Comprendere il messy middle nel funnel dei consumatori

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Si chiama messy middle ed è “uno spazio di abbondanti informazioni e scelta illimitata che gli acquirenti hanno imparato a gestire utilizzando un gamma di scorciatoie cognitive”. Più precisamente, è quella fase complessa che si posiziona a metà, appunto, tra il primo trigger e l’acquisto finale del processo di acquisto dei consumatori, in cui le persone rischiano di essere sopraffatte e confuse. Oggi più che mai, individuare il messy middle, integrare queste informazioni nel classico funnel e riuscire a comprendere le strade dei consumatori può fare la differenza per i brand, perché solo i migliori riescono ad anticipare i bisogni dei propri clienti in termini di informazioni e guide, offrendo così una customer experience ottimale.

Che cos’è il messy middle: la definizione di Google

Messy middle è un concetto introdotto da Google per descrivere il complesso processo decisionale del consumatore nell’era digitale, che corrisponde allo spazio tra lo stimolo (o trigger) che innesca l’interesse di un consumatore per un prodotto o servizio e il momento dell’acquisto effettivo.

In questo “mezzo confuso”, i consumatori si muovono avanti e indietro tra due stati mentali: esplorazione (considerazione di una vasta gamma di opzioni) e valutazione (analisi più dettagliata di un insieme più ristretto di opzioni), e questo processo può ripetersi più volte prima che venga presa una decisione di acquisto.

Processo di acquisto e messy middle: le fasi di Esplorazione e Valutazione'

Il messy middle è caratterizzato da una sovrabbondanza di informazioni e opzioni, che possono rendere il processo decisionale del consumatore più complesso. Le persone cercavano informazioni molto prima dell’avvento dello shopping online e ben prima dell’esistenza di Internet, e molti dei processi mentali utilizzati dai nostri antenati sono ancora presenti oggi: tuttavia, ciò che cerchiamo e dove lo cerchiamo può cambiare rapidamente.

Le origini del messy middle: le prime ricerche e le ultime evoluzioni

Di messy middle si è iniziato a parlare a fine 2020, dopo la pubblicazione di un approfondito studio di Alistair Rennie e Jonny Protheroe del team di Google dedicato agli insight sui consumatori, seguito da un articolo che sintetizzava i principali risultati della loro ricerca sul processo decisionale degli acquirenti.

L’obiettivo di quel lavoro è stato capire come il processo di elaborazione di tutte le informazioni e le opzioni che le persone incontrano nella loro customer journey influenzi le decisioni finali di acquisto, partendo da un assunto: “il modo in cui le persone prendono decisioni è caotico e lo diventerà ancora di più, ma ci sono alcuni punti saldi che conosciamo in merito al comportamento di acquisto”.

Un aspetto ancora inesplorato, mentre “sappiamo che quanto avviene tra il primo trigger, ovvero il primo stimolo che innesca il funnel, e l’effettiva decisione di acquisto non è lineare e che si tratta di una complicata rete di touchpoint che cambia da una persona all’altra”.

Oggi, nel 2023, Google e The Behavioural Architects (un team di esperti nel campo delle scienze comportamentali) hanno presentato un secondo lavoro, chiamato “Decoding Decisions: Marketing in the messy middle“, che si basa sui risultati del precedente studio e rappresenta il culmine di ulteriori tre anni di analisi dei comportamenti che guidano il processo decisionale dei consumatori, puntando l’attenzione sulle strategie che i brand possono applicare alle loro campagne e contenuti per decifrare il messy middle e riuscire a intercettare i consumatori in questa fase del loro percorso di acquisto.

Come cambia il processo decisionale dei consumatori

Nell’era pre-Internet, fare acquisti significava percorrere strade reali, limitati da una scelta più ristretta e da informazioni meno abbondanti; spesso le persone acquistavano ciò che era più vicino o disponibile, o si affidavano a marchi familiari per rassicurarsi sulla correttezza delle proprie decisioni. Oggi, navigando nelle strade virtuali della Rete, siamo sommersi da un mare di informazioni e le opzioni di scelta sembrano infinite.

