Come scegliere e monitorare i KPI del content marketing

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Non basta creare, pubblicare e condividere contenuti: se vogliamo costruire il nostro brand e il nostro sito su basi solide, puntando a un successo consolidato e duraturo senza affidarci solo alla sorte, dobbiamo lavorare con strategia e consapevolezza. È cioè necessario sviluppare una strategia di content marketing che trascenda la casualità e si radichi in un approccio scientifico, iniziando dall’adottare i giusti KPI per trasformare gli insights in un’azione informata e ogni sforzo in un valore aggiunto verificabile. In altri termini, per raggiungere gli obiettivi desiderati non possiamo certo lanciare una campagna e incrociare le dita, perché parte del lavoro è legata anche alla strategia iniziale, all’analisi preventiva delle tipologie di contenuto che funzionino per noi e per i clienti e, non meno importante, al monitoraggio successivo dei risultati attraverso la misurazione del ROI e degli effetti che il lavoro porta in termini concreti. Solo così, infatti, possiamo migliorare la strategia, studiando gli errori commessi e trovando la soluzione per ottimizzare gli sforzi.

I KPI nel content marketing

Negli ultimi anni il content marketing si è affermato come uno dei pilastri fondamentali per costruire una presenza online solida e coinvolgente. Affinché sia efficace, però, deve essere fattibile e misurabile: come dicevamo, non basta pubblicare regolarmente i contenuti, ma piuttosto pianificare una strategia che determini il tipo di contenuto da produrre e il modo e i tempi in cui lo declineremo e promuoveremo.

C’è poi un altro aspetto: come possiamo sapere se questa strategia di contenuti sta veramente funzionando? Qui entra in gioco la misurazione degli sforzi attraverso gli indicatori chiave di performance o KPI (Key Performance Indicators), metriche apposite che ci offrono uno spaccato dell’efficacia delle nostre campagne e ci permettono anche di ottimizzare le azioni future, per raggiungere i nostri obiettivi con maggiore precisione.

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In generale, un KPI è una metrica quantificabile utilizzata per valutare il successo di una qualsiasi campagna rispetto agli obiettivi prefissati. Non esiste un elenco definitivo e statico, perché l’individuazione e l’utilizzo di tali indicatori variano a seconda degli obiettivi specifici: possono essere legati alle vendite, al coinvolgimento dell’utente, alla generazione di lead o alla brand awareness, e come sappiamo ci sono anche alcuni KPI per la SEO.

Identificare i KPI più rilevanti per i nostri scopi è un passo cruciale, perché ci consente di concentrarci su ciò che conta davvero per il nostro business. In relazione ai contenuti, queste metriche spesso includono obiettivi di incremento di brand awareness, coinvolgimento con clienti o potenziali clienti, miglioramento dei tassi di apertura delle newsletter o aumento delle visite a un sito web.

Perché è importante definire gli obiettivi del content marketing

Insomma: definire obiettivi chiari di content marketing è un passo cruciale nella strategia complessiva dei contenuti, perché senza di essi navigheremmo a vista e tutti i nostri sforzi potrebbero mancare di coerenza, direzione ed efficacia.

Secondo le prassi del marketing e del business, gli obiettivi devono essere formulati in modo da essere chiari, quantificabili e allineati con le esigenze aziendali, seguendo il principio SMART che ne garantisce la specificità, la misurabilità, la fattibilità, la rilevanza e la temporalità.

Più precisamente, SMART è un acronimo in cui ogni lettera identifica un attributo che dovrebbe caratterizzare un obiettivo aziendale ben formulato, ed è un concetto particolarmente utile nel contesto del content marketing per assicurare che ogni sforzo sia diretto e misurabile. Il significato di SMART è:

