Analizzare gli errori di content marketing per migliorare la strategia

Tempo di lettura : 6 minuti

Il content marketing è uno dei modi più pratici per aumentare l’autorevolezza del sito sul lungo periodo, e di sicuro è una delle tattiche più usate: stando ad alcune ricerche, oltre il 69 per cento delle aziende investe attivamente in questa strategia, che per l’86 per cento dei professionisti serve concretamente ad aumentare la brand awareness, una delle leve per raggiungere un successo duraturo nel tempo. Tuttavia, capita spesso di incappare in problemi o errori che compromettono il risultato finale, per cui è importante imparare ad analizzare le aree critiche e risolverle nel minor tempo possibile.

Riconoscere e analizzare gli errori con il content marketing

Ci sono innumerevoli guide su come creare e applicare una strategia di content marketing, ma inevitabilmente scontano il problema di essere generiche, mentre le esigenze aziendali sono molto concrete. Spesso, quando si mette in campo un intervento in questo settore, si rischia di dover attendere svariati mesi prima di un ritorno concreto – a patto di saper misurare il ROI del content marketing, come dicevamo in un altro approfondimento! – e ciò significa perdita, di tempo e di investimenti.

Dobbiamo quindi diventare capaci di capire perché la tua strategia non ha funzionato anche se abbiamo seguito tutte le indicazioni, e quindi riuscire a migliorarla – magari senza cercare un’altra guida – sapendo cosa non ha funzionato nel nostro sforzo.

Ecco dunque quattro aree, evidenziate da un articolo di Michael Doer su Search Engine Watch, dove solitamente si trovano i maggiori ostacoli nelle campagne di content marketing e le indicazioni per analizzare i punti deboli e critici e superarli.

  1. Problemi con la struttura del workflow
  2. Problemi di qualità dei contenuti
  3. Problemi di distribuzione dei contenuti
  4. Problemi di conversione dei contenuti

I problemi col workflow del content marketing

Uno dei problemi più diffusi negli sforzi di content marketing dei principianti è l’incongruenza: abbiamo “impostato gli obiettivi giusti, iniziato a misurare i KPI, ma il team sembra non riuscire a gestire il carico, spesso le scadenze non vengono rispettate, la qualità dei contenuti è scarsa e si ottiene poco feedback”.

Per migliorare, non basta solo rimettere in riga il team che lavora ai contenuti: è più utile capire cosa è andato storto e perché ciò è successo, così da poter risolvere davvero il problema.

Il consiglio è di esaminare il workflow del content marketing attraverso il value stream management o workflow mapping, la strategia per la gestione del flusso di valore sviluppata in origine dagli ingegneri Toyota per rendere più efficace la produzione di automobili e poi applicata in ogni altro settore.

Come creare un workflow mapping

Per creare una mappa del flusso di lavoro bisogna seguire alcuni step:

  • Riunisci il tuo team di content marketing.
  • Seleziona un obiettivo, ad esempio la creazione di un singolo articolo.
  • Comprendi chi è coinvolto nel processo.
  • Raccogli feedback su tutte le fasi del processo.
  • Visualizzalo in una mappa (nell’immagine, tratta da Tallify, l’esempio di un workflow per la gestione di un ticket di assistenza).

Esempio di workflow mapping

Non è tanto importante come disegnare la mappa – ci sono vari software appositamente ideati, ma si può fare anche un semplice schema a mano – ma riuscire a individuare e inserire davvero ciò che accade nel flusso di lavoro, non ciò che dovrebbe essere in linea teorica.

Ottenuta la mappa, bisogna cercare i punti di inefficienza: è possibile che i copywriter non ricevano i compiti con il giusto anticipo o che non vi sia alcun controllo di qualità nella pipeline dei contenuti. Qualunque sia la ragione della criticità, il workflow mapping consente di comprendere cosa sta andando storto e, dopo aver individuato il motivo, sarà possibile testare diversi modi per risolvere il problema e successivamente misurare il risultato e gli effetti di questo lavoro.

Superare le criticità con la qualità dei contenuti

Secondo Worldometers.com, ogni giorno sui blog vengono pubblicati oltre cinque milioni di post: per superare tutto questo rumore, ci vuole un post di qualità.

Come sappiamo, però, giudicare la qualità della scrittura è altamente soggettivo, ma possiamo usare alcune metriche per ridurre l’inevitabile parzialità, come suggerisce James Parsons, fondatore di Content Powered, che invita a esaminare quattro statistiche che potrebbero indicare che una qualità dei contenuti scadente.

  • Tempo medio sulla pagina.
  • Condivisioni sui social (a condizione che ci siano modi semplici per condividere).
  • Percentuale di clic per altri articoli sul blog.
  • Tempo medio sul sito.

Se una di queste metriche non mostra alcun segno di aumento, è un segno indicativo che i lettori non stanno trovando i contenuti abbastanza buoni.

Analizzare e migliorare i contenuti

Individuato il problema, è il momento di capire come intervenire, cercando innanzitutto di analizzare il contenuto per valutare se è informativo e leggibile. Anche in questo caso, ci sono vari tool che verificano la leggibilità di un testo, ma si tratta sempre di valutazioni meccaniche che possono non aver concreti riscontri nella realtà. Stesse complessità si trovano per giudicare se un contenuto è informativo, perché si torna nel campo della soggettività.