Il report di Google nasce proprio per comprendere come i consumatori gestiscono questa sovrabbondanza di informazioni e opzioni, esaminando i modi in cui le persone elaborano le decisioni di acquisto online.

Ciò che emerge è che, di fronte alla vastità e complessità delle informazioni, gli acquirenti si affidano a bias cognitivi radicati nel nostro cervello pre-digitale: questa scoperta sottolinea l’importanza per i professionisti del marketing di comprendere l’evoluzione del processo decisionale dei consumatori, al fine di identificare nuove opportunità di crescita e difendere la propria posizione nel mercato.

Il nuovo modello decisionale e il messy middle

L’analisi ha portato alla luce un nuovo modello decisionale, al centro del quale si trova il “messy middle”, che si configura come uno spazio intricato situato tra il trigger che innesca l’interesse per un prodotto o servizio e l’atto finale dell’acquisto. Altro fattore di complessità è lo sfondo di esposizione, che rappresenta tutte le percezioni e i sentimenti esistenti che un acquirente ha riguardo ai marchi, ai rivenditori e ai prodotti in una categoria.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo apparente caos riflette due comportamenti distinti dei consumatori: l’esplorazione, un’attività espansiva di acquisizione di nuove informazioni, e la valutazione, un’attività più ristretta di selezione tra le opzioni disponibili. I consumatori oscillano continuamente tra queste due fasi, ripetendo il ciclo fino a raggiungere una decisione di acquisto finale.

Gli acquirenti possono passare da queste mentalità ogni volta in cui ne hanno bisogno o vogliono, esplorando i prodotti e i marchi disponibili prima di valutare l’idoneità di un insieme più piccolo di scelte. Se nessuno di questi prodotti o offerte risulta essere perfettamente giusto, semplicemente cercano più informazioni e opzioni. E se un acquisto è abituale o impulsivo, potrebbero saltare del tutto il “mezzo confuso”. Infine, una volta effettuata una decisione e un acquisto, l’esperienza successiva dell’acquirente con il prodotto e il marchio diventa parte della loro esposizione di fondo, pronta per l’inizio del ciclo successivo.

Insomma, il messy middle è un luogo complicato, un ambiente di scelta abbondante e informazione illimitata, e diventa più complesso ogni anno con l’introduzione di nuovi modi di comunicare, nuovi mezzi per trovare informazioni, nuove forme di intrattenimento ed espressione e, ovviamente, nuovi prodotti e servizi da acquistare e nuovi modi per acquistarli.

Anche gli acquirenti sono piuttosto complicati. Ciò che vogliono può essere un obiettivo in movimento, con l’intenzione di acquistare un prodotto che spesso termina con l’acquisto di qualcosa di completamente diverso, e tutto ciò è governato da motivazioni che sono difficili da esplorare senza che la mente cosciente inventi post-razionalizzazioni. In un periodo di incertezza economica come quello attuale, poi, i consumatori sono costretti a fare di più con meno, a cercare più intensamente il valore e a essere più vigili con il budget familiare.

Le implicazioni per il marketing digitale

Il punto centrale di questo discorso è proprio nel messy middle, in questo spazio confuso, che i brand possono conquistare o perdere clienti.

Google suggerisce tre strategie chiave per i marketer che operano nel “mezzo confuso”:

  • Assicurare la presenza del marchio.
  • Ridurre il divario tra innesco e acquisto.
  • Utilizzare le scienze comportamentali in modo creativo e responsabile.

Il progetto di Google è partito dall’intuizione che le antiche caratteristiche comportamentali sono la chiave per comprendere il processo decisionale online, ma il risultato finale è stato ancora più sorprendente: “caricare” una proposta con pur modeste espressioni di scienza comportamentale può essere tanto persuasivo quanto uno sconto del 10% sul prezzo.