  • Specific (Specifico) – L’obiettivo deve essere chiaro e preciso. Ad esempio, invece di dire “vogliamo più traffico sul sito”, un obiettivo specifico sarebbe “aumentare il traffico del sito del 20% nei prossimi sei mesi”.
  • Measurable (Misurabile) – Deve essere possibile quantificare l’obiettivo, in modo da poter tracciare i progressi. Se l’obiettivo è aumentare l’engagement, dovremmo essere in grado di misurare questo incremento attraverso metriche come il numero di condivisioni o commenti.
  • Achievable (Raggiungibile) – L’obiettivo deve essere realistico e raggiungibile con le risorse e il tempo a disposizione. Un obiettivo troppo ambizioso potrebbe essere demotivante, mentre uno troppo facile potrebbe non essere stimolante.
  • Relevant (Rilevante) – L’obiettivo deve essere significativo per l’azienda e allineato con gli obiettivi più ampi dell’organizzazione. Se l’obiettivo non supporta la strategia complessiva dell’azienda, potrebbe non essere utile perseguirlo.
  • Time-bound (Temporalmente definito) – L’obiettivo deve avere una scadenza chiara, che crea un senso di urgenza e permette di pianificare in modo adeguato. Ad esempio, “incrementare i lead generati dai contenuti del blog del 30% entro la fine del primo trimestre”.

Per il content marketing, i KPI sono gli strumenti che ci permettono di tracciare il percorso verso questi obiettivi, perché forniscono dati concreti che ci indicano quanto siamo vicini al raggiungimento degli obiettivi stessi. Ci permettono inoltre di valutare l’efficacia dei contenuti, offrendo una visione chiara di come il pubblico interagisce con ciò che produciamo, e questo feedback ci è utile per affinare la nostra strategia, concentrando gli sforzi sui tipi di contenuto che generano i migliori risultati.

Ancora, i KPI ci aiutano a dimostrare il valore del content marketing all’interno dell’organizzazione, mostrando il ritorno sull’investimento e aiutando a ottenere il supporto necessario per le iniziative future. Infine, assicurano che le nostre attività di content marketing siano sempre allineate con gli obiettivi aziendali più ampi, garantendo che ogni pezzo di contenuto contribuisca in modo significativo alla crescita e al successo dell’azienda.

Come impostare gli obiettivi di content marketing

Passando agli aspetti pratici, impostare gli obiettivi di content marketing richiede innanzitutto un approccio strategico che consideri sia la visione complessiva dell’azienda, sia le dinamiche specifiche della nicchia di mercato e del pubblico di riferimento.

Provando a delineare una guida passo-passo per impostare obiettivi efficaci di content marketing, abbiamo i seguenti step:

  1. Analisi della Situazione Attuale. Prima di impostare nuovi obiettivi, è importante valutare dove si trova attualmente la nostra azienda in termini di content marketing. Questo include un’analisi delle performance passate, una valutazione delle risorse disponibili e una comprensione delle sfide e delle opportunità presenti nel mercato.
  2. Allineamento con gli obiettivi aziendali. Gli obiettivi di content marketing dovrebbero supportare gli obiettivi più ampi dell’azienda. Che si tratti di aumentare la consapevolezza del brand, generare lead o guidare le vendite, ogni obiettivo di content marketing dovrebbe contribuire direttamente agli obiettivi strategici dell’organizzazione.
  3. Definizione del pubblico target. Comprendere chi è il nostro pubblico e cosa cerca è fondamentale per creare contenuti che risuonino e generino engagement. Definire le buyer personas, ovvero rappresentazioni semi-fittizie del cliente ideale, può aiutare a personalizzare gli sforzi di content marketing.
  4. Utilizzo del principio SMART. Come discusso in precedenza, gli obiettivi dovrebbero essere SMART per avere traguardi chiari e tracciabili, che possono essere valutati nel tempo.
  5. Prioritizzazione degli obiettivi. È probabile avere più obiettivi da raggiungere, ma è importante impostare una linea di priorità in base all’impatto che avranno e alle risorse che abbiamo a disposizione, concentrandoci sugli obiettivi che offrono il miglior ritorno sull’investimento e che sono più allineati con gli obiettivi aziendali.
  6. Sviluppo di una roadmap strategica. Una volta definiti gli obiettivi, è opportuno creare una roadmap che delinei come intendiamo raggiungerli. Questo potrebbe includere piani per la creazione di contenuti, calendari editoriali, strategie di distribuzione e promozione e metriche per il monitoraggio del progresso.
  7. Monitoraggio e Adattamento. Con gli obiettivi in atto, è essenziale monitorare costantemente i progressi attraverso i KPI e adattare la strategia di conseguenza. Il mondo del content marketing è dinamico, e ciò che funziona oggi potrebbe non funzionare domani. Essere flessibili e pronti a ottimizzare la strategia in base ai risultati ottenuti è cruciale per il successo a lungo termine.

