consapevole che “così come il nostro settore ha convogliato il suo impegno nel fornire annunci pertinenti alle persone che navigano online, allo stesso modo ha generato una proliferazione di dati sui singoli utenti in migliaia di aziende, in genere raccolti tramite cookie di terze parti”.

Questo effetto collaterale ha generato una diminuzione della fiducia collettiva, ben dimostrata da alcuni studi e, in particolare, dalla ricerca condotta dal Pew Research Center, secondo cui il 72% delle persone ritiene “che quasi ogni sua attività online sia monitorata da inserzionisti, aziende tecnologiche o altre società” e l’81% pensa che “i potenziali rischi causati dalla raccolta dei dati superino i possibili benefici”.

Numeri rilevanti, che manifestano le crescenti preoccupazioni delle persone sulla loro privacy e su come viene utilizzata la loro identità personale, e che rendono inevitabile una inversione di tendenza, per andare nella direzione auspicata dagli utenti.

FLoC è il punto di incontro tra privacy e adv?

La nuova tecnologia FLoC sembra quindi essere stata pensata da Google per posizionarsi esattamente a metà strada tra gli utenti, diventati sempre più attenti alla privacy, e gli inserzionisti, che lo vedono come ombra dei cookie di terze parti a cui si sono abituati.

Gli inserzionisti hanno usato per anni il targeting tramite cookie di terze parti, che consentono loro (consentivano, possiamo dire ormai) di raggiungere individui specifici, ma i browser Safari e Firefox hanno smesso di supportarli, rendendo quindi necessaria una alternativa più sicura e attenta alla privacy. Google ha scelto una strada per soddisfare gli inserzionisti e gli utenti, avendo sia il browser Chrome che una attività pubblicitaria estremamente redditizia.

L’idea centrale per l’attuale FLoC è che il browser crea coorti di utenti per garantire che non possano essere identificati individualmente, cercando gruppi di attività di navigazione recenti simili per raggruppare le persone in coorti di interessi simili.

Gli inserzionisti possono anche utilizzare i propri algoritmi di apprendimento automatico e capacità di analisi predittiva per prendere decisioni su ciò che il pubblico, gli interessi o gli ID di coorte potrebbero rappresentare.

Un’altra distinzione rispetto ai cookie di terze parti è che l’assegnazione delle coorti viene eseguita all’interno del browser, il che significa che le informazioni degli utenti vengono conservate localmente (e non quindi su uno dei server di terze parti, come poteva capitare in precedenza). In definitiva, quindi, FLoC ambisce a fornire agli inserzionisti le stesse funzionalità che avevano con i cookie di terze parti, ma con la grande differenza di garantire una maggiore attenzione per la privacy, basandosi su coorti anziché su dati individuali.

Google e il remarketing senza cookie

Un altro tema spinoso riguarda le modalità per abilitare il caso d’uso del remarketing senza i cookie di terze parti: già lo scorso anno Chrome ha introdotto la proposta TURTLEDOVE per consentire a un inserzionista, un editore o una società di tecnologia pubblicitaria di sfruttare i propri dati proprietari, come i consumatori che hanno visitato il loro sito Web, per informare gli annunci che un consumatore potrebbe vedere.

L’API di Turtledove utilizza le informazioni, memorizzate nel browser, sugli inserzionisti per i quali l’utente ha espresso un interesse precedente, insieme alle informazioni sulla pagina corrente; quindi invia due richieste di ads – una per recuperare un annuncio in base a un interesse definito sull’inserzionista (advertiser-defined) e un’altra per recuperare un annuncio in base a dati contestuali. Queste richieste sono indipendenti, quindi le reti pubblicitarie non possono collegarle insieme per capire che provengono dallo stesso browser.

Successivamente, il browser conduce un’asta per selezionare l’annuncio più pertinente utilizzando il codice JavaScript fornito dall’inserzionista; tale codice può essere utilizzato solo per determinare gli annunci e non può effettuare richieste di rete.

Il primo prototipo che utilizza questo sistema è FLEDGE di Chrome (First “Locally-Executed Decision over Groups” Experiment), che include un metodo per gli algoritmi di on-device bidding di utilizzare informazioni aggiuntive da un nuovo server affidabile, progettato per questo unico scopo. I dati dell’utente, inclusa la cronologia di navigazione, rimangono protetti (all’interno del dispositivo) da acquirenti e venditori, e questo primo esperimento dovrebbe essere avviato nel corso dell’anno.

Le sfide e le preoccupazioni su FLoC

Nonostante queste premesse, ci sono ancora molte preoccupazioni sull’effettivo funzionamento di FLoC come sistema alternativo al targeting dei cookie di terze parti, ma soprattutto sulla tutela della privacy.

Nel citato articolo di Ngueyn, ad esempio, si sostiene che “raggruppare gli utenti in coorti aiuta a nascondere le persone all’interno di una folla, ma potrebbe non essere sufficiente per impedire agli attori motivati ​​di estrarre i dati dei singoli utenti”.