Approfondendo i tre punti precedenti, l’aggiornamento della ricerca nel 2023 ha rivelato:

  • Il semplice fatto di presentarsi potrebbe essere sufficiente per far sì che una significativa percentuale di acquirenti passi dal loro marchio di prima scelta a un concorrente. Ma cosa significa presentarsi in un panorama digitale in continua espansione? Una copertura ampia è passata dall’essere un’aspirazione a una necessità. I marketer – e i rivenditori – devono presentarsi e connettersi con i consumatori, ovunque essi si trovino. E sebbene non ci siano dubbi sulla sfida di essere presenti in tutti i possibili spazi informativi del messy middle, i marketer hanno almeno un potente alleato per farlo accadere: mentre entriamo in una nuova era del marketing, una nuova generazione di strumenti, tra cui l’IA di Google, consentirà alle aziende di connettere nuovi clienti con annunci pertinenti attraverso vari canali in tempo reale.
  • Ridurre il divario tra stimolo e acquisto. Presentarsi è fondamentale, ma il modo in cui ci presentiamo può essere decisivo. Adogni punto di contatto, i marketer devono fare affidamento sulla loro creatività per fornire contenuti e messaggi che attirino gli acquirenti nel loro spazio e soddisfino le loro esigenze informative. Con l’emergere di nuovi canali e superfici tutto il tempo, non sarà possibile creare manualmente contenuti per ogni possibile superficie, ambiente e scenario. I marketer dovranno invece integrare la scienza comportamentale in campagne flessibili, con l’IA che si fa carico di personalizzare formati specifici. Con risorse di base brillanti, queste campagne potrebbero guadagnare reciprocità aiutando gli acquirenti a esplorare, valutare e uscire dal messy middle.
  • Essere presenti è una cosa, ma essere presenti e utili è differente e richiede uno step in più. Dopotutto, è molto improbabile che il nostro sia l’unico marchio a presentarsi in un dato momento nel messy middle. I principi della scienza comportamentale esplorati nel rapporto forniscono un potente set di strumenti per aiutare i marketer a migliorare l’efficacia dei loro annunci e contenuti di proprietà. Ciò che alla fine distinguerà i brand sarà il modo in cui sfruttano la creatività e l’intuizione umana per creare proposte convincenti che rispondano ai driver comportamentali sottostanti che governano ciò che le persone scelgono di acquistare e dove scelgono di acquistarlo.

Le implicazioni pratiche per chi vuole intercettare i consumatori

In generale, ci sono molte strade attraverso il messy middle e ognuna è diversa: ma mentre la combinazione di esposizione, innesco e percorso è unica per ogni acquirente, le analisi di Google mostrano che ci sono importanti somiglianze nel modo in cui le persone cercano informazioni, valutano proposte concorrenti, costruiscono fiducia in un prodotto e infine eseguono conversioni, scegliendo dove effettuare un acquisto.

Il ruolo del marketing nel messy middle diventa quindi una storia su come raggiungere le persone dove si trovano e aumentare la loro fiducia: si tratta di essere presenti e avere una copertura ampia per massimizzare le connessioni con i clienti attraverso il maggior numero possibile di opportunità pertinenti, utilizzando la creatività per costruire risorse brillanti che aiutano a colmare il divario tra l’innesco e l’acquisto, e creando proposte convincenti che influenzano i prodotti che i consumatori scelgono di acquistare e dove li acquistano.

Le sfide attuali – incertezza economica e impatto dell’Intelligenza Artificiale – complicano ulteriormente lo scenario, dice l’ultimo studio di Google.

Da un lato, infatti, la nuova generazione di strumenti e soluzioni pubblicitarie, sempre più spesso alimentati da intelligenza artificiale, promette di semplificare notevolmente l’implementazione e la scalabilità. Nel contesto del marketing digitale, l’IA consentirà ai marchi di anticipare le esigenze individuali dei consumatori, consentendo loro di connettere meglio i nuovi clienti con contenuti pertinenti, attraverso vari canali e in tempo reale. Ma è importante ricordare che, sebbene l’IA sarà un partner prezioso, non sostituisce la conoscenza e l’esperienza dei marketer, che dovranno continuare a far leva sulle caratteristiche che definiscono e distinguono un “grande marketing“, ovvero l’ingegnosità, l’intuizione e l’intelligenza umana che sta dietro alla strategia.