Quali sono i KPI del content marketing: guida agli indicatori da considerare

I KPI ci aiutano a comprendere l’efficacia dei contenuti che produciamo e, come dicevamo, non è possibile stilare un elenco standard e definitivo degli indicatori da monitorare, perché ogni sito (e addirittura ogni campagna) potrebbe richiedere un set personalizzato di KPI in base agli obiettivi specifici e al pubblico di riferimento.

Ad ogni modo, ci sono comunque alcuni KPI del content marketing che sarebbe opportuno controllare sempre, utili per decisioni informate e guidare la nostra attività verso il successo – ricordando che misurare e analizzare questi indicatori non è un’attività da fare sporadicamente, ma un processo continuo che ci permette di affinare le nostre strategie e di assicurarci che i nostri sforzi lavorativi stiano dando i frutti sperati.

Parliamo, in particolare, di:

  • Traffico del Sito Web. Uno dei principali obiettivi del content marketing è aumentare il traffico verso il nostro sito. Monitorando il numero di visitatori unici e le pagine viste, possiamo valutare l’attrattività dei nostri contenuti.
  • Engagement. L’interazione degli utenti con i nostri contenuti è fondamentale. Commenti, condivisioni e tempo trascorso sulla pagina ci dicono quanto il nostro pubblico sia coinvolto.
  • Tasso di Conversione. Questo KPI misura la percentuale di visitatori che compiono un’azione desiderata, come iscriversi a una newsletter o effettuare un acquisto, dopo aver interagito con i nostri contenuti.
  • Lead Generati. Nel B2B, in particolare, il content marketing mira a generare lead qualificati. Tracciare quanti lead sono stati acquisiti attraverso i contenuti ci permette di valutare la loro efficacia nel nutrire il funnel di vendita.
  • SEO Ranking. La posizione dei nostri contenuti nei risultati di ricerca è un indicatore chiave della loro visibilità. Un buon posizionamento significa maggiore traffico organico e riconoscimento dell’autorità del nostro sito.
  • ROI del Content Marketing. Calcolare il ritorno sull’investimento ci aiuta a comprendere se i benefici ottenuti dai contenuti superano i costi sostenuti per produrli.

KPI e funnel: come usare gli indicatori per il successo in ogni fase

C’è un altro passaggio che possiamo compiere, lavorando sul rapporto tra i KPI del content marketing e il funnel del marketing, che sono (dovrebbero essere) intrinsecamente connessi e interdipendenti.

Il funnel del marketing, o funnel delle vendite, è un modello che descrive il percorso che un potenziale cliente segue dalla prima consapevolezza di un prodotto o servizio fino all’acquisto e oltre; questo percorso è tipicamente suddiviso in diverse fasi, che possono variare leggermente a seconda del modello specifico, ma che comunemente includono consapevolezza (awareness), considerazione (consideration), decisione (decision) e azione (action).

Possiamo quindi impostare delle apposite metriche KPI per valutare l’efficacia dei contenuti in ogni fase di questo funnel, perché ogni livello richiede un tipo di contenuto diverso, progettato per guidare il potenziale cliente alla fase successiva, e quindi i KPI devono essere allineati con gli obiettivi specifici di ogni fase del funnel.

Ciò che dobbiamo ricordare, di fondo, è che ogni contenuto dovrebbe essere creato per soddisfare le intenzioni di un utente: se siamo capaci di identificare con quale punto della canalizzazione stiamo lavorando, saremo in grado di scegliere le metriche per definire effettivamente il successo di quel contenuto.

Quali sono i KPI del content marketing per ogni fase del funnel

Ad aiutarci nell’identificazione dei principali KPI di contenuto da analizzare per le principali fasi dell’imbuto del marketing è un articolo di Brie E. Anderson su Search Engine Journal, che si concentra in modo particolare sui key performance indicator da valutare in relazione ad awareness, engagement dei contenuti, conversione e lealtà.