Più nello specifico, quello che è uno dei maggiori punti di forza di FLoC (le coorti di migliaia di utenti) “potrebbe effettivamente facilitare il fingerprinting del browser, in cui molti dati dal browser vengono compilati per creare un identificatore univoco”. L’ID di coorte raggruppa infatti gli utenti in un gruppo di probabilmente diverse migliaia di persone, “il che ridurrebbe notevolmente il numero di browser che un tracker dovrebbe distinguere per stabilire un identificatore”. C’è da chiarire comunque che Google ha proposto un “privacy budget” per combattere il fingerprinting , ma “ad oggi rimane una proposta in una fase iniziale e non ha ancora un’implementazione del browser”.

Inoltre, i siti che conoscono le PII di una persona (informazioni di identificazione personale, come, ad esempio, quando le persone accedono utilizzando il proprio indirizzo email) “potrebbero registrare e rivelare la loro coorte”: ciò può consentire “ai tracker di conoscere la cronologia di navigazione di un utente o le informazioni demografiche dei membri di particolari coorti, il che potrebbe consentire agli inserzionisti di discriminare il pubblico”.

Bisogna ad ogni modo ricordare che Google ha fornito una dichiarazione riguardo a come utilizzare le coorti per scegliere come target determinati dati demografici o rivelare informazioni sensibili, dicendo che “Google Ads ha norme di vecchia data contro il targeting o l’esclusione di persone in base a categorie sensibili” e anticipando che gli ID FLoC seguiranno principi simili. “L’analisi FLoC di Chrome valuterà se una coorte può essere sensibile senza sapere perché è sensibile; quindi, le coorti che rivelano categorie sensibili come razza, sessualità o difficoltà personali vengono bloccate o l’algoritmo di raggruppamento verrà riconfigurato per ridurre la correlazione”, in aggiunta al fatto che “è contro le nostre norme pubblicare annunci personalizzati su queste categorie sensibili”.

Successivamente, è stato assicurato che “una coorte non sarà idonea alla pubblicità se include una cronologia di visite a siti con argomenti sensibili a un tasso elevato”.

Rassicurazioni arrivano anche sul fronte del funzionamento pubblicitario, perché Google ha spiegato che le opzioni di targeting attualmente disponibili non cambieranno: la differenza è che gli inserzionisti si rivolgeranno a coorti composte da migliaia di persone, anziché a individui specifici.

Ma intanto non ci sono test in Europa

C’è però da dire che, a fine marzo, un rapporto di AdExchanger ha anticipato che FLoC non sarà testato in Europa, o per meglio dire che la fase di sperimentazione aperta agli inserzionisti non coinvolge utenti di Paesi che aderiscono al GDPR e alla direttiva ePrivacy – come poi confermato anche da Marshall Vale (spokerperson di Chrome impegnato proprio sulla Privacy Sandbox), che ha semplicemente parlato di una prima fase di test che non prevede l’Europa, dove ad ogni modo l’azienda è impegnata al 100% con la Privacy Sandbox.

Stando alle dichiarazioni riportate da Search Engine Land, il sistema potrebbe generare “preoccupazioni su quale entità fungerà da responsabile del trattamento dei dati e quale sarà il responsabile del trattamento dei dati nella creazione di coorti”.

In attesa di chiarire questi punti – che potrebbero rappresentare una violazione delle leggi attualmente vigenti in Europa – Google dovrebbe quindi far debuttare FLoC prima negli Stati Uniti e in altri Paesi selezionati e poi, successivamente, estenderne le funzionalità anche al Vecchio Continente, una volta risolte le discriminanti legate alla privacy.

Come farsi trovare pronti al cambiamento

Nonostante le molte incertezze che circondano la soluzione alternativa di Google ai cookie di terze parti, ci sono ancora modi in cui è possibile posizionare l’agenzia e i clienti per essere pronti a questo grande cambiamento.

Innanzitutto, gli esperti suggeriscono di raccogliere i dati di prima parte, acquisendo le informazioni attraverso liste di email e interazioni sulle proprietà web: la compilazione e la gestione dei dati proprietari consente di caricare gli elenchi di clienti su piattaforme che possono aiutare a commercializzare direttamente a quei clienti o creare segmenti di pubblico simili.

Importante è anche mantenere un livello di comunicazione adeguato con i clienti, anticipando loro che a causa di questi cambiamenti ci potrebbero essere effetti sui flussi di lavoro, che potrebbero subire “inefficienze e/o sprechi di spesa”: potrebbe quindi essere utile riformulare le aspettative dei clienti e condividere con loro aggiornamenti puntuali man mano che diventano disponibili maggiori informazioni.

In ultimo, è fondamentale restare al passo con le evoluzioni del settore: Google prevede di condurre vari test di questo nuovo metodo di targeting e i risultati di questi esperimenti saranno decisivi per la loro implementazione finale. Chi lavora nel campo dell’adv online deve quindi restare aggiornato sull’effettivo funzionamento di FLoC e sul progressivo addio ai cookie di terze parti, in modo da poter preparare meglio l’azienda e i clienti per il cambiamento.

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