Dall’altro lato, poi, ci sono le frequenti pressioni di bilancio cui sono sottoposti i marketer, che hanno il compito di migliorare (e dimostrare) il ROI per garantire una crescita redditizia. In questo contesto, comprendere di più su come le persone prendono decisioni potrebbe offrire un vantaggio competitivo fondamentale.

Gli insights di Google sono applicabili in maniera abbastanza simili a marchi consolidati ed emergenti e forniscono ai professionisti del marketing idee e ispirazione per aiutare gli acquirenti a navigare e uscire dal messy middle e per riuscire a rendere, nel corso di questo processo, il loro marchio e prodotto più propensi a essere scelti.

Il cuore di questo lavoro è il brand: la ricerca mostra infatti che i marchi leader sono in grado di mantenere una quota significativa delle preferenze dei consumatori anche quando brand concorrenti, reali o inventati offrono proposte molto superiori. In altre parole, il marchio continua a essere una delle euristiche più forti che influenzano la scelta del consumatore.

I risultati dello studio: nella quanto contano qualità e prezzo nella ricerca dei prodotti

Secondo i Googler, il Web si è trasformato “passando da essere uno strumento per confrontare i prezzi a uno strumento per confrontare praticamente qualsiasi cosa”, e questa dinamica è chiaramente evidenziata dalle modifiche al comportamento di acquisto nel corso degli anni che si possono comprendere dalla Ricerca Google.

Ad esempio, dicono, i grafici per i termini “cheap” (economico) e “best” (migliore) mostrano un netto segnale di inversione di tendenza: “A livello mondiale, l’interesse di ricerca per best ha superato di gran lunga quello per cheap e questo vale per molti Paesi di tutto il mondo, compresa l’Italia dove la stessa dinamica ha riguardato i termini economico e migliore”.

I trend su Google per economico e migliore
Se il “preciso valore di ciò che si può definire economico può variare da persona a persona, ma in ogni caso il termine ha un unico significato”, molto più complesso è cercare di comprendere il concetto di migliore, che ha un’ampia varietà di interpretazioni “che prendono in considerazione aspetti come il valore, la qualità, le prestazioni o la popolarità”.

I cambiamenti nei comportamenti dei consumatori

L’emergenza COVID-19 ha accelerato a livello mondiale il passaggio agli acquisti online e alle ricerche sul Web in tutto il mondo – solo in Italia, dicevamo anche commentando la guida di Google alla creazione di un e-Commerce in pochi mesi gli acquirenti digitali sono cresciuti di 2 milioni di unità – e quindi per i brand è più importante che mai provare a comprendere il senso di tutto questo.

Questo scenario ha convinto Rennie e Protheroe a portare a termine un lavoro iniziato nel 2019 per “aggiornare la prospettiva sul processo decisionale dei consumatori” e decifrare il modo in cui i consumatori decidono cosa acquistare, condotto insieme a The Behavioural Architects.

Esaminando la letteratura esistente e portando avanti “studi sull’osservazione del comportamento di acquisto, analisi sulle tendenze di ricerca e un esperimento su larga scala”, il gruppo di lavoro ha cercato “di comprendere il modo in cui i consumatori prendono decisioni in un ambiente online con innumerevoli opzioni e infinite informazioni a disposizione”.

Emerge un nuovo modello decisionale

Nel corso della ricerca “ha iniziato a delinearsi un nuovo tipo di modello decisionale aggiornato”, al cui centro regna il caos, che è appunto il messy middle; nel processo standard, “le persone cercano informazioni su prodotti e brand di una categoria e poi valutano tutte le opzioni a loro disposizione”.

Come accennato, sono due gli schemi mentali che prendono forma in questa fase del percorso di acquisto: da un lato c’è esplorazione, un’attività espansiva (tesa cioè ad allargare il campo delle opzioni a disposizione), e dall’altro la valutazione, che al contrario un’attività riduttiva. “Qualsiasi cosa stia facendo una persona, in un’ampia varietà di fonti online, come motori di ricerca, social media, aggregatori e siti web di recensioni, può essere classificata in una di queste due mentalità”.