  1. La fase dell’awareness

Il contenuto nella fase di awareness o consapevolezza è focalizzato “sull’afferrare l’attenzione di coloro che hanno un problema che puoi risolvere”, dice l’autrice.

Con questo in mente, questi sono i principali KPI da valutare e misurare:

  • Impressioni di ricerca organica

La SEO può soddisfare la parte di consapevolezza del funnel fornendo dati sulle impressioni nella pagina dei risultati del motore di ricerca (SERP).

Quando la pagina giusta del nostro sito compare nei risultati di ricerca, gli utenti si rendono conto che la nostra azienda offre una soluzione al loro problema: più spesso ci presentiamo, maggiori sono le possibilità di attirare il loro interesse.

Possiamo misurare le impressioni di ricerca organica per i nostri contenuti utilizzando Google Search Console e Bing Webmaster Tools, oltre che ovviamente le SEO suite come SEOZoom per analisi più ampie.

Le impressioni in Google Search Console

  • Share of Voice

La share of voice (SoV) è una metrica percentuale che misura “il peso pubblicitario” di un brand, il suo valore di visibilità rispetto ai competitor, calcolando la frequenza con cui il nome del marchio viene visualizzato nella SERP rispetto al numero totale di ricerche per le parole chiave selezionate.

Ad esempio, spiega Anderson, se compariamo 200 volte su 1000 parole chiave cercate, la nostra SoV sarebbe del 20%.

Questa metrica ci dà buone indicazioni per capire se il nostro contenuto viene visualizzato o meno per le ricerche relative ai contenuti che abbiamo creato, e possiamo monitorare la SoV in alcune piattaforme di ricerca.

  • Nuovi utenti

I nuovi utenti sono quelli che non sono mai stati prima sul sito; pertanto, rappresentano sono un ottimo indicatore di quante persone ci hanno trovato attraverso uno specifico contenuto.

Possiamo monitorare i nuovi utenti con Google Analytics, ricordando di esaminare questa metrica dopo aver impostato la visualizzazione “Pagina di destinazione”.

  1. La fase dell’engagement

La fase di coinvolgimento del funnel è estremamente importante, in quanto mostra che le persone si preoccupano davvero della nostra attività e di ciò che facciamo e proponiamo; è anche un passo avanti per convincere gli utenti a fare affari con noi.

In questo livello, dobbiamo valutare i seguenti KPI:

  • Clic

I clic indicano che almeno il titolo del contenuto era coinvolgente, altrimenti le persone non avrebbero scelto di cliccare sul risultato che è loro apparso.

Possiamo misurare i clic dalla SERP, i clic dai post sui social al nostro sito o qualsiasi altro clic che porta le persone ai contenuti che abbiamo pubblicato.

I clic possono anche essere monitorati come “sessioni” sul sito utilizzando Google Analytics, cercando di analizzare il traffico che è arrivato attraverso uno specifico contenuto; inoltre, possono essere visualizzati anche sulle specifiche piattaforme social, su Google Search Console, Bing Webmaster Tools eccetera.

  • Frequenza di rimbalzo

Una volta che gli utenti sono sul sito, il primo segno del loro engagement è se restano sulle nostre pagine e non rimbalzano.

Un rimbalzo o bounce è essenzialmente qualcuno che arriva sul sito e poi se ne va subito prima di interagire.

Possiamo monitorare il bounce rate utilizzando Google Analytics, con cui misurare la frequenza di rimbalzo per la pagina in generale e la frequenza di rimbalzo sulla pagina da fonti specifiche, per avere un’idea migliore del coinvolgimento di diversi segmenti di pubblico.

  • Tempo medio sulla pagina

Se una persona trascorre del tempo con il nostro brand, sta interagendo con esso.

Se creiamo un contenuto “Guida definitiva” di 5.000 parole “e il tempo medio sulla pagina è inferiore a 20 secondi, è probabile che le persone non siano coinvolte da quel contenuto specifico”.

Anche in questo caso, Google Analytics ci può servire a tenere traccia di queste informazioni.

  • Profondità di scroll

Lo scroll è un segno sicuro di coinvolgimento in quanto non avviene da solo: l’utente deve compierlo.

