Content KPI: quali sono e come monitorarli in ogni fase del funnel
Da anni ormai il content marketing è uno dei temi principali del marketing, soprattutto in ambito digitale; per raggiungere gli obiettivi non basta però lanciare una campagna e incrociare le dita, perché parte del lavoro è legata anche alla misurazione del ROI e degli effetti che il lavoro porta in termini concreti. Solo così, infatti, è possibile migliorare la strategia, analizzando gli errori commessi e trovando la soluzione per ottimizzare gli sforzi.
Ciò che dobbiamo ricordare, innanzitutto, è che ogni contenuto dovrebbe essere creato per soddisfare le intenzioni di un utente, che sono spesso spiegate sotto forma di un funnel di marketing: se siamo capaci di identificare con quale punto della canalizzazione stiamo lavorando, saremo in grado di scegliere le metriche per definire effettivamente il successo di quel contenuto.
I content KPI e il funnel di marketing
Ad aiutarci nell’identificazione dei principali KPI di contenuto da analizzare per le principali fasi dell’imbuto del marketing è un articolo di Brie E. Anderson su Search Engine Journal, che si concentra in modo particolare sui key performance indicator – quelli che in italiano si chiamano Indicatore chiave di prestazione – da valutare in relazione ad awareness, engagement dei contenuti, conversione e lealtà.
La fase dell’awareness
Il contenuto nella fase di awareness o consapevolezza è focalizzato “sull’afferrare l’attenzione di coloro che hanno un problema che puoi risolvere”, dice l’autrice.
Con questo in mente, questi sono i principali KPI da valutare e misurare:
- Impressioni di ricerca organica
La SEO può soddisfare la parte di consapevolezza del funnel fornendo dati sulle impressioni nella pagina dei risultati del motore di ricerca (SERP).
Quando la pagina giusta del nostro sito compare nei risultati di ricerca, gli utenti si rendono conto che la nostra azienda offre una soluzione al loro problema: più spesso ci presentiamo, maggiori sono le possibilità di attirare il loro interesse.
Possiamo misurare le impressioni di ricerca organica per i nostri contenuti utilizzando Google Search Console e Bing Webmaster Tools, oltre che ovviamente le SEO suite come SEOZoom per analisi più ampie.
- Share of Voice
La share of voice (SoV) è una metrica percentuale che misura “il peso pubblicitario” di un brand, il suo valore di visibilità rispetto ai competitor, calcolando la frequenza con cui il nome del marchio viene visualizzato nella SERP rispetto al numero totale di ricerche per le parole chiave selezionate.
Ad esempio, spiega Anderson, se compariamo 200 volte su 1000 parole chiave cercate, la nostra SoV sarebbe del 20%.
Questa metrica ci dà buone indicazioni per capire se il nostro contenuto viene visualizzato o meno per le ricerche relative ai contenuti che abbiamo creato, e possiamo monitorare la SoV in alcune piattaforme di ricerca.
- Nuovi utenti
I nuovi utenti sono quelli che non sono mai stati prima sul sito; pertanto, rappresentano sono un ottimo indicatore di quante persone ci hanno trovato attraverso uno specifico contenuto.
Possiamo monitorare i nuovi utenti con Google Analytics, ricordando di esaminare questa metrica dopo aver impostato la visualizzazione “Pagina di destinazione”.
La fase dell’engagement
La fase di coinvolgimento del funnel è estremamente importante, in quanto mostra che le persone si preoccupano davvero della nostra attività e di ciò che facciamo e proponiamo; è anche un passo avanti per convincere gli utenti a fare affari con noi.
In questo livello, dobbiamo valutare i seguenti KPI:
- Clic
I clic indicano che almeno il titolo del contenuto era coinvolgente, altrimenti le persone non avrebbero scelto di cliccare sul risultato che è loro apparso.
Possiamo misurare i clic dalla SERP, i clic dai post sui social al nostro sito o qualsiasi altro clic che porta le persone ai contenuti che abbiamo pubblicato.
I clic possono anche essere monitorati come “sessioni” sul sito utilizzando Google Analytics, cercando di analizzare il traffico che è arrivato attraverso uno specifico contenuto; inoltre, possono essere visualizzati anche sulle specifiche piattaforme social, su Google Search Console, Bing Webmaster Tools eccetera.
- Frequenza di rimbalzo
Una volta che gli utenti sono sul sito, il primo segno del loro engagement è se restano sulle nostre pagine e non rimbalzano.
Un rimbalzo o bounce è essenzialmente qualcuno che arriva sul sito e poi se ne va subito prima di interagire.
Possiamo monitorare il bounce rate utilizzando Google Analytics, con cui misurare la frequenza di rimbalzo per la pagina in generale e la frequenza di rimbalzo sulla pagina da fonti specifiche, per avere un’idea migliore del coinvolgimento di diversi segmenti di pubblico.