Secondo i ricercatori, le “persone si muovono continuamente tra queste modalità gemelle di esplorazione e valutazione, ripetendo il ciclo tutte le volte necessarie per arrivare a una decisione di acquisto finale”.

I bias cognitivi che condizionano gli acquisti

Una ulteriore scoperta emersa dal rapporto è che “le persone sfruttano i bias cognitivi, o distorsioni cognitive, radicati a fondo nella mente per affrontare e gestire i concetti complessi e su larga scala”.

In realtà, questi bias cognitivi “esistono da molto prima di Internet” e quindi lo studio ha cercato di analizzare “in che modo influiscono oggi sulle decisioni di acquisto delle persone”, arrivando a determinare che “nel processo di esplorazione e valutazione modellano il comportamento di acquisto delle persone e influiscono sui motivi che spingono i consumatori a scegliere un prodotto rispetto a un altro”.

I sei bias cognitivi che influenzano le decisioni dei consumatori

Sebbene esistano centinaia di bias, nella ricerca gli autori hanno dato priorità a sei specifici:

I 6 bias cognitivi che influenzano i consumatori

  1. Euristica di categoria. Fornire brevi descrizioni di informazioni chiave del prodotto può semplificare le decisioni di acquisto.
  2. Potere dell’immediatezza: Maggiore è il tempo che l’utente aspettare per usufruire di un prodotto e minore diventa l’intenzione di acquistarlo.
  3. Prova sociale. Consigli e recensioni da altre persone possono rivelarsi molto efficaci.
  4. Bias di scarsità. La desiderabilità di un prodotto aumenta se diminuisce la sua disponibilità.
  5. Bias di autorità. L’opinione di un esperto o di una fonte attendibile è particolarmente influente.
  6. Potere della gratuità. Includere un regalo a un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo.

L’esperimento sui bias

Partendo da queste considerazioni, il team ha realizzato un esperimento sugli acquisti su larga scala con acquirenti in-market reali, “in cui abbiamo simulato 310.000 scenari di acquisto nelle categorie di servizi finanziari, beni di largo consumo, vendita al dettaglio, viaggi e servizi pubblici”.

In questo test è stato chiesto agli acquirenti “di scegliere il loro primo e secondo brand preferito all’interno di una categoria e in seguito abbiamo applicato una serie di bias per vedere se le persone erano disposte a cambiare le loro preferenze da un brand a un altro”. Per verificare le scelte in uno scenario estremo, “l’esperimento prevedeva anche un brand immaginario in ciascuna categoria al quale gli acquirenti non erano mai stati esposti prima”.

I risultati hanno mostrato il forte impatto dei bias: “Anche il concorrente meno efficace, un brand di cereali fittizio, è riuscito a conquistare il 28% delle preferenze degli acquirenti rispetto a un brand preferito consolidato quando ha dimostrato di avere una quantità innumerevole di vantaggi, tra cui recensioni a cinque stelle e un’offerta con uno sconto extra del 20%”. Nel caso più eclatante, “un’agenzia di assicurazioni auto immaginaria ha attirato l’87% della quota delle preferenze dei consumatori quando le abbiamo attribuito vantaggi per tutti e sei i bias”.

L’esperimento ha quindi rivelato che “quando applicati in modo intelligente e responsabile, i principi delle scienze comportamentali (e le esigenze comportamentali e informative in linea con questi) sono strumenti potenti per conquistare le preferenze dei clienti e fidelizzare gli acquirenti nelle fasi centrali del processo decisionale”.

I consigli per i professionisti del marketing

Questo discorso teorico può apparire complicato, ma “i consumatori lo percepiscono semplicemente come normali fasi del percorso di acquisto”; in più, l’obiettivo non deve essere “quello di forzare le persone a uscire dal ciclo mostrato nel modello, ma di fornire loro informazioni e riassicurazioni necessarie per aiutarle a prendere una decisione”.