Una soluzione potrebbe essere fare un’analisi della concorrenza che sta ottenendo i migliori risultati per scoprire che tipo di elementi narrativi utilizza nella sua strategia – ad esempio, infografiche, statistiche, interviste a influencer del settore, citazioni – e provare a inserirli all’interno dei propri contenuti, adeguandoli ovviamente al proprio stile comunicativo.

Gli ostacoli nella distribuzione dei contenuti

Un errore frequente, soprattutto per chi è alle prime armi nel settore, è concentrarsi solo sulla creazione dei contenuti e trascurare l’altro aspetto chiave di questo lavoro, ovvero il marketing: anche il migliore dei testi rischia di restare senza lettori e di non produrre l’effetto desiderato, se non è adeguatamente promosso e distribuito.

È quindi importante lavorare per attrarre lettori e rendere efficace gli sforzi fin qui compiuti, cominciando dal comprendere se effettivamente c’è un problema con la distribuzione dei testi che ne blocca la diffusione.

Come individuare i problemi di distribuzione dei contenuti

La statistica principale che può servire come bussola è il numero di backlink e la loro crescita, ma può essere utile anche monitorare la posizione del contenuto nelle SERP e la crescita organica del traffico del sito dalle pagine target. Tuttavia, per avere “un quadro completo, dovresti anche considerare la copertura delle keyword”, tutte attività che si possono fare con gli strumenti di SEOZoom.

Come superare queste criticità

Se i contenuti non stanno ottenendo abbastanza backlink, bisogna reimpostare l’attività di outreach e provare a rendere migliore il copy dell’email o trovare siti Web che potrebbero essere più interessati ai contenuti proposti. È importante ottenere risultati misurabili, quindi bisogna ricordare di fare uno split test della campagna di sensibilizzazione via email.

Se è la crescita del traffico organico a essere scarsa, ci sono vari modi per migliorare il contenuto: cercare di focalizzare meglio il search intent, aggiornare il contenuto per renderlo più attuale e incisivo, ottimizzare il title e la meta description (che possono avere un ruolo cruciale nell’attrarre i visitatori sul sito dai risultati di ricerca organici), aggiungere parole chiave correlate e così via. Un metodo per risparmiare tempo e fatica è provare a migliorare solo un aspetto tra quelli elencati su un contenuto che non funziona, e verificare quale intervento produce gli effetti migliori.

Contenuti e conversioni, consigli di ottimizzazione

Dopo aver compreso come individuare le criticità relative a problemi con il traffico del sito, i backlink e la qualità dei contenuti, bisogna infine concentrarsi su un KPI determinante per le campagne di content marketing, le conversioni, individuando eventuali blocchi e lavorando per rimuoverli.

Individuare i problemi di conversione dei contenuti

Come nei casi precedenti, il primo step è capire dove sia il problema e poi intervenire per risolverlo, analizzando tutto ciò che non è correlato al contenuto.

Ad esempio, scrive Michael Doer, “supponiamo che miri a fare conversioni soft come far iscrivere gli utenti a una subscriber list o scaricare un white paper lasciando un indirizzo email”: se non funzionano, potrebbe essere utile fare un test A/B per verificare se la modifica della CTA cambia il tasso di conversione.

Se ciò non avviene, bisogna fare alcune analisi qualitative, perché il problema potrebbe essere altrove: ad esempio, il contenuto e il target di conversione potrebbero avere un intento diverso. Oppure, l’articolo di lead-generation attira un pubblico che è ai primi livelli nel funnel di conversione, e quindi è difficile o quasi impossibile raggiungere l’obiettivo delle vendite.

Applicare il customer journey mapping

Valutare come il contenuto contribuisce alle vendite effettive è un compito molto arduo e, per iniziare, possiamo analizzare le metriche correlate alla lead generation, come la crescita del traffico organico e il tempo di permanenza sul sito web. Ci sono anche approcci più diretti, usando i rapporti di attribuzione multicanale e la mappatura della customer journey.

Nel primo caso, si utilizza Google Analytics e lo strumento Conversioni indirette, che mostra il contributo svolto da ciascun canale di marketing in una conversione. Per il secondo aspetto, dobbiamo analizzare innanzitutto due rapporti cruciali, il Flusso di comportamento e Reverse Goal Path.

Il Flusso di comportamento mostra il modo in cui gli utenti interagiscono con il sito e traccia i loro punti di navigazione e di uscita (con possibilità di vedere come si comportano i diversi tipi di traffico), mentre l’altro rapporto segnala i percorsi più comuni verso un obiettivo impostato.

Possiamo usare questi strumenti per realizzare una mappa della customer journey, un diagramma di flusso che mostra il modo in cui un cliente si muove attraverso un sito Web, dalla prima interazione alla conversione (nell’esempio in immagine, il modello impostato dal Governo degli Stati Uniti), per scoprire come interagiscono con i contenuti e cercano i punti di uscita.

La customer journey map degli USA

Superare errori e ostacoli con la conversione dei contenuti

Se il problema della strategia si annida in questa area, sarà inevitabile apportare profondi cambiamenti strutturali all’approccio stesso al content marketing: l’articolo suggerisce di provare a incorporare i seguenti passaggi nella strategia per ottenere migliori tassi di generazione di lead.

  • Contenuti lead-magnet.
  • Focus su parole chiave ad alto intento.
  • Migliore intrattenimento del lettore.
  • Movimentare i lettori lungo la pipeline di contenuti.
TOP