- Tempo medio sulla pagina
Se una persona trascorre del tempo con il nostro brand, sta interagendo con esso.
Se creiamo un contenuto “Guida definitiva” di 5.000 parole “e il tempo medio sulla pagina è inferiore a 20 secondi, è probabile che le persone non siano coinvolte da quel contenuto specifico”.
Anche in questo caso, Google Analytics ci può servire a tenere traccia di queste informazioni.
- Profondità di scroll
Lo scroll è un segno sicuro di coinvolgimento in quanto non avviene da solo: l’utente deve compierlo.
Mentre altre metriche possono essere distorte da azioni accidentali (clic o dimenticare di aver aperto una finestra sul browser), non è facile simulare gli scorrimenti. In genere, se un utente scrolla, sta cercando qualcosa (si spera qualcosa che offriamo).
Possiamo misurare gli scroll utilizzando Google Tag Manager e Google Analytics.
La fase della conversione
È uno dei momenti principali del funnel per le nostre attività, perché riguarda la possibilità concreta di fare soldi.
Il monitoraggio delle conversioni ci aiuta a fare leva quando cerchiamo di spingere per la creazione di nuovi contenuti e anche aiuta a dimostrare il valore dei contenuti che abbiamo già creato, e possiamo analizzare questi KPI:
- Goal completions
I goal completions – raggiungimenti degli obiettivi – “possono essere una miriade di cose diverse, come riempimenti di moduli, una visualizzazione video, un download eccetera”.
A seconda dell’obiettivo dei nostri contenuti, questi raggiungimenti dell’obiettivo possono essere considerati conversioni; indipendentemente da ciò che speriamo che gli utenti facciano dopo aver interagito con i nostri contenuti, quell’evento può essere monitorato come obiettivo, che possiamo tracciare utilizzando Google Tag Manager e Google Analytics.
- Acquisti
Gli acquisti sono molto più semplici da comprendere: se un utente effettua un acquisto, si è convertito e ora è un cliente.
In Google Analytics possiamo tracciare gli acquisti in cui gli utenti hanno anche visitato il contenuto aggiungendo un nuovo segmento basato su una condizione “Titolo pagina visitata”.
- Entrate
Altra metrica importante è il ritorno sull’investimento (ROI) sui contenuti creati: per calcolarlo, dobbiamo sapere cosa/quanto abbiamo investito nella creazione del contenuto e quante entrate quel contenuto ha generato o ha contribuito a generare.
Possiamo tracciare le entrate provenienti da sessioni in cui la pagina è stata anche visitata utilizzando la stessa segmentazione condizionale utilizzata nella sezione Acquisti di Google Analytics.
Se il nostro ciclo di transazione è un po’ più lungo, potrebbe essere un po’ più difficile da monitorare.
La fase di fidelizzazione e lealtà
Nel marketing “è vero al 100% che è più economico trattenere un utente che guadagnarne uno nuovo”, dice Anderson; quindi, la cosa migliore che possiamo fare come azienda è far sì che le persone tornino.
Monitorare la fedeltà può facilmente mostrarci quanti soldi abbiamo risparmiato mantenendo le persone nel nostro funnel, e questi sono alcuni dei KPI da valutare:
- Utenti di ritorno
Se i nostri contenuti riportano le persone sul sito, significa che stanno aiutando a costruire lealtà.
Più volte una persona visita il nostro sito web per interagire con i contenuti, più è probabile che siamo allo stadio Top of Mind (per usare la terminologia della piramide di Aaker) e che diamo soddisfazione a un suo bisogno.
Gli utenti di ritorno a una pagina specifica sono facili da monitorare in Google Analytics utilizzando la dimensione secondaria “Titolo della pagina”.
- Repeat business
Ripetere gli affari “è anche meglio che ripetere le visite, è l’ultimo voto di lealtà”.
Se il cliente ha già fatto affari con noi e sceglie attivamente di farlo ancora, ha trovato valore nel nostro brand e nella nostra attività.
Per tenere traccia delle attività ripetute “è probabile dover fare affidamento sul nostro sistema di punti vendita o su un sistema di gestione delle relazioni con i clienti”.
L’importanza del monitoraggio e dei dati per il business
Il consiglio conclusivo di Brie E. Anderson – che racchiude il messaggio del suo articolo – è che è fondamentale impostare strumenti di monitoraggio anche per il content marketing, ma soprattutto che “i dati sono utili solo se li usiamo”.
In concreto, ciò che serve è scegliere un obiettivo, decidere quali KPI dei contenuti monitorare e quindi prendere decisioni in base ai dati così raccolti: l’unico modo per muoversi davvero in modo strategico e migliorare il lavoro.