L’approccio verso il cliente è lo stesso, “che la tua attività sia un gigante della categoria o un brand concorrente”:

  • Garantire la presenza del brand in modo strategico “affinché il tuo prodotto o servizio sia notato e ricordato dai clienti mentre esplorano le opzioni”.
  • Applicare i principi delle scienze comportamentali “in modo intelligente e responsabile per rendere la tua proposta convincente quando i consumatori valutano le opzioni”, per accompagnarli all’uscita dal messy middle e al completamento della transazione.
  • Avvicinare il momento del trigger a quello dell’acquisto “in modo da ridurre il tempo di esposizione dei tuoi clienti esistenti e potenziali a brand concorrenti”, ottimizzando la velocità del sito, la user experience e la messaggistica onsite.
  • Creare team flessibili e competenti “per andare oltre il branding tradizionale ed evitare barriere tra reparti che rischiano di lasciare spazi vuoti nel percorso decisionale dei consumatori”.

Le più recenti indicazioni per decodificare il processo decisionale dei consumatori

A ottobre 2023, Google ha pubblicato come detto un nuovo report dedicato al complesso tema del messy middle, che va maggiormente nella direzione pratica e fornisce utili spunti su come i professionisti del marketing possono influenzare “caos di mezzo”. In questi anni, gli esperti hanno identificato un insieme di scorciatoie mentali e regole pratiche che le persone impiegano tipicamente mentre si muovono attraverso questo spazio, e tale processo ha rivelato un potente insieme di principi comuni che illuminano come gli acquirenti navigano la rete intricata tra innesco e acquisto prima di decidere infine cosa acquistare.

Per garantire che la ricerca fosse il più pratica e applicabile possibile, i risultati si sono focalizzati su tre aree chiave in cui i professionisti del marketing hanno la possibilità di sperimentare e perfezionare:

  • Ricerca. Molti consumatori si affidano a Google Search nel loro percorso di acquisto. Tuttavia, competere con i grandi marchi dotati di ampi budget può essere impegnativo. Gli esperimenti con gli annunci della rete di ricerca dimostrano che un uso strategico della scienza comportamentale può aiutare anche i marchi che non occupano le prime posizioni a ottenere una quota maggiore di clic sugli annunci.
  • I siti web dei marchi rappresentano una risorsa fondamentale nel processo decisionale dei consumatori: se i clienti non si sentono sicuri dell’acquisto, non cliccheranno su “acquista”. La ricerca fornisce suggerimenti pratici su come potenziare i contenuti del sito web con i principi della scienza comportamentale, al fine di aumentare la fiducia dei clienti e le vendite.
  • Punto di vendita. I consumatori sono più inclini a cambiare la loro scelta in termini di rivenditore piuttosto che di marca del prodotto, in particolare quando il prezzo è un fattore decisivo. Tuttavia, i risultati suggeriscono che anche l’applicazione di principi basilari della scienza comportamentale può influenzare il processo decisionale del consumatore tanto quanto l’offerta di uno sconto del 10%.

Per riassumere con alcuni utili takeaway, quindi:

  • Esplorare e valutare nel messy middle non riguarda solo la decisione su cosa acquistare: i consumatori devono anche capire da dove
  • Quando si arriva al momento della decisione di acquisto, svolgono un ruolo attivo molti dei principi della scienza comportamentale che sono stati testati per esplorare e valutare. Ma ci sono principi e fattori aggiuntivi cruciali, come ad esempio l’attrito nella consegna (quanto velocemente è possibile ricevere un articolo) e il ruolo dei prezzi e delle promozioni.
  • La preferenza delle persone per specifici prodotti e servizi è più forte di quella per i rivenditori. Rivenditori completamente inventati con proposte super potenziate sono stati in grado di attirare un gran numero di acquirenti lontano dai loro rivenditori di prima e seconda scelta: in media, più di otto su dieci nei test hanno scelto un rivenditore inventato ma più “conveniente”.
  • Sebbene l’attività promozionale svolga un ruolo chiave nel processo decisionale, potenziare le proposte con le migliori espressioni dei principi pertinenti della scienza comportamentale può avere un impatto altrettanto grande, se non maggiore, su ciò che le persone scelgono.

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