Mentre altre metriche possono essere distorte da azioni accidentali (clic o dimenticare di aver aperto una finestra sul browser), non è facile simulare gli scorrimenti. In genere, se un utente scrolla, sta cercando qualcosa (si spera qualcosa che offriamo).

Possiamo misurare gli scroll utilizzando Google Tag Manager, Google Analytics o strumenti per le heatmap.

  1. La fase della conversione

È uno dei momenti principali del funnel per le nostre attività, perché riguarda la possibilità concreta di fare soldi.

Il monitoraggio delle conversioni ci aiuta a fare leva quando cerchiamo di spingere per la creazione di nuovi contenuti e anche aiuta a dimostrare il valore dei contenuti che abbiamo già creato, e possiamo analizzare questi KPI:

  • Goal completions

I goal completions – raggiungimenti degli obiettivi – “possono essere una miriade di cose diverse, come riempimenti di moduli, una visualizzazione video, un download eccetera”.

A seconda dell’obiettivo dei nostri contenuti, questi raggiungimenti dell’obiettivo possono essere considerati conversioni; indipendentemente da ciò che speriamo che gli utenti facciano dopo aver interagito con i nostri contenuti, quell’evento può essere monitorato come obiettivo, che possiamo tracciare utilizzando Google Tag Manager e Google Analytics.

  • Acquisti

Gli acquisti sono molto più semplici da comprendere: se un utente effettua un acquisto, si è convertito e ora è un cliente.

In Google Analytics possiamo tracciare gli acquisti in cui gli utenti hanno anche visitato il contenuto aggiungendo un nuovo segmento basato su una condizione “Titolo pagina visitata”.

  • Entrate

Altra metrica importante è il ritorno sull’investimento (ROI) sui contenuti creati: per calcolarlo, dobbiamo sapere cosa/quanto abbiamo investito nella creazione del contenuto e quante entrate quel contenuto ha generato o ha contribuito a generare.

Possiamo tracciare le entrate provenienti da sessioni in cui la pagina è stata anche visitata utilizzando la stessa segmentazione condizionale utilizzata nella sezione Acquisti di Google Analytics.

Se il nostro ciclo di transazione è un po’ più lungo, potrebbe essere un po’ più difficile da monitorare.

  1. La fase di fidelizzazione e lealtà

Nel marketing “è vero al 100% che è più economico trattenere un utente che guadagnarne uno nuovo”, dice Anderson; quindi, la cosa migliore che possiamo fare come azienda è far sì che le persone tornino.

Monitorare la fedeltà può facilmente mostrarci quanti soldi abbiamo risparmiato mantenendo le persone nel nostro funnel, e questi sono alcuni dei KPI da valutare:

  • Utenti di ritorno

Se i nostri contenuti riportano le persone sul sito, significa che stanno aiutando a costruire lealtà.

Più volte una persona visita il nostro sito web per interagire con i contenuti, più è probabile che siamo allo stadio Top of Mind (per usare la terminologia della piramide di Aaker) e che diamo soddisfazione a un suo bisogno.

Gli utenti di ritorno a una pagina specifica sono facili da monitorare in Google Analytics utilizzando la dimensione secondaria “Titolo della pagina”.

  • Repeat business

Ripetere gli affari “è anche meglio che ripetere le visite, è l’ultimo voto di lealtà”.

Se il cliente ha già fatto affari con noi e sceglie attivamente di farlo ancora, ha trovato valore nel nostro brand e nella nostra attività.

Per tenere traccia delle attività ripetute “è probabile dover fare affidamento sul nostro sistema di punti vendita o su un sistema di gestione delle relazioni con i clienti”.

L’importanza del monitoraggio e dei dati per il business

Il consiglio conclusivo di Brie E. Anderson – che racchiude il messaggio del suo articolo – è che è fondamentale impostare strumenti di monitoraggio anche per il content marketing, ma soprattutto che “i dati sono utili solo se li usiamo”.

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In concreto, ciò che serve è scegliere un obiettivo, decidere quali KPI dei contenuti monitorare e quindi prendere decisioni in base ai dati così raccolti: l’unico modo per muoversi davvero in modo strategico e migliorare il lavoro.

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